Libia in balia di islamisti e criminali. Il governo chiede alla Chiesa di lasciare
il Paese
Insicurezza, minacce a chi aiuta i migranti, rapine e violenze, stanno rendendo la
Libia, soprattutto la Cirenaica, una terra senza legge, dove le bande armate islamiste
hanno preso il posto della polizia. Tale situazione è un rischio per l'esistenza della
Chiesa cattolica nel Paese. Invece di prendere provvedimenti il governo preferisce
invitare i religiosi a fuggire. Nei giorni scorsi mons. Vincent Landel, arcivescovo
di Rabat (Marocco) e presidente della Conferenza episcopale dell'Africa settentrionale,
ha denunciato la situazione della Chiesa in Libia dove "le autorità hanno chiesto
alle comunità religiose di lasciare il Paese, a causa del clima di insicurezza". Suore,
medici e infermiere, la maggior parte di nazionalità filippina, lavorano da anni negli
ospedali libici, curando infermi e anziani. Durante la guerra gli ambulatori e gli
ospedali gestiti dai religiosi erano gli unici operativi. Fonti dell'agenzia AsiaNews,
anonime per motivi di sicurezza, sostengono che la Libia è divisa in due: "A Bengasi
la Chiesa riceve continue minacce ed è ormai quasi impossibile lavorare. La situazione
è molto rischiosa". A inizio 2013 diversi Ordini hanno abbandonato i loro conventi,
dopo 40 anni di missione. Ora un'altra ondata potrebbe lasciare la Cirenaica senza
presenza cattolica. Secondo le fonti, la situazione è ormai al limite. L'unica area
dove si può ancora lavorare è Tripoli. "La città è per il momento sicura - affermano
- ciò consente a suore e operatori di carità di aiutare le centinaia di migranti che
ogni giorno giungono in città, in attesa di trovare il denaro per fuggire in Europa.
Tuttavia occorre lavorare con molta prudenza. Anche nella capitale si aggirano bande
armate e non ci si può fidare di nessuno. I migranti si nascondono nei conventi e
in case private, per evitare di essere rapinati o uccisi". (R.P.)