2013-10-04 13:53:10

Pacem in terris. Mons. Toso: utopia in cammino verso il bene comune


“Non ci può essere vera pace e armonia se non lavoriamo per una società più giusta e solidale, se non superiamo egoismi, individualismi, interessi di gruppo e questo a tutti i livelli”. Sono le parole da Papa Francesco mercoledì per i partecipanti alle Giornate per il 50.mo della Pacem in terris, l‘Enciclica con cui l’11 aprile del 1963 il Beato Giovanni XXIII lanciò un drammatico e accorato appello di pace, proprio quando ormai si era “sull’orlo di un conflitto atomico mondiale”. Ebbene, ha aggiunto il Santo Padre, “il richiamo della Pacem in terris rimane fortemente attuale”. Sul valore storico dell’Enciclica, Antonella Palermo ha intervistato mons. Mario Toso, segretario del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace:RealAudioMP3

R. - E’ quello di essere una pietra miliare della riflessione sulla pace. Con la Pacem in terris si ha la presentazione di una nuova concezione della pace. La tradizione pensava alla pace in negativo, come assenza di guerra; la mentalità era: “Se vuoi la pace, prepara la guerra”. Il Beato Papa Giovanni XXIII, Santo a breve, insegna a riflettere e ad agire, rispetto alla pace, in positivo: a partire dalla pace. Se vuoi la pace, costruisci la pace. E questa non è un’utopia astratta, meramente immaginaria, senza fondamento nella realtà. E’ anzitutto un’esperienza profonda di ogni essere umano e della società. E’ desiderio innato, insopprimibile aspirazione del cuore umano, dei popoli. In definitiva, il valore storico della Pacem in terris è quello di presentare un’utopia in cammino, che convochi le persone alla realizzazione comunitaria del bene comune, alla speranza.

D. – Quale aspetto contenuto in questa Enciclica è oggi più urgente mettere in pratica, perché disatteso finora, ovvero non ancora adeguatamente recepito dalle società civili, dai governanti delle Nazioni, dai leader dei Paesi più sviluppati?

R. – In un contesto internazionale, ma anche europeo, in cui lo stato di diritto si sta frantumando perché si giunge a codificare spesso l’arbitrio, l’aspetto oggi più urgente appare essere quello del radicamento dei diritti e dei doveri, considerati simultaneamente, nell’integralità della persona umana, nella sua coscienza, prima ancora che sul pur necessario consenso sociale. Solo il collegamento dei diritti e dei doveri con l’ordo ad Deum, riconosciuto e specificato nelle scelte, garantisce ad essi esigibilità e cogenza certe, riservando e promuovendo lo stato di diritto, lo ius internationale, la cittadinanza universale.

D. – Il digiuno e la veglia di preghiera per la pace in Medio Oriente e in Siria, voluti da Papa Francesco, che così grande adesione hanno riscontrato in varie parti del mondo, secondo lei hanno inciso sul raffreddamento dei venti di guerra paventati nella regione?

R. – E’ un fatto che l’iniziativa di Papa Francesco ha avuto grande eco, capacità di mobilitazione e ha ridestato l’attività diplomatica che appariva sopita e rinunciataria. La diplomazia e la politica sono tornate ad operare con più determinazione al servizio del bene e della pace, a intercettare l’anelito profondo di tutti alla pace. L’azione eminentemente religiosa di Papa Francesco è apparsa come paradigma anche per l’azione della politica, il cui compito specifico è quello di vivere in comunione con il sentire e con l’aspirazione più intrinseci dell’anima della gente. Vi è stato chi ha proposto la candidatura di Papa Francesco al Premio Nobel per la pace; altri hanno scritto che Papa Francesco ha fatto arrossire la politica. Sicuramente, Papa Francesco ha sollecitato tutti all’alta e nobile arte della costruzione della pace.

D. – In riferimento, ancora, alla situazione siriana: quanto è effettivamente rassicurante, sul piano internazionale, la recente risoluzione Onu sullo smantellamento dell’arsenale chimico?

R. – La misura della sicurezza, garantita dalla recente risoluzione Onu, è data dal coinvolgimento non di un privato o di un singolo Stato, ma di un’entità istituzionale sovrannazionale che, nonostante tutti i limiti intrinseci che conosciamo bene, rappresenta sempre un ‘form’ di responsabilità a raggio mondiale. Il fatto che l’Onu stessa si renda garante dello smantellamento dell’arsenale di armi chimiche in Siria, offre al mondo un numero maggiore di ragioni rispetto alla sicurezza.

D. – La ripresa del dialogo Usa-Iran, secondo lei, quanto sarà capace di aprire nuovi scenari nello sblocco dei nodi politici in Medio Oriente?

R. – In base alla sua effettiva attuazione. Un dialogo sincero ed efficace Usa-Iran potrebbe rappresentare una causa esemplare o il fermento per altri dialoghi di pace, altrettanto fruttuosi, nello scacchiere della regione mediorientale.







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