Unione Africana: chiesta l'immunità al Cpi per i capi di Stato in carica
Una richiesta di immunità per i Capi di Stato e di governo in carica, ma non la rottura
auspicata dal presidente keniano Uhuru Kenyatta: quotidiani e portali di informazione
sub-sahariani riassumono in questi termini l’esito di un vertice dell’Unione Africana
dedicato ai rapporti con la Corte penale internazionale (Cpi). “Durante il summit
di Addis Abeba – sottolinea AllAfrica – è stato chiesto che i capi di Stato e di governo
in carica non siano processati e che i casi di Kenyatta e del suo vice William Ruto
siano rinviati”. Nella capitale etiopica, però, non è stato raggiunto il quorum dei
due terzi necessario perché l’Unione Africana nel suo complesso denunciasse il trattato
istitutivo del tribunale con sede all’Aja. “Non c’è stato in alcun segno – evidenzia
AllAfrica – di quel ritiro africano in massa nel quale Kenyatta sperava”. Sul piano
formale, le decisioni assunte tra venerdì e sabato sono state due. Da un lato, una
risoluzione nella quale si chiede di sospendere i procedimenti nei confronti dei presidenti
in carica, non solo Kenyatta ma anche il suo omologo sudanese Omar Hassan Al Bashir.
Da un altro, l’invito al governo di Nairobi di chiedere al Consiglio di sicurezza
dell’Onu il rinvio del processo a Kenyatta, in programma già il mese prossimo. Nel
corso del vertice a rilasciare dichiarazioni sono stati diversi capi di Stato e di
governo. Hailemariam Desalegn, primo ministro dell’Etiopia e presidente di turno dell’Unione
Africana, è tornato ad accusare la Cpi di prendere di mira solo i dirigenti del continente.
Una posizione espressa anche da Kenyatta, che ha addirittura parlato di “razzismo”
e definito il tribunale dell’Aja “un giocattolo nelle mani di potenze imperiali in
declino”. Secondo il presidente sudafricano Jacob Zuma, il continente non vuole l’impunità
per i suoi dirigenti ma che si aspetti la fine del loro mandato per l’avvio dei processi.
Critiche nei confronti della posizione emersa ad Addis Abeba sono state invece espresse
da organizzazioni non governative, intellettuali, attivisti per i diritti umani. “Ad
Addis Abeba è passato il messaggio sbagliato – ha detto Tawanda Hondora, di Amnesty
International – e cioè che i politici del continente mettono i loro interessi al di
sopra di quelli delle vittime di crimini di guerra, di crimini contro l’umanità e
di genocidio”. (R.P.)