"E' da oltre
dieci anni che, in Italia, organizzazioni del mondo ecclesiale e civile si occupano
del fenomeno della tratta e dello sfruttamento di persone, sia a scopo sessuale che
lavorativo. Oggi è tempo di superare il 'gap' informativo e provare a censire tutte
le realtà che si occupano di questo 'ignobile' fenomeno, come lo ha definito Papa
Francesco". Così, Oliviero Forti, responsabile dell'ufficio immigrazione
della Caritas italiana, introduce il "1° Rapporto di ricerca sulla tratta
e il grave sfruttamento", realizzato assiema al Coordinamento nazionale comunità
di accoglienza (Cnca), che viene presentato a Roma venerdì 18 ottobre, Giornata
europea contro la tratta di persone. "Non sempre chi viene sfrutatto è stato prima
vittima di tratta - spiega Forti - ma la situazione finale di chi è stato oggetto
di traffico di essere umani e di chi subisce, per esempio, lo sfruttamento in ambito
lavorativo - agricoltura, edilizia, cura delle persone - è la stessa. Sono persone
vittime di vessazioni, anche cruente, e violazioni dei diritti umani. Ed è un fenomeno
che colpisce l'Italia dal Nord al Sud". "Come comunità di accoglienza lavoriamo
con le forze dell'ordine e gli enti locali - spiega Tiziana Bianchini del
Cnca - non solo per accogliere le vittime, ma anche per raccogliere dati
e informazioni che anticipino nuove tendenze e modelli di intervento e possano sensibilizzare
la cittadinanza. Compreso chi - in maniera più o meno consapevole - ricava benefici
dalle persone che sono vittima di sfruttamento lavorativo". "Dal punto di vista
dello sfruttamento sessuale, negli ultimi anni, si è assistito ad esempio a una grande
diversificazione. E' aumentata la quantità delle persone costrette a prostituirsi
'in door', all'interno di locali, sale per massaggi e appartenenti. Sono, dal nostro
punto di vista, le persone più vulnerabili perché più difficili da contattare". "In
ambito lavorativo aumentano invece - spiega la responsabile prostituzione e tratta
del Cnca - i casi di gravissimi sfruttamenti delle persone, fino alla riduzione in
schiavitù, in settori merceologici e produttivi molto differenti. E dunque non solo
nell'agricoltura, nella pastorizia e nel lavoro domestico, ma anche nei trasporti.
C'è dunque un incremento. non solo quantitativo ma anche qualitativo, di questo fenomeno
in molti ambiti produttivi". (A cura di Fabio Colagrande)