Vescovi europei: non chiusi "in una fortezza" ma portatori di una "speranza"
“La risposta della Chiesa non può essere quella della chiusura, trasformandosi in
una fortezza nell’Europa. Indipendentemente da ciò che accade, i cristiani hanno una
chiara identità basata sulla loro fede che è viva e che risveglia la speranza”. Con
la parola “speranza” si è conclusa domenica scorsa a Bratislava, in Slovacchia, l’Assemblea
plenaria dei presidenti delle Conferenze episcopali in Europa. A sottolinearla è il
comunicato finale diffuso ieri dal Ccee a conclusione dei lavori. In questi giorni
i vescovi hanno dibattuto del tema “Dio e lo Stato. L’Europa tra laicità e laicismo”
e nel dibattito che è seguito alla presentazione di un’indagine, “più volte” è apparsa
la speranza come “parola chiave”: “I cristiani - si legge nel comunicato ripreso dall'agenzia
Sir - sono portatori di una speranza, di un’esperienza e contenuto di fede che è interessante
per tutti”. A più riprese, i vescovi hanno espresso la convinzione che “la speranza
che reca la Chiesa è qualcosa che il mondo cerca. E questa stessa speranza deve dare
ai cristiani, il coraggio di affrontare le situazioni difficili con uno spirito di
apertura alle domande delle persone, guardando innanzitutto alla missione evangelizzatrice
della Chiesa, la quale, seguendo il Suo Signore, si sente interpellata da tutto quanto
appartiene alla vita dell’uomo”. “Non si tratta - prosegue il Ccee - di essere superficiali
o mancare di giudizio critico sul mondo, o di rimanere in quello che si suol considerare
l’ambito spirituale”. Da un’indagine curata dalla professoressa Emila Hrabovec sullo
spazio riconosciuto alla religione nelle società dei Paesi europei, emerge “l’ingerenza
di un certo laicismo e il tentativo di costruire un’immagine esclusivamente negativa
della Chiesa e della fede”. I vescovi però “propongono di avere un approccio positivo
e propositivo nei confronti della realtà e delle dinamiche sociali”. L’assemblea plenaria
ha permesso anche di affrontare altre “questioni urgenti” come il tema dei profughi,
che arrivano in Europa e che “esige da parte degli Stati europei una solidarietà effettiva
perché situazioni come quella vissuta in questi giorni a Lampedusa non si ripetano”,
e la crisi economica. A questo riguardo, il Ccee rivolge un “appello a una più grande
solidarietà tra Paesi ricchi e poveri”. Per quanto riguarda la situazione in Siria,
esce dall’incontro di Bratislava, “un appello perché non ci sia ipocrisia tra quelli
che dicono di voler risolvere il problema. Uniti al Santo Padre, i vescovi chiedono
che la via del dialogo sia intrapresa con più decisione e che alla preghiera si uniscano
decisioni politiche che portino a un immediato cessate-il-fuoco e alla fine dell’ingresso
di armi nel Paese che alimentano la guerra”. (R.P.)