I Giuristi per la Vita chiedono un avvocato per gli embrioni minacciati di morte
Embrione: soggetto di diritto o grumo di cellule? La Corte costituzionale è chiamata
in questi giorni a esprimersi sulla costituzionalità del diritto del concepito tutelato
dalla Legge 40. A sollevare la questione è stato il caso di una coppia di Firenze,
che ricorsa a fecondazione artificiale ha chiesto la revoca del consenso all’impianto
di nove embrioni e l’utilizzo di questi per attività scientifica o di ricerca. Il
servizio è di Paolo Ondarza:
Un banco di
prova per l’applicazione della Legge 40. Questo rappresenta secondo l’associazione
Giuristi per la Vita il parere che la Corte costituzionale, sollecitata dal Tribunale
di Firenze, dovrà esprimere circa il caso di una coppia che ha chiesto la revoca
del consenso all’impianto di nove embrioni soprannumerari malati o non biopsabili,
creati nell’ambito di un procedimento di fecondazione assistita e l’utilizzo di questi
per attività scientifica o di ricerca. Il presidente di Giuristi per la Vita, Gianfranco
Amato:
R. – Ci troviamo di fronte all’ennesimo tentativo di assalto per
via giudiziaria della Legge 40. In questo caso, si tratta dell’art. 13 – il quale
prevede un divieto assoluto di qualunque tipo di ricerca clinica o sperimentale sull’embrione,
che non risulti finalizzata alla tutela dello stesso embrione; e l’art. 6 – che vieta
la revoca del consenso all’impianto, dopo la fecondazione dell’ovulo.
D. –
Cioè, una volta avviata la fecondazione non si può revocare il consenso all’impianto...
R.
– Certo, certo. Questi sono due capisaldi della Legge 40, che hanno fatto sì che ci
fosse la mobilitazione della campagna referendaria.
D. – Diceva che si tratta
dell’ennesimo assalto, per via giudiziaria, ai divieti posti dalla Legge 40. In questo
caso, però, non si sta parlando in termini ipotetici. Infatti, per la prima volta
gli embrioni sono già tutti vivi e quindi per legge, non importa se malati o no, soggetti
di diritto al pari dei genitori...
R. – Esattamente questo è il punto fondamentale.
E’ la prima volta che si è di fronte a una controversia legale su questa delicata
materia, dopo la produzione degli embrioni e, come si è detto, quando sono già in
vita. In tutte le cause, infatti, precedentemente affrontate, sia la domanda che la
contestazione, sotto vari profili della legittimità costituzionale della Legge 40,
erano state sempre proposte da coppie che non avevano ancora prodotto gli embrioni
o che chiedevano di produrli in numero superiore a quello previsto, oppure che chiedevano
di ricorrere alle tecniche di fecondazione eterologa, anche queste vietate dalla legge.
D.
– Proprio perché la Legge 40 tutela il concepito come un soggetto di diritto, quindi
non un grumo di cellule, voi avete chiesto la nomina di un curatore speciale, che
possa difendere i diritti di questi nove embrioni...
R. – Certo, giacché siamo
di fronte a un evidente conflitto d’interesse fra il genitore e il concepito, perché
la sperimentazione implica la soppressione dell’embrione. E’ chiaro che ci troviamo
di fronte a uno di quei casi di conflitto, che normalmente la legge regola attraverso
la possibilità di nomina di un curatore speciale. Chiediamo che quindi qualcuno rappresenti
l’embrione in questo procedimento, anche per garantire il principio dell’art. 111
della Costituzione, il quale impone che ogni processo si debba svolgere nel contraddittorio
tra le parti. Come ricordavamo, la Legge 40 dispone che i diritti di tutti i soggetti
debbano essere assicurati, a cominciare appunto dal concepito.
D. – A prescindere
dallo stato di salute dell’embrione, nel senso sia esso malato o sano...
R.
– Non c’è dubbio. La Legge 40 non fa distinzione. Davvero allora prevarrebbe la logica
dello scarto e questa sarebbe un’aberrazione.
D. – Qualora la vostra richiesta
non venisse accolta?
R. – Giacché noi non siamo una parte costituita in questo
procedimento, il nostro è un appello, un suggerimento, un sollecito. Presenta quattro
possibilità: la Corte può accogliere l’istanza, quindi nominare un curatore speciale
– e noi lo abbiamo indicato nella persona del prof. Pino Noia – può respingere l’istanza,
e in questo caso motiverebbe il perché, ma potrebbe anche teoricamente non rispondere
o potrebbe anche utilizzare una soluzione un po’ “pilatesca”, attraverso una decisione
di carattere formale, procedurale.