Pacem in terris. Mons. Toso: utopia in cammino verso il bene comune
“Non ci può essere vera pace e armonia se non lavoriamo per una società più giusta
e solidale, se non superiamo egoismi, individualismi, interessi di gruppo e questo
a tutti i livelli”. Sono le parole da Papa Francesco mercoledì per i partecipanti
alle Giornate per il 50.mo della Pacem in terris, l‘Enciclica con cui l’11
aprile del 1963 il Beato Giovanni XXIII lanciò un drammatico e accorato appello di
pace, proprio quando ormai si era “sull’orlo di un conflitto atomico mondiale”. Ebbene,
ha aggiunto il Santo Padre, “il richiamo della Pacem in terris rimane fortemente
attuale”. Sul valore storico dell’Enciclica, Antonella Palermo ha intervistato
mons. Mario Toso, segretario del Pontificio Consiglio della Giustizia e della
Pace:
R. - E’ quello
di essere una pietra miliare della riflessione sulla pace. Con la Pacem in terris
si ha la presentazione di una nuova concezione della pace. La tradizione pensava alla
pace in negativo, come assenza di guerra; la mentalità era: “Se vuoi la pace, prepara
la guerra”. Il Beato Papa Giovanni XXIII, Santo a breve, insegna a riflettere e ad
agire, rispetto alla pace, in positivo: a partire dalla pace. Se vuoi la pace, costruisci
la pace. E questa non è un’utopia astratta, meramente immaginaria, senza fondamento
nella realtà. E’ anzitutto un’esperienza profonda di ogni essere umano e della società.
E’ desiderio innato, insopprimibile aspirazione del cuore umano, dei popoli. In definitiva,
il valore storico della Pacem in terris è quello di presentare un’utopia in
cammino, che convochi le persone alla realizzazione comunitaria del bene comune, alla
speranza.
D. – Quale aspetto contenuto in questa Enciclica è oggi più urgente
mettere in pratica, perché disatteso finora, ovvero non ancora adeguatamente recepito
dalle società civili, dai governanti delle Nazioni, dai leader dei Paesi più sviluppati?
R.
– In un contesto internazionale, ma anche europeo, in cui lo stato di diritto si sta
frantumando perché si giunge a codificare spesso l’arbitrio, l’aspetto oggi più urgente
appare essere quello del radicamento dei diritti e dei doveri, considerati simultaneamente,
nell’integralità della persona umana, nella sua coscienza, prima ancora che sul pur
necessario consenso sociale. Solo il collegamento dei diritti e dei doveri con l’ordo
ad Deum, riconosciuto e specificato nelle scelte, garantisce ad essi esigibilità
e cogenza certe, riservando e promuovendo lo stato di diritto, lo ius internationale,
la cittadinanza universale.
D. – Il digiuno e la veglia di preghiera per la
pace in Medio Oriente e in Siria, voluti da Papa Francesco, che così grande adesione
hanno riscontrato in varie parti del mondo, secondo lei hanno inciso sul raffreddamento
dei venti di guerra paventati nella regione?
R. – E’ un fatto che l’iniziativa
di Papa Francesco ha avuto grande eco, capacità di mobilitazione e ha ridestato l’attività
diplomatica che appariva sopita e rinunciataria. La diplomazia e la politica sono
tornate ad operare con più determinazione al servizio del bene e della pace, a intercettare
l’anelito profondo di tutti alla pace. L’azione eminentemente religiosa di Papa Francesco
è apparsa come paradigma anche per l’azione della politica, il cui compito specifico
è quello di vivere in comunione con il sentire e con l’aspirazione più intrinseci
dell’anima della gente. Vi è stato chi ha proposto la candidatura di Papa Francesco
al Premio Nobel per la pace; altri hanno scritto che Papa Francesco ha fatto arrossire
la politica. Sicuramente, Papa Francesco ha sollecitato tutti all’alta e nobile arte
della costruzione della pace.
D. – In riferimento, ancora, alla situazione
siriana: quanto è effettivamente rassicurante, sul piano internazionale, la recente
risoluzione Onu sullo smantellamento dell’arsenale chimico?
R. – La misura
della sicurezza, garantita dalla recente risoluzione Onu, è data dal coinvolgimento
non di un privato o di un singolo Stato, ma di un’entità istituzionale sovrannazionale
che, nonostante tutti i limiti intrinseci che conosciamo bene, rappresenta sempre
un ‘form’ di responsabilità a raggio mondiale. Il fatto che l’Onu stessa si renda
garante dello smantellamento dell’arsenale di armi chimiche in Siria, offre al mondo
un numero maggiore di ragioni rispetto alla sicurezza.
D. – La ripresa del
dialogo Usa-Iran, secondo lei, quanto sarà capace di aprire nuovi scenari nello sblocco
dei nodi politici in Medio Oriente?
R. – In base alla sua effettiva attuazione.
Un dialogo sincero ed efficace Usa-Iran potrebbe rappresentare una causa esemplare
o il fermento per altri dialoghi di pace, altrettanto fruttuosi, nello scacchiere
della regione mediorientale.