Dieci anni fa la Beatificazione di Madre Teresa di Calcutta: il ricordo del suo biografo,
don Lush Gjergji
Sono trascorsi 10 anni dalla beatificazione di Madre Teresa di Calcutta, celebrata
in Piazza San Pietro da Papa Giovanni Paolo II. Il processo che aveva portato al riconoscimento
delle virtù eroiche e dei miracoli si era aperto a meno di due anni dalla sua morte
proprio a causa della diffusa fama di santità. Madre Teresa era nata il 26 agosto
1910 a Skopje, da genitori albanesi, ma visse la maggior parte della sua esistenza
in India prendendosi cura dei più piccoli tra i poveri in risposta alla chiamata di
Gesù: “Vieni, sii la mia luce”. Fondò la Congregazione delle Missionarie della Carità
e più tardi dei Fratelli Missionari della Carità. Morì a Calcutta il 5 settembre 1997.
Adriana Masotti ha chiesto a don Lush Gjergji, suo biografo e vicario
generale della Chiesa del Kosovo, un ricordo personale della Beata:
R. – Io l’ho
accompagnata in diverse parti del mondo, soprattutto a ritirare il Premio Nobel per
la pace, ad Oslo il 10 dicembre 1979: faceva -35° e lei, scalza, con quei vestitini
che portava, era venuta a nome dei poveri, a nome di Cristo. Dopo il Premio Nobel,
Madre Teresa si voleva ritirare dalla vita pubblica: tornando da Oslo aveva espresso
questo desiderio anche al Papa, e Giovanni Paolo II ha detto: “In nessun modo, perché
lei rappresenta il meglio, il cristianesimo e la Chiesa cattolica”. Per cui, davvero
Madre Teresa è il quinto Vangelo vissuto: perché dei quattro Vangeli, purtroppo, tanti
tra cristiani e non cristiani non sanno neanche chi fossero gli evangelisti; invece,
il quinto Vangelo è conosciuto, accettato e ammirato da tutti ed è quello di Madre
Teresa, l’amore in azione.
D. – L’amore in particolare per i poveri: è qualcosa
che tutta la Chiesa sente, in modo speciale anche dopo l’elezione di Papa Francesco.
C’è una consonanza tra loro…
R. – A me Papa Francesco sembra l’anima gemella
di Madre Teresa, perché ha fatto la stessa scelta: cercare di mettere la Chiesa al
servizio di Dio e al servizio dei poveri, dei sofferenti … Quindi, nella figura di
Papa Francesco vedo un’indicazione precisa, evangelica e vedo il proseguimento della
vita e delle opere di Madre Teresa, che ha oltrepassato ogni confine etico, religioso,
culturale. Anche tra le caste in India, lei ha testimoniato che solo l’amore salverà
il mondo. E amore vuol dire Dio.
D. – Un servizio che, appunto, aveva radici
in un rapporto profondo con Dio, vissuto anche nella preghiera, nell’adorazione …
R.
– Madre Teresa ha operato una sintesi meravigliosa tra azione e contemplazione. Madre
Teresa non separava mai Dio dall’uomo né l’uomo da Dio: ricordo quando, a Calcutta,
dopo diverse ore di adorazione mi prese per mano e mi disse: “Adesso andiamo a trovare
Gesù nei poveri, nei lebbrosi, nei sofferenti”. E dopo aver fatto questa visita, mi
fece una domanda straordinaria: “Ti piace il Gesù del nostro quartiere?”. Infatti,
ogni persona che lei incontrava era lo stesso Gesù che aveva amato, adorato e accolto
tramite l’Eucaristia e la Messa.
D. – Dopo la morte di Madre Teresa, sono venuti
maggiormente alla luce i momenti difficili che lei ha vissuto, anche di aridità spirituale
…
R. – Sì, io conoscevo in buona parte questo dramma, ma non ero autorizzato
a parlarne. Ma proprio tramite questo silenzio di Dio o tramite l’oscurità, Madre
Teresa ha dimostrato tutto l’amore e soprattutto la perseveranza. Gesù che le era
apparso in triplice visione e l’aveva chiamata: “Vieni e sii la luce mia e il mio
amore tra i più poveri tra i poveri”, era come scomparso dalla sua vita. Ma anche
se non trovava più questa consolazione, lei ha saputo abbracciare e amare Gesù e dimostrare
che l’amore è capace anche di soffrire in silenzio. E lei diceva a Gesù: “So che mi
vuoi bene, ma perché non Ti manifesti più?”. E diceva anche: “Sono pronta ad andare
anche all’ inferno, pur di dimostrare l’appartenenza e l’amore che ho per Te …”.
D.
– Don Lush, adesso, ci si aspetta la canonizzazione di Madre Teresa …
R. –
Noi stiamo costruendo il Santuario e la cattedrale dedicata alla Beata Madre Teresa
nella capitale, a Pristina. E speriamo di poter presto gioire pienamente e di poterla
chiamare come l’ho chiamata io: “Santa dell’amore, Madre Teresa”.