2013-10-08 16:18:58

Lampedusa, recuperati 288 corpi. Il sindaco Nicolini: a Barroso chiederò revisione diritto d'asilo


A Lampedusa, continuano ormai da quasi una settimana le due azioni distinte e parallele seguite al tragico naufragio di giovedì scorso: l’aiuto ai superstiti e il recupero delle vittime. I sommozzatori hanno recuperato, ieri pomeriggio, altri 14 cadaveri dal relitto del barcone naufragato davanti alle coste dell'isola. I cadaveri finora recuperati sono saliti a 288, ma la triste operazione andrà ancora avanti. Uno dei tanti eritrei tratti in salvo ha detto ieri che il numero delle persone imbarcate sul peschereccio affondato era di 545. Sull’isola, intanto, è attesa per oggi la visita del presidente della Commissione europea, Barroso, e del premier italiano, Enrico Letta. Anche le Caritas della Sicilia sono riunite in questi giorni sull’isola con 40 rappresentanti, dal cui primo incontro sono scaturite tre proposte concrete: la disponibilità ad accogliere fino a 200 profughi, attualmente ospiti del sovraffollato Centro di Contrada Imbricola, la possibilità di ospitare in albergo almeno alle donne e ai bambini e quella di aprire, dal mese prossimo, un Centro Caritas permanente a Lampedusa. Sulla solidarietà dei lampedusani e sulla situazione di emergenza ancora persistente, Elvira Ragosta ha raccolto la testimonianza del sindaco Giusi Nicolini:RealAudioMP3

R. – Vorremmo poter fare di più. Ci sono famiglie che vorrebbero ospitare i bambini che, in questo momento, non hanno condizioni dignitose di accoglienza nel Centro. Questo però ci viene impedito, perché le nostre leggi in materia di accoglienza in realtà sono leggi che hanno un’impronta securitaria. Si perde di vista l’uomo: questo è sbagliato, questo va cambiato!

D. – C’è stato anche il grande interessamento del vescovo di Agrigento…

R. – Il vescovo Montenegro è una persona cui sono riconoscente in maniera veramente incommensurabile, perché anche nel passato, nel 2011 - io non ero ancora sindaco - quando veramente lo Stato ci ha abbandonanti completamente, lasciando qui settemila tunisini in mezzo alla strada, il padre vescovo era qui. Il Papa ha espresso il desiderio di fare qualcosa per i bambini e credo che prestissimo ci sarà una ludoteca per loro, per poter passare in maniera diversa queste giornate, in attesa di trovare un posto migliore dove essere accolti.

D. – Domani, arriveranno a Lampedusa il presidente della Commissione europea Barroso e il premier italiano Letta. Che cosa chiederete?

R. – Chiaramente, chiederemo, con un’unica voce, la riforma del diritto di asilo. Non è possibile applicare il diritto di asilo nei confronti di chi viene a chiederlo a nuoto e deve prima diventare naufrago, deve ulteriormente degradare la sua umanità. I “corridoi umanitari” è uno slogan, ma bisogna tradurlo in atti concreti e fattibili. E questo riguarda l’Europa. Quello che, invece, riguarda il governo italiano è un sistema di accoglienza dignitoso e la riforma della Bossi-Fini, che è una legge sbagliata e ingiusta, perché tra l’altro produce come risultato l’iscrizione nelle liste degli indagati di persone che in questo momento avrebbero bisogno anzitutto di non stare ammassati in un centro sovraffollato e avrebbero bisogno di tutta l’assistenza, anche psicologica… Non di essere trattati come criminali.

D. - A proposito del Centro di accoglienza, l’Acnur ha chiesto che ritorni a poter ospitare - in condizioni umane - 250 posti, come era all’inizio, e non più di 900 come sono ora…

R. - A parte il numero dei posti, il principio indefettibile deve essere che non si deve mai superare la ricettività del Centro: perché se i posti in questo momento fossero 800, probabilmente ce ne terrebbero duemila. Questo è il principio. Chi arriva qui come naufrago, viene soccorso, ricoverato nel Centro di accoglienza, e deve essere trattenuto non più di 72 ore, come dicono le linee guida del Ministero della Salute. Poi, deve essere trasferito in centri di seconda accoglienza, per iniziare poi il percorso dell’integrazione: perché voglio ricordare che parliamo di profughi richiedenti asilo, che non sono soggetti rimpatriabili e che rimarranno nel nostro territorio, secondo quanto prevede Dublino. Certo, vanno ricostruiti i due padiglioni distrutti dall’incendio del 2011: ci sono ritardi enormi su questi lavori. Ma intanto questo non può giustificare il fatto che a fronte di 250 posti letto, ci siano lì dentro - in questo momento - quasi mille persone, tra cui 160 minori accompagnati, famiglie di siriani con bambini piccoli, anche neonati… Questo è inaccettabile e deve essere risolto subito!

Sull’isola intanto si segnalano forti tensioni e proteste nel Centro di accoglienza, dove i migranti denunciano una vita in condizioni disumane. Francesca Sabatinelli:RealAudioMP3

Oltre 900 persone in una struttura che attualmente ne potrebbe contenere 250. E’ la situazione nel centro di prima accoglienza di Lampedusa che, dall’incendio che lo distrusse nel 2011, non è mai stato ristrutturato. Le condizioni di vita sono inaccettabili, denuncia l’Acnur (Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati), i profughi sopravvissuti al naufragio di giovedì scorso si sono aggiunti a tutti coloro che quotidianamente arrivano in Italia alla ricerca di protezione. Per tre giorni, intere famiglie sono state costrette a vivere sotto la pioggia battente. L’Italia deve dare risposte: è l’appello che lancia Terre des Hommes, presente a Lampedusa con il progetto "Faro" di assistenza psicologica e psicosociale in favore dei minori stranieri non accompagnati e delle famiglie con bambini. La responsabile del progetto Federica Giannotta:

R. – Ieri, c’erano 161 bambini, tutti piccoli, con famiglie. Quindi, non parliamo più di minori stranieri non accompagnati, ai quali siamo "abituati", cioè ragazzi che arrivano soli, anche in un’età diversa: si parla di bambini davvero molto piccini. Ci sono state addirittura delle nascite recentemente, nel Centro, in situazioni che non sono quelle di un’accoglienza che la stessa legge italiana prevedrebbe. Noi non intendiamo puntare il dito su nessuno, gli operatori si stanno dando un grandissimo da fare all’interno del Centro, perché la situazione è assolutamente emergenziale. Vogliamo invece dare una visione un po’ più ampia: tutto questo poteva essere prevedibile, perché il Centro non era stato adeguatamente ristrutturato già da prima, non si erano immaginate soluzioni alternative, anche sulla stessa isola, quantomeno per i bambini con le famiglie, per i ragazzi giovani, per i minori stranieri, per i quali avevamo chiesto di poter pensare a soluzioni alternative e non soltanto noi, c’è stata una pressione, in questo senso, ma ancora non si è arrivati, purtroppo, a trovare altre strade. E questa è la situazione che oggi ci troviamo di fronte, e questa non è accoglienza.

D. – "Terre des Hommes" non punta il dito contro nessuno. Però, insomma, denunciare è giusto. A vostro giudizio, quale soluzione almeno per adesso?

R. – Il nostro punto di vista è su tre assi: innanzitutto, non considerare più il fenomeno come un’emergenza, perché sono 20 anni e non è più possibile immaginare una politica di questo tipo. Secondo: garantire un arrivo sicuro, quindi immaginare la costruzione di un corridoio umanitario per poter fare arrivare le persone sane e salve, perché un bambino non debba più perdere la vita nel Mediterraneo e in nessun altro posto. Terzo: è ormai una richiesta chiara all’Unione Europea, che si modifichino le attuali posizioni in materia di gestione dei flussi immigratori, quindi la disciplina deve cambiare. A livello italiano la Bossi-Fini deve essere modificata e deve essere data poi una protezione ai profughi, alla gente che chiede, appunto, una tutela perché sta fuggendo da guerre, da situazioni emergenziali. A queste persone deve essere garantita una protezione immediata e la possibilità del ricongiungimento ai propri familiari e la possibilità, poi anche, di raggiungere quelle zone dell’Unione Europea per le quali loro si sono messi in cammino, perché hanno la possibilità di ritrovare un tessuto familiare, o comunque sociale, più vicino a loro. Quindi, anche lo spostamento all’interno dell’Unione Europea dev’essere più facile. E’, pertanto, una visione a tutto tondo, quella che abbiamo: dalla partenza – una partenza sicura – ad un arrivo protetto e poi una possibilità di un movimento all’interno dell’Unione Europea, per persone che devono essere riconosciute come persone vittime di violenze.

Ultimo aggiornamento: 9 ottobre







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