2013-10-06 14:54:01

Lampedusa: 181 le vittime recuperate finora. Il Papa invia sull'isola mons. Krajewski


Un vertice europeo dei responsabili dell'immigrazione è stato chiesto dalla Francia dopo la tragedia avvenuta al largo di Lampedusa. Sull’isola arriverà, nei prossimi giorni, anche il presidente della Commissione europea, José Manuel Barroso. E mentre a livello italiano ed europeo si discute di possibili cambiamenti alle normative, sono ancora in corso le ricerche dei corpi delle vittime, il cui numero accertato è destinato ad aumentare notevolemente. Papa Francesco ha inviato a Lampedusa il suo elemosiniere, mons. Konrad Krajewski, per portare la sua solidarietaà. Mons.Krajewski ha anche benedetto sul molo le salme recuperate oggi dai sommozzatori Il servizio di Davide Maggiore:RealAudioMP3

Barroso sarà a Lampedusa mercoledì: è stato il governo italiano a chiedergli di raggiungere l’isola, “per rendersi conto di persona”, ha spiegato il presidente del Consiglio Letta. Un appello all’Unione Europea è arrivato anche dalla Francia: il primo ministro Jean-Marc Ayrault ha chiesto una riunione dei responsabili dell’immigrazione, sostenendo che “tocca a loro” trovare “la risposta giusta”. Ma già martedì i ministri degli Interni, valuteranno la possibilità di accordi bilaterali coi Paesi di provenienza dei migranti, in modo da creare percorsi legali per gli ingressi. “La legge sull’immigrazione non può essere punitiva”, ha detto in un’intervista anche il ministro italiano per l’Integrazione, Cécile Kyenge, che ha incontrato i sopravvissuti. Bisogna “mettere al centro la persona”, ha aggiunto, chiedendo anche un’azione contro “la criminalità internazionale che gestisce i barconi” e annunciando di voler triplicare i posti letto per l’accoglienza dei migranti, portandoli a 24 mila. E mentre la Marina e la Croce Rossa lanciano l’allarme sulle risorse per il pattugliamento e i piani di accoglienza, è salito a 181 il numero dei corpi recuperati, ma non è stato ancora possibile confermare le cifre fornite da alcuni superstiti, secondo cui i morti sarebbero in tutto 363. Infine, Giusy Nicolini, sindaco di Lampedusa, è intervenuta nelle polemiche sulla presunta omissione di soccorso ai naufraghi. I pescatori dell’isola, ha detto “non lasciano morire i migranti in mare, non lo hanno fatto e non lo faranno mai”.


A livello internazionale dunque ci si interroga su cosa non abbia funzionato finora nelle politiche migratorie europee, visto che dal ’98 ad oggi sono morte oltre 19mila persone lungo le frontiere comunitarie. Quali i motivi per cui così tanti migranti hanno perso la vita? Ascoltiamo Christopher Hein, direttore del Consiglio italiano per i rifugiati (Cir), intervistato da Giada Aquilino:RealAudioMP3

R. - Queste persone sono morte perché cercavano disperatamente di entrare in Europa, in questo caso in Italia, ma anche verso Malta, la Grecia, la Spagna. Non avevano alternativa che arrivare in modo irregolare sui barconi e mettere la loro vita a rischio. Ormai, è da una ventina di anni che – con il sistema Schengen – abbiamo costruito un muro intorno all’Europa: abbiamo un regime di ingresso che rende impossibile per un qualunque cittadino – africano o spesso anche latinoamericano – arrivare in Europa in modo regolare, perché non viene dato un visto. Questo è il prodotto di una politica di chiusura. Il sistema Schengen a noi cittadini comunitari conviene molto perché permette di viaggiare da un Paese all’altro senza controlli alle frontiere interne; ma penalizza il resto del mondo, soprattutto chi fugge dal proprio Paese.

D. – Dopo la tragedia di Lampedusa il capo dello Stato italiano Napolitano ha chiesto con forza di “stroncare il traffico criminale di esseri umani”, sottolineando che “non è accettabile che vengano negati ad una istituzione creata dalla Commissione europea – come il Frontex – mezzi adeguati per intervenire senza indugio”…

R. – E’ certamente necessario poter sorvegliare o avere un monitoraggio di tutto quello che succede e succederà nel canale di Sicilia o nel Mediterraneo in generale. Dobbiamo andare però alla radice del problema. Abbiamo apprezzato quando il presidente Napolitano ha parlato della necessità di una legge organica sulla richiesta di asilo in Italia, che però non abbiamo. Dobbiamo comunque considerare che la nostra legge deve ormai rispecchiare le normative comunitarie che naturalmente ci sono ma che non prevedono la possibilità di presentare una richiesta di asilo fuori dai confini europei. Le persone devono per forza essere fisicamente presenti – ad esempio a Lampedusa – per inoltrare una richiesta di protezione.

D. – In questo quadro allora a cosa bisogna puntare?

R. – Bisogna puntare alla direttiva dell’Unione europea, alle procedure di asilo che prevedono che una richiesta possa essere fatta solo alla frontiera di uno degli Stati membri o all’interno di questi Paesi, ma in nessun caso fuori dall’Unione europea. Mettiamoci nei panni di una donna eritrea a Tripoli, in Libia: non può ritornare nel suo Paese; non può rimanere in Libia dove non ha alcuna possibilità di ottenere asilo; non può andare legalmente in Europa perché non le daranno mai il visto di ingresso e quindi l’unica scelta che ha è quella di usare mezzi illegali come i barconi. Bisogna a questo punto aprire canali di ingresso legali e protetti in Europa, attraverso una modifica dell’approccio, della direttiva sulle procedure di asilo. Aprire canali che permettano che questa donna eritrea, così come tutti gli altri rifugiati, possa rivolgersi ad un’ambasciata dell’Unione Europea o degli Stati membri ed iniziare una procedura di asilo fuori dal nostro Continente, senza esser costretta ad arrivare fino a Lampedusa.

D. – Lei ha fatto l’esempio della donna eritrea. Gran parte delle vittime dell’ultimo naufragio di Lampedusa risultano essere donne. Questo emerge dai racconti fatti dai superstiti del barcone naufragato. È un dato che ricorre?

R. – Sì. Purtroppo tra le vittime ci sono tante donne e anche tanti bambini – alcuni non accompagnati dai familiari – e pochi tra i superstiti. Bisogna ricordare che la situazione in Eritrea è particolarmente pesante per le donne, a causa di una sorta di servizio militare obbligatorio senza limiti di tempo; e non vanno dimenticati gli abusi a cui sono esposte anche nelle caserme del loro Paese. Non è quindi un caso che le donne cerchino di fuggire ed arrivare disperatamente in Europa.







All the contents on this site are copyrighted ©.