Giornata europea contro la tratta di esseri umani. La drammatica realtà del Messico
Si celebra oggi l’ottava Giornata europea contro la Tratta di esseri umani. In questa
occasione, "Soleterre onlus" pubblica un Rapporto sulla tratta dei migranti in Messico,
per sensibilizzare l’Italia sulle continue violazioni dei loro diritti umani. Soleterre
denuncia soprattutto la grave situazione dei minori: si parla di 20 mila bambini vittime
di tratta ogni anno. In Messico, è la denuncia, i piccoli migranti sono ad alto rischio.
Francesca Sabatinelli ha intervistato Valentina Valfrè, coordinatrice
del Rapporto:
R. – Sono sempre
più le bambine che finiscono nel circolo della tratta e del traffico, ma in particolare
dello sfruttamento sessuale, e non solo. [Vengono rapiti] anche per poter chiedere
un riscatto alle loro famiglie, usano poi i bambini anche per attirare altri migranti.
Vengono rapiti, chiusi in quelle che chiamano “case di sicurezza”, costretti a dare
il numero di telefono delle famiglie affinché le famiglie paghino il riscatto e solo
allora – forse – li lasciano andare.
D. – Che tipo di violenze subiscono questi
bimbi?
R. – Guarda, di tutti i tipi. Come gli adulti, ma in più vengono usato
come schiavi sessuali, quindi fatti lavorare – soprattutto le bambine – nei bordelli…
C’è un altissimo tasso di lavoro minorile in Messico, e quindi vengono impiegati anche
nel settore agricolo.
D. – Quanti di questi bambini potranno essere salvati?
R.
– Il problema è che spesso finiscono nelle maglie dell’Istituto della migrazione.
Quindi, vengono fermati, tenuti in questi posti al confine tra uno Stato federale
e l’altro, e nella maggior parte dei casi vengono rimpatriati, anche nel caso in cui
abbiano difficoltà familiari, cioè una situazione molto brutta alle spalle. Quindi,
anche qualora fossero “salvati”, nel senso che vengano salvati dai trafficanti, nella
maggior parte dei casi poi succede che appena tornano a casa, ripartano. Io, per esempio,
ho incontrato nella Casa del migrante di […] questo ragazzino di 16 anni, Manuel.
Era la terza volta – mi raccontava – che passava il confine. E diceva: “Non c’è nessun
problema: tu paghi il trafficante e lui ti porta di qua”. E lui lo dice con una naturalezza
sconvolgente…
D. – Parliamo del confine con gli Stati Uniti?
R. – In
questo caso, no: parliamo del confine tra Guatemala e Messico. In questo momento,
secondo i dati che noi abbiamo, il confine sud è forse il confine più pericoloso.
Molti pensano sempre al confine nord, quindi al famoso muro tra gli Stati Uniti e
il Messico. In realtà, il confine sud in questo momento – forse anche perché è meno
visibile – è quello dove veramente succedono le cose peggiori. Ci dicono le Associazioni
che lavorano con i migranti che praticamente tra tutti i centramericani che cercano
di dirigersi verso il Messico, solamente il 20% arriva: l’80% si perde, il che vuol
dire che o torna indietro, o viene sequestrato o viene ucciso o finisce nella tratta
per sfruttamento sessuale… Quel confine, nella prima parte – quindi ancora prima di
arrivare a Città del Messico – è quello dove in questo momento stanno succedendo le
cose peggiori, dove i bambini sono ancora più vulnerabili. L’obiettivo, tendenzialmente,
è quello di dirigersi verso gli Stati Uniti. Il problema è che la maggior parte di
loro non arriva nemmeno all’altezza di Città del Messico…
D. – Queste bande
che si occupano della tratta e che sono così prive di scrupoli nei confronti di bambini
e bambine, chi sono?
R. – E’ il crimine organizzato: sono gli stessi gruppi
che gestiscono il traffico di droga e il traffico di armi. Quindi, parliamo in primo
luogo dei Los Zetas o del cartello di Sinaloa. Quello dei migranti è un traffico che
genera un flusso di denaro e di liquidità altissimo ed è lì che loro hanno trovato
il business, per cui a loro interessa che ci siano delle politiche repressive
e quindi che i migranti centramericani siano clandestini. Questo significa che nel
momento in cui entrano in Messico sono vulnerabili e questo fa comodo prima di tutto
ai gruppi del crimine organizzato.
D. – Che tipo di azione di contrasto c’è?
Le autorità messicane in che modo intervengono? Voi denunciate, nel Rapporto, anche
le violenze commesse nelle stazioni migratorie controllate dalle forze dell’ordine…
R.
– Esattamente, sì. Ma, le forze dell’ordine sono le prime: sono il primo interlocutore
che i migranti trovano nel momento in cui passano la frontiera. Infatti, la frontiera
riescono a passarla grazie al trafficante che, di solito, li ha contattati nel Paese
d’origine. Dopo di che, devono pagare una serie di dazi. I primi a cui pagano questi
dazi sono le autorità di frontiera che li derubano, li minacciano, tolgono loro tutto
quello che hanno. Prima ancora dei gruppi del crimine organizzato, ci sono le autorità:
in Messico c’è un livello di corruzione altissimo.
D. – All’Italia e all’Europa,
in generale, cosa chiedete?
R. – Che i governi si parlino e cerchino di pensare
ad una politica sulla migrazione che sia comune. E’ un problema globale! Per cui,
sicuramente pensare a politiche che in tutti i Paesi possano per lo meno aiutare immediatamente
le categorie più vulnerabili, in primo luogo i minori e le donne. In Messico, ad esempio,
il minore non accompagnato viene rimpatriato come un adulto, cosa che per esempio
in Italia – per fortuna! – non avviene.