A Ginevra progressi sul programma nucleare iraniano. Usa: "colloqui seri"
Significativo passo avanti mercoledì a Ginevra nel negoziato sul programma nucleare
iraniano tra Teheran e i rappresentanti del gruppo cinque più uno, ovvero i Paesi
del Consiglio di Sicurezza dell'Onu e la Germania. “Mai colloqui con gli iraniani
sono stati tanto diretti, concreti e seri”. Così i commenti da parte americana, mentre
Israele invita alla cautela e alla verifica concreta di quanto Teheran metterà realmente
in pratica. Salvatore Sabatino ne ha parlato con Riccardo Redaelli,
geopolitologo dell’Università Cattolica di Milano:
R. - Dopo
anni di ambiguità, di marce indietro, di cose dette e non dette gli iraniani sembrano
veramente voler raggiungere un accordo. Il presidente Rohani e il primo ministro Zarif,
che conosce benissimo il file nucleare, sembra vogliano chiudere un accordo che rassicuri
l’Occidente. Però è evidente che - come dire - si debbano offrire delle contropartite,
riducendo le sanzioni, e soprattutto non si possa pretendere la chiusura totale del
programma civile nucleare iraniano. Questo verrebbe visto come una grande umiliazione
a Teheran e non sarebbe politicamente possibile per Rohani portare avanti questo discorso
in patria.
D. - Il programma nucleare iraniano era uno dei punti di maggiore
tensione tra Teheran e la comunità internazionale: queste nuove aperture sono un cambiamento
reale, secondo lei, o serve soprattutto a Rohani per allentare le sanzioni internazionali
che, oggettivamente, stavano strozzando l’economia iraniana?
R. - Le sanzioni
iraniane colpiscono duro l’Iran, anche se colpiscono tutta la popolazione più che
il regime, ma al di là delle sanzioni i vincitori delle elezioni - Rohani e questa
nuova corrente di conservatori pragmatici, molto moderati - vogliono riaprirsi all’Occidente,
anche perché l’Iran è una società profondamente più vicina all’Occidente rispetto
a molte delle popolazioni dei vicini arabi. Quello che è importante capire è che sia
in Iran, sia in Occidente vi sono gruppi che tenteranno - come hanno già fatto in
passato, con successo - di sabotare ogni apertura e ogni compromesso. Quindi dobbiamo
aspettarci, da ambo le parti, provocazioni, tensioni. Bisognerà aver i nervi saldi
e non cedere alla retorica.
D. - Su una cosa non ci sono dubbi: Rohani è il
primo presidente cui viene data direttamente la responsabilità del programma nucleare,
in genere di competenza invece dell’Ayatollah. Anche questa può essere considerata
una novità importante?
R. - Sì. Rohani, in realtà, proprio per conto del leader
supremo Khamenei aveva gestito per molti anni - fino al 2005, fino all’avvento di
Ahmadinejad - le trattative nucleari: conosce profondamente l’Occidente, conosce le
trattative sul nucleare e conosce il file nucleare. E’ anche una persona non sempre
in perfetta sintonia con Khamenei, che è molto più conservatore. Ma è un uomo di cui
Khamenei si fida. Al momento è poi anche l’uomo migliore per gestire queste trattative.
Preoccupano alcuni accenni e velate minacce, alcuni marcamenti da parte del Fronte
dei Pasdaran e degli ultraconservatori in Iran.