Lampedusa, Barroso: 30 milioni di euro per gestire l'emergenza immigrazione
Lampedusa è una tragedia europea, si muova l’Ue. Parole autorevoli quelle del presidente
italiano Giorgio Napolitano, pronunciate nel giorno in cui il numero dei corpi ripescati
è salito a 302. Sull’isola sono arrivate le più alte cariche italiane - il premier,
Enrico Letta, e il ministro dell’Interno, Angelino Alfano - ed europee: il presidente
della Commissione europea, Manuel Barroso, e la commissaria Ue agli Affari interni,
Cecilia Malmstroem. L’indicazione del presidente Giorgio Napolitano va quindi a loro:
si metta in atto uno sforzo comune europeo. Il servizio di Francesca Sabatinelli:
L’Italia e l’Europa
piangono i morti del Mediterraneo e lo fanno sulle salme delle vittime dell’ultima,
enorme, tragedia. Letta e Barroso a Lampedusa sono andati prima nel cosiddetto Hangar
della morte dove sono allineate le centinaia di bare, poi nel centro di accoglienza,
l’altra faccia della tragedia, quella dei sopravvissuti, ora vessati dalle inumane
condizioni di vita della struttura. Una visita, quella al centro, non prevista dal
programma ufficiale, ma richiesta a gran voce soprattutto dai lampedusani che hanno
fortemente contestato gli ospiti al loro arrivo. Letta e Barroso, a turno, hanno
chiesto scusa, il premier per l’inadempienza dell’Italia davanti a questi drammi,
Barroso, seppur indirettamente, per aver lasciato sola l’Italia. Dicendosi scioccato
alla vista di tante bare, Barroso ha detto che il problema è di tutta l’Europa, che
non può girarsi dall’altra parte. L’Ue, ha aggiunto, sta con la gente di Lampedusa
e per questo Barroso ha anche promesso ulteriori 30 milioni di euro d’aiuto all’Italia
per far fronte all’emergenza. Per le vittime ci saranno funerali di Stato, ha annunciato
Letta, che ha previsto interventi per Lampedusa nella legge di stabilità, di rivedere
la contestata Bossi-Fini e di portare il tema dell’immigrazione al prossimo consiglio
europeo, il 24 e 25 ottobre. Tutto questo non è degno dell’Europa sono state le parole
della Malmstroem, che ha indicato la creazione di una task force che pattuglierà
il Mediterraneo da Cipro alla Spagna, una misura che si vorrebbe atta a salvare più
vite umane possibile.
Un presidio stabile a Lampedusa, che possa essere punto
di riferimento per le realtà interessate nell’accoglienza ai migranti. E’ nelle intenzioni
di Caritas italiana, una cui delegazione ha preso parte ad una riunione sull’isola
assieme alle Caritas diocesane della Sicilia. Tra i presenti Oliviero Forti,
responsabile dell’ufficio immigrazione di Caritas italiana. Francesca Sabatinelli
lo ha intervistato:
R. – Questa
volta, di fronte a un’immane tragedia che abbiamo vissuto, abbiamo deciso con forza
di intervenire su alcuni fronti, che per noi sono fondamentali, almeno come Chiesa.
Il primo è quello di garantire nell’immediato una presenza stabile sull’isola, anche
fisica. Questo significa avere un locale della Caritas con degli operatori, avvalendoci
anche del tanto volontariato. Un presidio permanente, dunque. Poi, siamo in procinto
anche, assieme a Save the Children, di aprire un centro per i bambini, attualmente
ospitati all’interno del Centro di accoglienza. Sappiamo che la situazione lì è già
difficile per gli adulti, immaginate per i bambini cosa significhi dover condividere
piccoli spazi con altre 900 persone. Ci stiamo attivando quindi in tale senso. Noi
vorremmo, nell’immediato, iniziare con questo, anche dopo aver dato disponibilità
al governo – e questo è il terzo punto – i posti in accoglienza. Se il centro è saturo,
perché è saturo, si sappia, com’è avvenuto nel passato, che la rete Caritas può mettere
a disposizione non solo posti letto e cibo, ma anche competenze specifiche.
D.
– Lei, Forti, che cosa ha visto nelle poche ore che è riuscito a restare a Lampedusa.
Ha incontrato i profughi, come delegazione siete andati nel centro di accoglienza?
R.
– C’è un’immagine: quella dell’atterraggio sull’isola. Sono diversi anni che ho l’occasione
di recarmi a Lampedusa, ma questa è stata una esperienza diversa dalle altre, perché
atterrare e come prima immagine vedere carri funebri parcheggiati all’esterno dell’aeroporto,
adiacenti all’hangar, è certamente una scena che probabilmente rimarrà. Così come
rimarrà l’immagine, che tutti abbiamo visto in tutto il mondo, di questo tappeto di
bare all’interno dell’hangar. Personalmente, forse, la cosa che mi ha fatto più male
è, in un sentimento misto tra dolore e rabbia, la condizione in cui i sopravvissuti
sono costretti a vivere all’interno del Centro di accoglienza. Persone che hanno vissuto
quello che tutti potete immaginare, si sono poi visti riconoscere esclusivamente un’accoglienza
fatta in alcuni casi di materassi di gommapiuma, buttati all’esterno sotto la pioggia.
Credo che questo, in qualche modo, possa sintetizzare l’immagine di un’isola che è
certamente un’isola accogliente, se penso alla popolazione, ma è poco accogliente
se penso a quello che le istituzioni stanno riservando a queste persone. Anche per
questo motivo, in maniera provocatoria, abbiamo proposto che le persone, soprattutto
donne e bambini, potessero essere, anche a spese nostre, ospitate negli alberghi dell’isola.
D.
– Oggi, sono arrivati sull’isola il premier Letta e le massime cariche europee. Letta
ha chiesto scusa per le inadempienze italiane...
R. – Io ho apprezzato le scuse
di Letta, perché in qualche modo formalizzano una situazione che a dir poco è fuori
controllo. L’Italia, prima di richiamare l’Europa alle proprie responsabilità, deve
farsi un esame di coscienza. E’ vero che noi viviamo un’esperienza, un fenomeno, che
ha un carattere eminentemente globale, transnazionale, ed è quindi necessario che
tutti si sentano responsabili. Viene però veramente difficile pensare che si possa
accusare qualcun altro quando noi come Paese non siamo in grado di garantire ad alcune
centinaia di profughi arrivati sul nostro territorio un’accoglienza degna di questo
nome.
D. – Letta ha avanzato delle promesse, una tra tutte il cambiamento della
Bossi-Fini. Voi da sempre siete contrari a questa legge...
R. – Se questa deve
essere l’occasione per riaprire la questione collegata alla modifica della Bossi-Fini,
non possiamo dire che Caritas italiana sia contraria. Mi permetto solo di sottolineare
come bisogna sempre saper leggere tra le righe la questione dei morti in mare che
abbiamo vissuto: se dovessimo imputare queste morti alla Bossi-Fini saremmo scorretti,
tecnicamente parlando. E’ evidente, però, che se deve essere questa l’occasione per
portare ulteriormente all’attenzione l’inadeguatezza di un sistema, quello italiano,
da un punto di vista normativo, sia per quanto riguarda i migranti economici sia per
quanto riguarda i potenziali protetti internazionali, allora dico: bene, ridiscutiamone,
perché c’è bisogno di adeguarsi. E mi sembra che anche oggi ci sia stato un impegno
rispetto al tema dell’asilo, affinché l’Italia si adegui velocemente anche al recepimento
di alcune direttive che, diversamente, ci farebbero rimanere eccessivamente indietro.