Le famiglie dell’AiBi pronte ad accogliere i piccoli migranti di Lampedusa
Sono già oltre un centinaio le famiglie pronte ad accogliere i minori sopravvissuti
ai naufragi di Lampedusa. Ad annunciarlo è l’Associazione "AiBi-Amici dei bambini"
che, grazie alla campagna “Bambini in alto mare”, viene in soccorso dei minori stranieri
non accompagnati e delle mamme sole. In queste ore, si stanno censendo e verificando
tutte le richieste di famiglie candidatesi all’ospitalità. “Perché – spiegano gli
operatori di AiBi – è il calore di una famiglia che può permettere a un bambino di
lenire le ferite e i traumi e tornare di nuovo alla vita”. Le parole di Marco Griffini,
presidente della ong, al microfono di Giada Aquilino:
R. – L’obiettivo
è molto semplice: tentare di dare una risposta all’appello che anche il Papa ha rivolto
recentemente a non rimanere a guardare le tragedie che stanno capitando in questi
giorni, ma a dare una risposta.
D. – Come si sta muovendo quindi l’associazione?
R.
– Come ong, come movimento di famiglie adottive e affidatarie, abbiamo sempre cercato
di dare risposte a qualsiasi emergenza che si è verificata: da Haiti allo Sri Lanka,
dalla Bosnia all’Albania. Ci sembrava, quindi, automatico dare una risposta anche
ad una tragedia che sta capitando fra l’altro in Italia. Abbiamo preso quello che
è il "dna" dei nostri movimenti, l’accoglienza familiare, e abbiamo deciso di fare
un appello alle famiglie italiane per dare un’accoglienza dignitosa alle due categorie
più deboli dell’emergenza profughi, cioè i bambini non accompagnati e le mamme con
minori. Siamo partiti e ora siamo a Lampedusa. Stiamo raccogliendo disponibilità da
tutta Italia. In pochissimi giorni, abbiamo superato di slancio le 120 famiglie –
ma stanno continuamente aumentando – che si sono dichiarate disponibili ad accogliere
questi minori e queste donne. C’è però un problema grave: rispetto alle altre emergenze,
non c’è un tavolo di regia attorno al quale le varie istituzioni, le varie ong, i
vari movimenti si possano sedere per risolvere i problemi di natura burocratica, di
natura giuridica, per sveltire al massimo i procedimenti. Ci è per esempio dispiaciuto
sapere che sei bambini che purtroppo hanno perso i genitori nella tragedia del 3 ottobre
– bambini piccoli da 0 a tre anni – sono stati inseriti in una comunità educativa,
quando già tante famiglie si sono dette pronte ad ospitarli.
D. – Qual è la
situazione a Lampedusa in queste ore?
R. – Purtroppo, gli sbarchi continuano
ad avvenire. Fra questi profughi, tantissimi sono i minori non accompagnati. E sta
sorgendo un grave sospetto. Questo progetto che abbiamo lanciato, “Bambini in alto
mare” è infatti a largo spettro e si rivolge alla prevenzione e opera nei Paesi di
origine, quindi nei campi profughi della Somalia, dell’Eritrea e della Siria, dove
stiamo tentando di entrare con i nostri volontari per capire le situazioni locali.
Il sospetto che abbiamo è che molti di questi minori non accompagnati, che vengono
sulle coste italiane, siano di fatto già stati abbandonati nei loro Paesi di origine
e siano entrati in contatto con esponenti della criminalità organizzata, i quali pagano
loro il viaggio clandestino e li portano in Europa per poi inserirli nelle reti organizzative
della criminalità. Il minore abbandonato chiaramente è quello più esposto, è quello
più debole. Ecco allora che, intervenendo localmente, si potrebbe fare un monitoraggio
e, laddove si incontrassero minori abbandonati, questi potrebbero essere assolutamente
affidati a famiglie italiane ed europee.