2013-10-17 15:53:02

Mondiali, Bosnia ed Erzegovina. Mons. Sudar: bene, ma attenzione a facili entusiasmi


“Una notizia che difficilmente cambierà la complessa situazione del Paese”. Così mons. Pero Sudar, ausiliare e vicario generale dell’arcidiocesi di Sarajevo, commentando l’ottimismo riportato da molte testate giornalistiche per la prima qualificazione della Bosnia ed Erzegovina ai Mondiali di calcio che si svolgeranno del prossimo anno, in Brasile. Per mons. Sudar, nel Paese, dilaniato dalla guerra degli anni Novanta, e dove è in corso un articolato processo di integrazione tra serbi, bosniaci e croati, è necessaria l’attenzione della comunità internazionale e rinegoziare gli Accordi di Dayton, che misero fine alla guerra civile jugoslava. Massimiliano Menichetti ha intervistato lo stesso mons. Pero Sudar:RealAudioMP3

R. – E’ una cosa che sicuramente alla gente dà sollievo, però - nello stesso momento - molti sono coscienti che questa classificazione ai mondiali è un fatto che non inciderà troppo, purtroppo, su quella che è la nostra situazione sia economica, sia politica. E poi anche il calcio a volte ci divide, perché purtroppo la nostra nazionale non del tutto è una rappresentanza delle componenti della Bosnia ed Erzegovina.

D. – Chi non è rappresentato?

R. – Mi riferisco a due popoli costituitivi, cioè a quello croato e quello serbo. Purtroppo é cosi! Sicuramente lo sport, i mondiali sono un’occasione per festeggiare e vedere qualcosa di positivo, però, questa qualificazione non è stata festeggiata in tutte le parti della Bosnia ed Erzegovina: molti dicono: “Calma!, perché non cambierà la situazione di questo Paese”.

D. – Un Paese dilaniato dai conflitti degli anni ’90. Qual è la situazione oggi?

R. - Quasi di rassegnazione, perché purtroppo la situazione politica non cambia in meglio. L’Accordo di Dayton è difficilmente realizzabile in questo Paese. Non c’è lavoro, non c’è avvicinamento a questo processo di integrazione nella Comunità Europea e la gente dispera. La gente vede come unica speranza l’andare via. Questa è la contraddizione presente nell’euforia innescata dalla qualificazione della nostra nazionale.

D. – Che cosa servirebbe?

R. – La volontà di dire che Dayton è una realtà che impedisce la vera pace, la collaborazione tra i popoli. Bisogna rivedere quest’accordo e creare uno Stato che possa funzionare e dare speranza a tutti. Ogni volta, quando si parla di Dayton, c’è però qualcuno che dice: “Dayton non si tocca!”. Ma mentre si continua a non toccare Dayton, la Bosnia ed Erzegovina non ha la possibilità di uscire da questo circolo vizioso.

D. – I cattolici sono diminuiti del 50% rispetto alla guerra…

R. – Purtroppo sì. E poi non è solo questo il fatto negativo. Quello che è ancor più negativo è che coloro che sono rimasti non hanno speranza. Sono rimasti maggiormente gli anziani, mentre i giovani cercano di andar via in tutti i modi.

D. – Voi siete impegnati nel dialogo cristiano-musulmano. C’è chi dice, però, che cresce il fondamentalismo. E’ così?

R. – Qui cresce l’estremismo dei poveri, prima di tutto, di quelli che sono privi della speranza di vita. E quella è la cornice in cui crescono poi tutte le tensioni e tutti i fondamentalismi. Non sono d’accordo che qui ci sia un unico problema, che è quello del fondamentalismo islamico: non è vero.







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