Casa Peter Pan per i piccoli malati oncologici non chiuderà: accordo con la Regione
Lazio
Si è conclusa felicemente la settimana scorsa con la firma di un’intesa con la Regione
Lazio, la vicenda della Casa di "Peter Pan", la struttura che a Roma ospita i bambini
malati di cancro e le loro famiglie per tutto il periodo delle cure. Alla scadenza
del contratto, la società proprietaria dell’immobile, che fa capo alla Regione, aveva
chiesto l’adeguamento dell’affitto a un prezzo di mercato: una cifra impossibile da
pagare per un’associazione che non riceve aiuti pubblici. Al microfono di Roberta
Barbi, il presidente onorario di Peter Pan, Maria Teresa Barracano Fasanelli,
ripercorre le ultime tappe di questa vicenda:
R. – Abbiamo
avuto questa intimazione di sfratto a febbraio e naturalmente c’è stata una sollevazione
popolare e l’eco di questa sollevazione popolare è arrivata anche all’orecchio del
presidente della Regione Lazio, Zingaretti. Siamo arrivati finalmente a un accordo,
anche se questo accordo è limitato a cinque anni.
D. – La vostra missione
è l’accoglienza e la deospedalizzazione dei bambini malati di cancro: cosa significa
esattamente?
R. – Significa che i nostri bambini, se non ci fosse la Casa di
"Peter Pan", sarebbero in una corsia per tutto il tempo delle terapie; che i loro
genitori dovrebbero pagarsi il soggiorno in una città cara come Roma: cosa impossibile
visto che le cure durano da un minimo di sei mesi in poi; e che i fratellini che noi
accogliamo - perché vogliamo che la famiglia rimanga unita in questa circostanza -
sarebbero stati affidati a dei bravi nonni, ma avrebbero sofferto doppiamente. A questa
famiglia un po’ disastrata "Peter Pan" offre la possibilità di vivere il periodo delle
cure come se fosse a casa loro. Il bambino rimane un bambino "a tutti gli effetti",
non un piccolo paziente, ma un bambino che ha un problema.
D. – Se una struttura
è al sicuro per cinque anni, sulle altre due che l’associazione ha messo in piedi
continua a gravare il caro affitti, oltre alle spese di gestione corrente che sono
a carico vostro. Quali sono le prospettive per il futuro?
R. – Le prospettive
per il futuro? Non ce ne sono! C’è da rimboccarsi le maniche e lavorare sodo sempre
per permettere all’associazione di funzionare, grazie alla generosità degli italiani
che è molto, molto grande. Il nostro sgomento è che, pur avendo inaugurato una nuova
struttura che porta a 33 unità abitative la nostra accoglienza, ogni giorno dobbiamo
rifiutare qualche famiglia perché non bastano, anche per il fatto che quelle famiglie
che fino a ieri forse potevano permettersi di soggiornare a Roma per un lungo periodo,
pagandosi un affitto, anche quelle soffrono della crisi e quindi si rivolgono a Peter
Pan, mentre in passato erano un tipo di famiglie che risolveva per conto proprio il
problema.
D. – Nel concedervi il comodato d’uso gratuito la Regione ha definito
la Casa di "Peter Pan" un esempio “d’integrazione sociosanitaria” e “protagonista
di un nuovo modello di sanità”. Un riconoscimento che, in qualche modo, avevate già
avuto nel 2004, ricevendo la Medaglia d’oro al merito della sanità pubblica…
R.
– L’essere vincente del il nostro modello è che permette allo Stato di risparmiare
un sacco di soldi, perché è evidente che un bambino ospedalizzato costa di più di
un bambino trattato in day hospital. E poi c’è tutto il benessere di una famiglia
che vive e ritrova nelle nostre case quella normalità che la diagnosi infrange.