2013-10-15 14:04:40

Lampedusa. Il parroco lascia l'isola: sentiamo vicino il cuore del Papa


Sul Mediterraneo continua ininterrotta la scia di imbarcazioni cariche di immigrati dirette alla volta delle coste italiane. Anche la scorsa notte, Marina militare e Guardia costiera hanno tratto in salvo circa 300 persone. Nel frattempo, si delinea il bilancio dell’ultimo naufragio, quello di venerdì scorso, che le autorità maltesi quantificano tra le 50 e le 200 vittime. A Lampedusa, intanto, lascia in questi giorni il suo ufficio di parroco don Stefano Nastasi, testimone diretto negli ultimi anni delle vicende che hanno visto l’isola al centro di numerosi drammi di immigrati. Il sacerdote confida ad Antonella Palermo i sentimenti con i quali si appresta a lasciare la sua comunità parrocchiale:RealAudioMP3

R. - Sicuramente, c’è un po’ di amarezza, perché capisco che forse il momento era quello meno idoneo, ma così come mi è stato chiesto anni fa di venire a servire questa comunità, ora mi è stato richiesto di servire un’altra comunità. È con la stessa prontezza che ora come oggi, e oggi come allora, ho dato la disponibilità al vescovo nella collaborazione.

D. - Come si è congedato con i lampedusani?

R. - Ho detto loro che, più che portarli nel mio cuore, lascio loro un pezzo di cuore, perché so quanto valore e quanto peso abbia la solitudine e - per certi versi - anche l’isolamento della quotidianità dell’isola. Ci sono due parole cardine che un po’ mi accompagnano in questo momento della partenza: compassione e indignazione, nello stesso tempo. La compassione che traggo da immagini, da gesti che insieme alla comunità abbiamo vissuto in questi anni, il soffrire, il compatire del Vangelo, lo stare accanto all’altro. Se c’è una cosa che ci ha lasciato, che ci ha insegnato tutta questa esperienza insieme, è il fatto che abbiamo potuto guardare meglio le fragilità interne della comunità accogliendo e accompagnando le fragilità del migrato o dei migranti. C’è, al tempo stesso, tanta indignazione nel fatto che molte realtà di profondo dolore, come quelle che abbiamo visto nei giorni passati, siamo convinti che non sarebbero dovute accadere. Tante parole, tante promesse, tante visite sono state fatte qui sull’isola, però in realtà è cambiato poco o nulla non solo in merito alla questione immigrazione, ma anche nella vita quotidiana dell’isola. Se invece andiamo per ordine, dando risposte a problemi singoli, allora forse si, quello può essere il momento della svolta. È un’occasione particolare, quella di questi giorni, che un po’ si mischia con il grande dolore. Mi auguro che per l’isola sia così.

D. - Ha avuto modo di incontrare l’elemosiniere di Papa Francesco che è stato inviato proprio dal Santo Padre sull’isola per esprimere la solidarietà del Pontefice e della Chiesa intera. Ci può riferire brevemente di questo incontro?

R. - Sì, questo per noi è stato come un balsamo di consolazione, perché ci è stato accanto, ha osservato, ha pregato con noi, ha accompagnato i sommozzatori nel momento e nelle ore di recupero delle salme nel mare. È stata una testimonianza molto bella. La prima sera, durante la celebrazione con la comunità, ci disse: “Il desiderio del Papa è che le sue braccia siano prolungate dalla mia presenza”. E quando è ripartito gli ho detto: “Dica al Papa che non abbiamo sentito soltanto le sue mani, le sue braccia. Abbiamo sentito il suo cuore accanto al nostro.” E credo che questo, in questi momenti di atroce sofferenza sia fondamentale per riprendere il cammino.







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