La Messa ad Assisi. Il Papa: la pace francescana è fondata su Cristo, non è armonia
panteistica
Terminato l’incontro al Vescovado, Papa Francesco si è recato a piedi nella vicina
Chiesa di Santa Maria Maggiore. Poi si è trasferito in auto nella Basilica superiore
di San Francesco dove c'era il presidente del Consiglio Enrico Letta ad attenderlo.
Dopo aver salutato i tanti fedeli presenti in piazza, il Pontefice ha parlato in modo
cordiale col premier. Quindi si è recato nella Cripta per la venerazione della tomba
di San Francesco, dove ha pregato in ginocchio per qualche minuto. Alle 11.00 circa
è iniziata la Messa in Piazza San Francesco.
Nell’omelia il Papa è partito
dalle parole di Gesù proposte dal Vangelo del giorno: «Ti rendo lode, Padre, Signore
del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e
le hai rivelate ai piccoli» (Mt 11,25).
“Pace e bene a tutti! – ha esordito
- Con questo saluto francescano vi ringrazio per essere venuti qui, in questa Piazza,
carica di storia e di fede, a pregare insieme. Oggi anch’io, come tanti pellegrini,
sono venuto per rendere lode al Padre di tutto ciò che ha voluto rivelare a uno di
questi “piccoli” di cui ci parla il Vangelo: Francesco, figlio di un ricco commerciante
di Assisi. L’incontro con Gesù lo portò a spogliarsi di una vita agiata e spensierata,
per sposare “Madonna Povertà” e vivere da vero figlio del Padre che è nei cieli. Questa
scelta, da parte di san Francesco, rappresentava un modo radicale di imitare Cristo,
di rivestirsi di Colui che, da ricco che era, si è fatto povero per arricchire noi
per mezzo della sua povertà (cfr 2 Cor 8,9). In tutta la vita di Francesco l’amore
per i poveri e l’imitazione di Cristo povero sono due elementi uniti in modo inscindibile,
le due facce di una stessa medaglia”.
Quindi ha posto due domande: “Che cosa
testimonia san Francesco a noi, oggi? Che cosa ci dice, non con le parole – questo
è facile – ma con la vita?”.
“La prima cosa che ci dice – ha detto - la realtà
fondamentale che ci testimonia è questa: essere cristiani è un rapporto vitale con
la Persona di Gesù, è rivestirsi di Lui, è assimilazione a Lui. Da dove parte il cammino
di Francesco verso Cristo? Parte dallo sguardo di Gesù sulla croce. Lasciarsi guardare
da Lui nel momento in cui dona la vita per noi e ci attira a Lui. Francesco ha fatto
questa esperienza in modo particolare nella chiesetta di san Damiano, pregando davanti
al crocifisso, che anch’io oggi potrò venerare. In quel crocifisso Gesù non appare
morto, ma vivo! Il sangue scende dalle ferite delle mani, dei piedi e del costato,
ma quel sangue esprime vita. Gesù non ha gli occhi chiusi, ma aperti, spalancati:
uno sguardo che parla al cuore. E il Crocifisso non ci parla di sconfitta, di fallimento;
paradossalmente ci parla di una morte che è vita, che genera vita, perché ci parla
di amore, perché è l’Amore di Dio incarnato, e l’Amore non muore, anzi, sconfigge
il male e la morte. Chi si lascia guardare da Gesù crocifisso viene ri-creato, diventa
una «nuova creatura». Da qui parte tutto: è l’esperienza della Grazia che trasforma,
l’essere amati senza merito, pur essendo peccatori. Per questo Francesco può dire,
come san Paolo: «Quanto a me non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro
Gesù Cristo» (Gal 6,14). Ci rivolgiamo a te, Francesco, e ti chiediamo: insegnaci
a rimanere davanti al Crocifisso, a lasciarci guardare da Lui, a lasciarci perdonare,
ricreare dal suo amore”.
Poi ha aggiunto: “Nel Vangelo abbiamo ascoltato queste
parole: «Venite a me, voi tutti, che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro.
Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore»
(Mt 11,28-29). Questa è la seconda cosa che Francesco ci testimonia: chi
segue Cristo, riceve la vera pace, quella che solo Lui, e non il mondo, ci può dare.
San Francesco viene associato da molti alla pace, ed è giusto, ma pochi vanno in profondità.
Qual è la pace che Francesco ha accolto e vissuto e che ci trasmette? Quella di Cristo,
passata attraverso l’amore più grande, quello della Croce. E’ la pace che Gesù Risorto
donò ai discepoli quando apparve in mezzo a loro: la pace francescana non è un sentimento
sdolcinato. Per favore: questo san Francesco non esiste! E neppure è una specie di
armonia panteistica con le energie del cosmo… Anche questo non è francescano! Anche
questo non è francescano, ma è un’idea che alcuni hanno costruito! La pace di san
Francesco è quella di Cristo, e la trova chi “prende su di sé” il suo “giogo”, cioè
il suo comandamento: Amatevi gli uni gli altri come io vi ho amato (cfr Gv
13,34; 15,12). E questo giogo non si può portare con arroganza, con presunzione, con
superbia, ma solo si può portare con mitezza e umiltà di cuore”.
Il Papa ha
poi proseguito citando il Cantico delle Creature: “Francesco inizia il Cantico: “Altissimo,
onnipotente, bon Signore… Laudato sie… cun tutte le tue creature” (FF, 1820). L’amore
per tutta la creazione, per la sua armonia. Il Santo d’Assisi testimonia il rispetto
per tutto ciò che Dio ha creato e come Lui lo ha creato, senza sperimentare sul Creato
per distruggerlo; aiutarlo a crescere a essere più bello e più simile a quello che
Dio ha creato. E soprattutto testimonia il rispetto per tutto e che l’uomo è chiamato
a custodire l’uomo, dove l’uomo sia al centro della creazione, al posto dove Dio,
il Creatore, lo ha voluto. Non strumento degli idoli che noi creiamo. L’armonia e
la pace! Francesco è stato uomo di armonia, uomo di pace. Da questa Città della Pace,
ripeto con la forza e la mitezza dell’amore: rispettiamo la creazione, non siamo strumenti
di distruzione! Rispettiamo ogni essere umano: cessino i conflitti armati che insanguinano
la terra, tacciano le armi e dovunque l’odio ceda il posto all’amore, l’offesa al
perdono e la discordia all’unione. Sentiamo il grido di coloro che piangono, soffrono
e muoiono a causa della violenza, del terrorismo o della guerra, in Terra Santa, tanto
amata da san Francesco, in Siria, nell’intero Medio Oriente, in tutto il mondo. Ci
rivolgiamo a te, Francesco, e ti chiediamo: ottienici da Dio il dono che in questo
nostro mondo ci sia armonia, pace e rispetto per il Creato!".
Questa la conclusione
dell’omelia: “Non posso dimenticare, infine, che oggi l’Italia celebra san Francesco
quale suo Patrono. E do gli auguri a tutti gli italiani, nella persona del capo del
governo, qui presente. Lo esprime anche il tradizionale gesto dell’offerta dell’olio
per la lampada votiva, che quest’anno spetta proprio alla Regione Umbria. Preghiamo
per la Nazione italiana, perché ciascuno lavori sempre per il bene comune, guardando
a ciò che unisce più che a ciò che divide. Faccio mia la preghiera di san Francesco
per Assisi, per l’Italia, per il mondo: «Ti prego dunque, o Signore Gesù Cristo, padre
delle misericordie, di non voler guardare alla nostra ingratitudine, ma di ricordarti
sempre della sovrabbondante pietà che in [questa città] hai mostrato, affinché sia
sempre il luogo e la dimora di quelli che veramente ti conoscono e glorificano il
tuo nome benedetto e gloriosissimo nei secoli dei secoli. Amen» (Specchio di perfezione,
124: FF, 1824)”.