La Commissione Giustizia
del Senato affronta l'esame dei disegni di legge su amnistia e indulto. Per Lucia
Castellano, consigliere e vicepresidente della Commissione carceri della Regione
Lombardia, per risolvere il dramma del sovraffollamento delle carceri italiane
serve "un cambio di passo culturale". "Servono carceri al servizio dei detenuti.
Dobbiamo lasciare loro tutta la libertà possibile, compatibile con il muro di cinta".
"Per questo dobbiamo mettere in atto sperimentazioni: un lavoro di organizzazione
degli istituti di pena all'attenzione del Ministero della Giustizia. Dal carcere
di Bollate, l'esperienza di una nuova organizzazione detentiva. "Si aprono le stanze
di detenzione già al mattino. Poi lavoro, studio, sport, attività religiosa. Le giornate
dei detenuti imitando quelle degli uomini liberi". "Serve però esportare questo modello
nelle carceri italiane. Nella giornata, i detenuti lavorano dentro o fuori dal carcere.
Fanno attività culturali, palestra, ci sono chiese e moschee per ogni reparto. Proseguono
i rapporti affettivi con la famiglia". "C'è infine, afferma Castellano, già direttore
del carcere di Bollate, l'aspetto economico: cooperative di detenuti cucinano per
il carcere, e su ordinazione, per l'esterno". "E' evidente che indulto e amnistia
non bastano a risolvere il problema. Serve un cambio di passo culturale nell'organizzare
la vita carceraria". Nadia Cersosimo, direttore del carcere di Paliano, a Frosinone,
conferma l'esperienza di un carcere aperto. "I detenuti sono messi nella condizione
di lavorare, studiare. Si applica un programma detentivo utile per agevolare il reiserimento
nella vita sociale". "Tra la gente comune ci sono però resistenze per questa svolta
culturale, nell'applicazione della pena. In Italia, tra la gente comune, il carcere
è ancora percepito come unico strumento per avere giustizia". (a cura di Luca Collodi
e Davide Dionisi)