Lampedusa, i pescatori: continueremo a salvare chi chiede aiuto
A Lampedusa sono rimaste ferme anche oggi a causa del maltempo e del mare mosso le
operazione di recupero dei cadaveri intrappolati nell’imbarcazione naufragata giovedì
mattina. Intanto è polemica sui ritardi nei soccorsi e sulla possibile indagine per
clandestinità nei confronti dei superstiti. Il servizio di Giampiero Guadagni:
Sono stati
identificati e indagati per immigrazione clandestina i 155 superstiti del naufragio
al largo di Lampedusa, superstiti che saranno accolti a Roma, per iniziativa del Comune
e del Ministero dell’Interno. L’indagine è confermata dal procuratore aggiunto di
Agrigento Fonzo, che la definisce un atto dovuto conseguenza della legge Bossi-Fini.
Le misure repressive non risolvono il problema, osserva il presidente della Camera
Laura Boldrini, in visita oggi nell’isola siciliana. Soccorrere, aggiunge la Boldrini,
è un dovere, non un reato. E a proposito di soccorsi, alla Procura non risultano ritardi.
La Guardia costiera assicura di essere intervenuta immediatamente. E anche i pescatori
di Lampedusa respingono le accuse. Il presidente del Consorzio Martello afferma: noi
abbiamo una sola legge, quella del mare, chi è in pericolo deve essere soccorso. I
pescatori hanno posato una corona di fiori a largo della costa per rendere omaggio
alle vittime del naufragio: probabilmente 300 persone dato che ai 111 cadaveri recuperati
vanno aggiunti i circa 200 dispersi. Sulla tragedia interviene il premier francese
Ayrault che chiede una riunione urgente dei Paesi europei per trovare la risposta
giusta, perché, sottolinea, la compassione non è sufficiente.
A Lampedusa,
ancora sospese le operazioni di recupero dei corpi dei profughi incastrati nel relitto
del barcone a 47 metri di profondità. Le condizioni del mare non consentono ai sub
di raggiungere le vittime, almeno un centinaio, la maggior parte delle quali donne.
Partono intanto le polemiche sui soccorsi, ma per la procura non vi sono stati ritardi.
Il servizio di Francesca Sabatinelli:
Si proverà
domani, meteo permettendo, a recuperare i corpi, mentre a terra sono state sigillate
le bare, 111, con le vittime ripescate: verranno tutte sepolte in varie località della
Sicilia. Per i sopravvissuti, 155, invece la realtà ora è quella di essere stati stipati
in un centro, una struttura da 280 posti, che ora conta 1.050 persone, ospitate in
condizioni di disumano sovraffollamento, dove oggi è arrivata la presidente della
Camera, Laura Boldrini, che ha chiesto di aggiornare le leggi italiane. Per il momento,
però, gli scampati alla strage sono stati iscritti nel registro degli indagati per
immigrazione clandestina: l’ennesima vergogna, viene denunciato, così come di vergogna
si parla per l’incriminazione per favoreggiamento di chi salva vite di immigrati,
così come prevede la Legge Bossi-Fini. Ma ai pescatori ciò non interessa. Damiano
Sferlazzo, vice sindaco di Lampedusa:
R. – Io sono lampedusano, e i lampedusani
non chiedono né Nobel per la pace, né altro. Noi chiediamo di fermare questo massacro,
di fare in modo che non ci siano più vittime e di far sì che tutti possano viaggiare
e spostarsi in cerca di una vita migliore, perché queste persone – ricordiamolo –
fuggono dalle guerre. Quindi, quelli che abbiamo a Lampedusa sono profughi, non sono
clandestini. Noi chiediamo semplicemente questo. Quando succedono queste tragedie,
noi non possiamo fare altro che fare capire al mondo, con dei segni, che per noi la
dignità umana viene prima di ogni altra cosa. Prima salviamo le vite che stanno morendo,
i bambini come questi che purtroppo l’altro ieri sono morti, e poi discutiamo sul
resto. Sul soccorso in mare non si discute!
D. – I lampedusani, i pescatori,
insistono: non ci si può girare dall’altra parte, a dispetto della legge!
R.
– Assolutamente no! Il pescatore ha impresso nella mente e nel cuore la sua legge
del mare, e la legge del mare è quella di non voltare mai le spalle a nessun essere
umano che sia in acqua, che chieda aiuto, che abbia bisogno di soccorso. Da parte
di un pescatore non si verificherà mai che lasci, che abbandoni, una persona in mare,
perché questa è una legge non scritta ma che è impressa nella testa e nel cuore dei
pescatori, in special modo – oserei dire – nel cuore dei pescatori di Lampedusa, perché
non sono mesi e non è un solo anno che noi accogliamo e che noi salviamo le vite in
mare: è da sempre! Mio nonno già me ne parlava, quindi è una cosa che va oltre le
leggi. Poi, è chiaro che ci vogliano delle leggi che non impediscano ai pescatori
di salvare le persone in mare, anche perché nel momento in cui ci fosse una legge
che vietasse ancora di più – la Bossi-Fini già lo fa – al pescatore di salvare vite
umane, non potrebbe mai verificarsi comunque uno stop alla voglia di salvare del pescatore.
Poi, è chiaro, la Bossi-Fini è una legge che penalizza, c’è il sequestro della barca,
si viene indagati, e via dicendo … però il pescatore aiuterà sempre.
D. – Corridoio
umanitario: questo è ciò che si chiede?
R. – Questo noi chiediamo: un corridoio
umanitario per evitare la carneficina, per cercare di fare arrivare vive tutte queste
persone che si vogliono spostare. Altrimenti è un massacro, come si è rivelato l’altro
giorno.
Oggi, nonostante il vento molto forte e il mare mosso, i pescatori
sono usciti con le loro barche per lanciare corone di fiori al largo della costa,
respingendo con forza, tra l’altro, le accuse di mancato soccorso. Enzo Billeci,
pescatore, nonché assessore alla Pesca, era tra loro:
R. – Siamo usciti con
la barca, veramente c’era mare grosso, quindi siamo usciti in pochi, solo i pescherecci
più grossi. Però, alla presenza della Capitaneria, del comandante del porto, abbiamo
deposto questa corona di fiori.
D. – Voi siete pescatori, siete gente di mare,
continuerete ad aiutare tutti?
R. – Certo! Come si può fare altrimenti? Si
può fare altrimenti? Non lo so … uno si trova, vede gente in difficoltà in mare, senza
guardare il colore della pelle … si può fare altrimenti? Non penso … Non l’abbiamo
mai guardata in faccia, questa legge, però un po’ di apprensione ce la dà. E poi!
Non parliamo sempre di clandestini, clandestini … questa è gente che scappa dalle
guerre per cercare un minimo di futuro migliore … Non può succedere questo, non può
succedere questo! Basta! Basta con i morti in mare, basta con queste tragedie!
"È
uno dei momenti più tragici della storia delle migrazioni degli ultimi anni", commenta
il direttore della Caritas diocesana della diocesi di Agrigento, Valerio Landri:
R. – Lo stato d’animo è di lutto, perché quello che altrove arriva come una
notizia, qui ha un volto. Ci sono tanti lampedusani che hanno assistito alle operazioni
di recupero delle salme, hanno potuto vedere in volto, invece, i superstiti … E il
dolore: il dolore che provoca questa tragedia è ancora scritto sul volto dei lampedusani.
La nostra preoccupazione è che questa grande attenzione che c’è in questi giorni,
alla fine finisca per scemare e ritorni poi il silenzio che c’è stato in questi anni.
D’altronde, pensiamo che dal 2011 (250 dispersi in un naufragio n.d.r.) sono passati
due anni: due anni in cui si sarebbe potuto lavorare molto per evitare tragedie del
genere. Il fatto di essere tornati a vivere le esperienze delle morti dei migranti
nel mare di Lampedusa, ci fa temere che questo grande clamore che c’è in questi giorni
possa tornare a diventare silenzio, e possano poi riproporsi nuove esperienze del
genere.
D. – Quanto è accaduto smuove le coscienze di tutti. Però, non si sa
quanto questo poi, alla fine, riuscirà veramente a dare una svolta nelle politiche
…
R. – Sì, sì, sì: è questa la cosa che veramente lascia più perplessi, nel
senso che c’è tanta gente che è in mare e che ha anche paura di intervenire, perché
le conseguenze della legge sono quelle che conosciamo. E’ una legge (Bossi-Fini n.d.r.)
che va contro i principi della morale, e va anche contro i principi della legge del
mare! Io mi auguro che questa estrema tragedia di due giorni fa possa essere davvero
un’occasione per la svolta, per rivedere, per riflettere su una legge che va certamente
rivista. Bisogna prevedere dei corridoi umanitari, o comunque azioni che impediscano
che tragedie del genere possano nuovamente avvenire. Sappiamo che dall’altra parte
del mare c’è gente che è già pronta a partire: anziché piangere sulle bare, preferiremmo
lavorare perché queste tragedie non avvengano e perché quindi possa realizzarsi un
sistema di accoglienza nel rispetto delle Convenzioni che l’Italia ha firmato, che
possano garantire a queste persone una protezione, una tutela internazionale come
il diritto prevede.