Lampedusa, recuperati 288 corpi. Il sindaco Nicolini: a Barroso chiederò revisione
diritto d'asilo
A Lampedusa, continuano ormai da quasi una settimana le due azioni distinte e parallele
seguite al tragico naufragio di giovedì scorso: l’aiuto ai superstiti e il recupero
delle vittime. I sommozzatori hanno recuperato, ieri pomeriggio, altri 14 cadaveri
dal relitto del barcone naufragato davanti alle coste dell'isola. I cadaveri finora
recuperati sono saliti a 288, ma la triste operazione andrà ancora avanti. Uno dei
tanti eritrei tratti in salvo ha detto ieri che il numero delle persone imbarcate
sul peschereccio affondato era di 545. Sull’isola, intanto, è attesa per oggi la visita
del presidente della Commissione europea, Barroso, e del premier italiano, Enrico
Letta. Anche le Caritas della Sicilia sono riunite in questi giorni sull’isola con
40 rappresentanti, dal cui primo incontro sono scaturite tre proposte concrete: la
disponibilità ad accogliere fino a 200 profughi, attualmente ospiti del sovraffollato
Centro di Contrada Imbricola, la possibilità di ospitare in albergo almeno alle donne
e ai bambini e quella di aprire, dal mese prossimo, un Centro Caritas permanente a
Lampedusa. Sulla solidarietà dei lampedusani e sulla situazione di emergenza ancora
persistente, Elvira Ragosta ha raccolto la testimonianza del sindaco Giusi
Nicolini:
R. – Vorremmo
poter fare di più. Ci sono famiglie che vorrebbero ospitare i bambini che, in questo
momento, non hanno condizioni dignitose di accoglienza nel Centro. Questo però ci
viene impedito, perché le nostre leggi in materia di accoglienza in realtà sono leggi
che hanno un’impronta securitaria. Si perde di vista l’uomo: questo è sbagliato, questo
va cambiato!
D. – C’è stato anche il grande interessamento del vescovo di Agrigento…
R.
– Il vescovo Montenegro è una persona cui sono riconoscente in maniera veramente incommensurabile,
perché anche nel passato, nel 2011 - io non ero ancora sindaco - quando veramente
lo Stato ci ha abbandonanti completamente, lasciando qui settemila tunisini in mezzo
alla strada, il padre vescovo era qui. Il Papa ha espresso il desiderio di fare qualcosa
per i bambini e credo che prestissimo ci sarà una ludoteca per loro, per poter passare
in maniera diversa queste giornate, in attesa di trovare un posto migliore dove essere
accolti.
D. – Domani, arriveranno a Lampedusa il presidente della Commissione
europea Barroso e il premier italiano Letta. Che cosa chiederete?
R. – Chiaramente,
chiederemo, con un’unica voce, la riforma del diritto di asilo. Non è possibile applicare
il diritto di asilo nei confronti di chi viene a chiederlo a nuoto e deve prima diventare
naufrago, deve ulteriormente degradare la sua umanità. I “corridoi umanitari” è uno
slogan, ma bisogna tradurlo in atti concreti e fattibili. E questo riguarda l’Europa.
Quello che, invece, riguarda il governo italiano è un sistema di accoglienza dignitoso
e la riforma della Bossi-Fini, che è una legge sbagliata e ingiusta, perché tra l’altro
produce come risultato l’iscrizione nelle liste degli indagati di persone che in questo
momento avrebbero bisogno anzitutto di non stare ammassati in un centro sovraffollato
e avrebbero bisogno di tutta l’assistenza, anche psicologica… Non di essere trattati
come criminali.
D. - A proposito del Centro di accoglienza, l’Acnur ha chiesto
che ritorni a poter ospitare - in condizioni umane - 250 posti, come era all’inizio,
e non più di 900 come sono ora…
R. - A parte il numero dei posti, il principio
indefettibile deve essere che non si deve mai superare la ricettività del Centro:
perché se i posti in questo momento fossero 800, probabilmente ce ne terrebbero duemila.
Questo è il principio. Chi arriva qui come naufrago, viene soccorso, ricoverato nel
Centro di accoglienza, e deve essere trattenuto non più di 72 ore, come dicono le
linee guida del Ministero della Salute. Poi, deve essere trasferito in centri di seconda
accoglienza, per iniziare poi il percorso dell’integrazione: perché voglio ricordare
che parliamo di profughi richiedenti asilo, che non sono soggetti rimpatriabili e
che rimarranno nel nostro territorio, secondo quanto prevede Dublino. Certo, vanno
ricostruiti i due padiglioni distrutti dall’incendio del 2011: ci sono ritardi enormi
su questi lavori. Ma intanto questo non può giustificare il fatto che a fronte di
250 posti letto, ci siano lì dentro - in questo momento - quasi mille persone, tra
cui 160 minori accompagnati, famiglie di siriani con bambini piccoli, anche neonati…
Questo è inaccettabile e deve essere risolto subito!
Sull’isola intanto si
segnalano forti tensioni e proteste nel Centro di accoglienza, dove i migranti denunciano
una vita in condizioni disumane. Francesca Sabatinelli:
Oltre 900 persone
in una struttura che attualmente ne potrebbe contenere 250. E’ la situazione nel centro
di prima accoglienza di Lampedusa che, dall’incendio che lo distrusse nel 2011, non
è mai stato ristrutturato. Le condizioni di vita sono inaccettabili, denuncia l’Acnur
(Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati), i profughi sopravvissuti
al naufragio di giovedì scorso si sono aggiunti a tutti coloro che quotidianamente
arrivano in Italia alla ricerca di protezione. Per tre giorni, intere famiglie sono
state costrette a vivere sotto la pioggia battente. L’Italia deve dare risposte: è
l’appello che lancia Terre des Hommes, presente a Lampedusa con il progetto "Faro"
di assistenza psicologica e psicosociale in favore dei minori stranieri non accompagnati
e delle famiglie con bambini. La responsabile del progetto Federica Giannotta:
R.
– Ieri, c’erano 161 bambini, tutti piccoli, con famiglie. Quindi, non parliamo più
di minori stranieri non accompagnati, ai quali siamo "abituati", cioè ragazzi che
arrivano soli, anche in un’età diversa: si parla di bambini davvero molto piccini.
Ci sono state addirittura delle nascite recentemente, nel Centro, in situazioni che
non sono quelle di un’accoglienza che la stessa legge italiana prevedrebbe. Noi non
intendiamo puntare il dito su nessuno, gli operatori si stanno dando un grandissimo
da fare all’interno del Centro, perché la situazione è assolutamente emergenziale.
Vogliamo invece dare una visione un po’ più ampia: tutto questo poteva essere prevedibile,
perché il Centro non era stato adeguatamente ristrutturato già da prima, non si erano
immaginate soluzioni alternative, anche sulla stessa isola, quantomeno per i bambini
con le famiglie, per i ragazzi giovani, per i minori stranieri, per i quali avevamo
chiesto di poter pensare a soluzioni alternative e non soltanto noi, c’è stata una
pressione, in questo senso, ma ancora non si è arrivati, purtroppo, a trovare altre
strade. E questa è la situazione che oggi ci troviamo di fronte, e questa non è accoglienza.
D.
– "Terre des Hommes" non punta il dito contro nessuno. Però, insomma, denunciare è
giusto. A vostro giudizio, quale soluzione almeno per adesso?
R. – Il nostro
punto di vista è su tre assi: innanzitutto, non considerare più il fenomeno come un’emergenza,
perché sono 20 anni e non è più possibile immaginare una politica di questo tipo.
Secondo: garantire un arrivo sicuro, quindi immaginare la costruzione di un corridoio
umanitario per poter fare arrivare le persone sane e salve, perché un bambino non
debba più perdere la vita nel Mediterraneo e in nessun altro posto. Terzo: è ormai
una richiesta chiara all’Unione Europea, che si modifichino le attuali posizioni in
materia di gestione dei flussi immigratori, quindi la disciplina deve cambiare. A
livello italiano la Bossi-Fini deve essere modificata e deve essere data poi una protezione
ai profughi, alla gente che chiede, appunto, una tutela perché sta fuggendo da guerre,
da situazioni emergenziali. A queste persone deve essere garantita una protezione
immediata e la possibilità del ricongiungimento ai propri familiari e la possibilità,
poi anche, di raggiungere quelle zone dell’Unione Europea per le quali loro si sono
messi in cammino, perché hanno la possibilità di ritrovare un tessuto familiare, o
comunque sociale, più vicino a loro. Quindi, anche lo spostamento all’interno dell’Unione
Europea dev’essere più facile. E’, pertanto, una visione a tutto tondo, quella che
abbiamo: dalla partenza – una partenza sicura – ad un arrivo protetto e poi una possibilità
di un movimento all’interno dell’Unione Europea, per persone che devono essere riconosciute
come persone vittime di violenze.