Centrafrica: per operatori umanitari "violenza senza precedenti"
Sta peggiorando di giorno in giorno la sorte di più di 30.000 persone costrette alla
fuga dopo l’ultima ondata di violenza “senza precedenti” nella regione di Bossangoa
(nord-est), teatro di attacchi ed esecuzioni sommarie da parte di gruppi armati e
forze governative. A denunciarlo - riporta l'agenzia Misna - è l’organizzazione non
governativa Medici senza frontiere (Msf), chiedendo alle parti rivali di “rispettare
la sicurezza dei civili e degli operatori umanitari” e auspicando “l’invio di aiuti
urgenti”. Il primo motivo di preoccupazione riguarda l’aumento esponenziale dei casi
di malaria, prima causa di mortalità nel Paese. “La gente si rifugia nella foresta
e vive in condizioni di grande promiscuità. Cucinano, mangiano, dormono e si lavano
tutti nello stesso posto. Le condizioni igienico-sanitarie disastrose aumentano il
rischio di un’epidemia” ha detto Ekkeb Van der Velden, capo missione di Msf in Centrafrica,
sottolineando che “sul terreno non è ancora presente un numero sufficiente di operatori
per rispondere a tutte le necessità”. L’altra emergenza riguarda il cibo. Molti depositi
di cereali, pubblici e privati, sono stati saccheggiati dall’ex coalizione ribelle
Seleka, con il risultato che le riserve alimentari sono quasi inesistenti. Per timore
di essere attaccati, molti contadini non hanno nemmeno seminato e quindi il prossimo
raccolto si attesterà su livelli molto bassi. Secondo l’Ufficio di coordinamento degli
Affari umanitari (Ocha), nel nord-est del Paese almeno 45.000 persone sono a rischio
carestia. Lo scenario è ulteriormente complicato dall’insicurezza diffusa, che rallenta
o impedisce la consegna degli aiuti umanitari, ma anche dal fatto che molte località
sono situate in zone remote del Paese dotate di poche infrastrutture. Alcuni osservatori
locali e esterni hanno, inoltre, anche lanciato l’allarme di fronte al rischio che
la crisi possa degenerare in conflitto interreligioso tra cristiani – la maggioranza
dei cinque milioni di abitanti – e musulmani. A quasi sette mesi dal colpo di stato
della ribellione Seleka, che ha portato al potere Michel Djotodia, il Paese è in preda
al caos alimentato dall’ex coalizione ufficialmente sciolta e da innumerevoli uomini
armati, per lo più stranieri, con rischi di destabilizzazione nell’intera regione
dell’Africa centrale. La scorsa settimana il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha approvato
una risoluzione di pieno sostegno alla missione panafricana che si sta dispiegando
nel Paese (Misca). Non è esclusa la possibilità dell’invio di Caschi blu e la Francia
ha annunciato un prossimo potenziamento del suo contingente a Bangui. (R.P.)