Siria: 27 morti per un’autobomba a Idlib. Liberati 4 dei 7 operatori della Croce Rossa
rapiti domenica
La Siria ieri ha vissuto un’altra giornata di violenza, mentre prosegue il lavoro
dei tecnici Onu per lo smantellamento dell’arsenale chimico in mano al regime. Intanto
è sempre stallo diplomatico sul fronte della Conferenza di Pace “Ginevra 2”. Il servizio
è di Salvatore Sabatino:
Guerra di bombe,
di combattimenti, di morte; ma anche guerra di politica e diplomazia. Quello siriano
continua, insomma, ad essere un conflitto bifronte. Sul terreno scorre il sangue:
ieri 27 i morti in un attentato con un’autobomba al confine con la Turchia, mentre
la violenza non risparmia neppure i luoghi di culto. Distrutto un noto santuario Sufi
nel nord-est del Paese in un attacco riconducibile allo Stato Islamico dell'Iraq e
del Levante, un gruppo estremista legato ad al-Qaeda. Ulteriore conferma che la temuta
radicalizzazione dell’opposizione al regime di Assad è ormai una pericolosa realtà.
Radicalizzazione che spinge la guerra anche sul piano politico, diplomatico; quello
delle forze internazionali al lavoro per far deporre le armi, per portare allo stesso
tavolo le parti coinvolte nel conflitto. Ma quel tavolo al momento resta vuoto. E
chissà per quanto tempo lo sarà ancora. Nessun passo indietro, infatti, da parte del
Consiglio nazionale siriano, il gruppo più importante di opposizione al regime all'interno
della coalizione nazionale, che ha deciso di non partecipare alla Conferenza di pace
"Ginevra "2, minacciando anzi di ritirarsi dalla coalizione se questa deciderà di
aderire alla Conferenza. Una posizione netta, che preoccupa Russia e Stati Uniti.
Il ministro degli Esteri di Mosca, Sergej Lavrov, ha chiesto a Washington di convincere
l'opposizione che lotta contro il regime di Bashar el Assad a partecipare alla Conferenza.
Da parte sua, il segretario di Stato americano, John Kerry, incontrando a Londra l'inviato
di Onu e Lega Araba sulla crisi siriana, Lakhar Brahimi, ha sottolineato che "è urgente
fissare una data" per "Ginevra 2" come primo passo per "lavorare a una nuova Siria".
Nuova Siria che può ripartire anche da piccoli segnali di speranza, come la liberazione
di 4 dei sette operatori di Croce Rossa e Mezzaluna rossa rapiti domenica nella regione
di Idlib.
Su questa ulteriore delicata fase di stallo diplomatico che sta vivendo
la guerra in Siria, Salvatore Sabatino ha intervistato Pietro Batacchi,
direttore della Rivista italiana difesa. Ascoltiamo:
D. – Credo siamo
di fronte all’ennesimo indicatore di ciò che oggi costituisce la cosiddetta “opposizione
siriana”, realtà che ha una struttura sostanzialmente bicefala: c’è una leadership
politica che vive all’estero – per altro in lussuosi alberghi turchi – che rappresenta
sé stessa e il proprio portafoglio. Dall’altra, abbiamo una serie di realtà militari
che ormai – è bene dirlo, lo sappiamo tutti – sono sempre più islamiste, sempre più
infiltrate da soggetti radicali che combattono sul terreno e che realmente sono l'opposizione
a Damasco. Per cui, non credo ci sia nulla di nuovo sul terreno dopo l’accordo tra
Stati Uniti e Russia sulle armi chimiche. Lì, la guerra continua esattamente come
prima. Gli scontri vanno avanti in tutte le principali città siriane. Credo non ci
sia sostanzialmente niente di nuovo e non mi stupisco che si arrivi ad un esito del
genere rispetto alla cosiddetta "Ginevra 2".
R. – Forse, anche per questo la
coalizione, così divisa al suo interno, non riesce poi a conquistare quella che è
la fiducia della comunità internazionale…
D. – La comunità internazionale si
è affidata a questa coalizione nazionale siriana che – ripeto – è un soggetto politico
ma che è completamente disarticolato rispetto a quella che è la realtà militare sul
terreno. Per cui, oggi la comunità internazionale si trova di fronte a una situazione
assolutamente fuori controllo e per la quale non vale neanche la pena parlare di dialogo
o cose del genere…
D. – Tutto questo, ovviamente, fa il gioco di Assad…
R.
– Sì, Assad ha portato a casa un risultato molto importante: quello del mancato attacco
americano. Peraltro, adesso gli Stati Uniti hanno altri problemi a cui pensare, devono
guardare in casa propria dopo la chiusura del governo federale. Per cui, Assad tiene
duro e va avanti: sta “sigillando” movimenti armati e focolai di insorgenza in una
serie di aree ben precise. Quindi, quello che molti temevano qualche tempo fa – ovvero
una balcanizzazione della Siria – è ormai di fatto una realtà sul terreno.
D.
– Al di là di tutto, la Conferenza di pace "Ginevra 2" continua a essere un appuntamento
importantissimo per poter, almeno nelle intenzioni, voltare pagina nella guerra siriana.
Secondo lei, si riuscirà ad organizzarla in qualche modo e quando?
R. – Credo
che per fare una cosa coerente, credibile e seria adesso i tempi sul terreno non siano
maturi. Probabilmente, tra qualche mese, quando la situazione sul terreno sarà un
pò più delineata da un punto di vista militare, si potrà iniziare a parlare di una
Conferenza di pace, salvo la presenza di un interlocutore – l’opposizione siriana,
l’alleanza islamica nata il 23 settembre – che mal si presta ad una conferenza politica
di ampio respiro come sarebbe "Ginevra 2", che le potenze occidentali stanno cercando
di organizzare. Su tutto, però, noi paghiamo una cosa molto semplice: il fatto che
le potenze occidentali stesse non hanno di fatto una strategia in Siria, non ce l’hanno
mai avuta e non credo ce l’avranno neanche nei prossimi mesi.