Il Papa: una preghiera fatta col cuore apre la porta a Dio e produce miracoli
Un cuore che sa pregare e sa perdonare. Da questo si riconosce un cristiano. Lo ha
spiegato martedì mattina Papa Francesco all’omelia della Messa presieduta in Casa
Santa Marta. E proprio dal Vangelo dedicato alla Santa cui è intitolata la sua residenza,
il Papa ha preso le mosse per ricordare che la “preghiera fa miracoli”, purché non
sia frutto di un atto meccanico. Il servizio di Alessandro De Carolis:
Marta e il profeta
Giona. Queste figure plastiche del Nuovo e dell’Antico Testamento, presentate dalla
liturgia odierna, erano accomunate da una identica incapacità: non sapevano pregare.
Papa Francesco ha sviluppato l’omelia su questo aspetto, partendo dalla famosa scena
del Vangelo in cui Marta chiede quasi in tono di rimprovero a Gesù che la sorella
l’aiuti a servire, invece di rimanere ferma ad ascoltarlo, mentre Gesù replica: “Maria
ha scelto la parte migliore”. E questa “parte”, ribadisce Papa Francesco, è “quella
della preghiera, quella della contemplazione di Gesù”:
“Agli occhi della
sorella era perdere tempo, anche sembrava, forse, un po’ fantasiosa: guardare il Signore
come se fosse una bambina meravigliata. Ma chi la vuole? Il Signore: ‘Questa è la
parte migliore’, perché Maria ascoltava il Signore e pregava col suo cuore. E il Signore
un po’ ci dice: ‘Il primo compito nella vita è questo: la preghiera’. Ma non la preghiera
di parole, come i pappagalli; ma la preghiera, il cuore: guardare il Signore, ascoltare
il Signore, chiedere al Signore. Noi sappiamo che la preghiera fa dei miracoli”.
E
la preghiera produce un miracolo anche nell’antica città di Ninive, alla quale il
profeta Giona annuncia su incarico di Dio l’imminente distruzione e che invece si
salva perché gli abitanti, credendo alla profezia, si convertono dal primo all’ultimo
invocando il perdono divino con tutte le forze. Tuttavia, anche in questa storia di
redenzione il Papa rileva un atteggiamento sbagliato, quello di Giona, più disposto
a una giustizia senza misericordia in modo analogo a Marta, incline a un servizio
che esclude l’interiorità:
“E Marta faceva questo: faceva cosa? Ma non pregava!
Ci sono altri come questo testardo Giona, che sono i giustizieri. Lui andava, profetizzava,
ma nel suo cuore diceva: ‘Ma se la meritano. Se la meritano. Se la sono cercata!’.
Lui profetizzava, ma non pregava! Non chiedeva al Signore perdono per loro. Soltanto
li bastonava. Sono i giustizieri, quelli che si credono giusti! E alla fine – continua
il Libro di Giona – si vede che era un uomo egoista, perché quando il Signore ha salvato,
per la preghiera del popolo, Ninive, lui si è arrabbiato col Signore: ‘Tu sempre sei
così. Tu sempre perdoni!’.
Dunque, conclude Papa Francesco, la preghiera
che è solo formula senza cuore, come pure il pessimismo o la voglia di una giustizia
senza perdono, sono le tentazioni dalle quali un cristiano deve sempre guardarsi per
arrivare a scegliere “la parte migliore”:
“Anche noi quando non preghiamo,
quello che facciamo è chiudere la porta al Signore. E non pregare è questo: chiudere
la porta al Signore, perché Lui non possa fare nulla. Invece, la preghiera, davanti
a un problema, a una situazione difficile, a una calamità è aprire la porta al Signore
perché venga. Perché Lui rifà le cose, Lui sa arrangiare le cose, risistemare le cose.
Pregare è questo: aprire la porta al Signore, perché possa fare qualcosa. Ma se noi
chiudiamo la porta, il Signore non può far nulla! Pensiamo a questa Maria che ha scelto
la parte migliore e ci fa vedere la strada, come si apre la porta al Signore”.