I più deboli, vittime della cultura dello scarto: così il Papa nel discorso dato per
letto al Serafico
Il Papa al termine del discorso a braccio pronunciato all’Istituto Serafico, ha consegnato
il testo scritto, che è dato per letto. Pubblichiamo di seguito il testo integrale:
Cari
fratelli e sorelle,
voglio iniziare la mia visita ad Assisi con voi, vi saluto
tutti! Oggi è la festa di San Francesco, e io ho scelto, come Vescovo di Roma, di
portare il suo nome. Ecco perché oggi sono qui: la mia visita è soprattutto un pellegrinaggio
di amore, per pregare sulla tomba di un uomo che si è spogliato di se stesso e si
è rivestito di Cristo e, sull’esempio di Cristo, ha amato tutti, specialmente i più
poveri e abbandonati, ha amato con stupore e semplicità la creazione di Dio. Arrivando
qui ad Assisi, alle porte della città, si trova questo Istituto, che si chiama proprio
“Serafico”, un soprannome di san Francesco. Lo fondò un grande francescano, il Beato
Ludovico da Casoria.
Ed è giusto partire da qui. San Francesco, nel suo Testamento,
dice: «Il Signore dette a me, frate Francesco, di incominciare a fare penitenza così:
quando ero nei peccati mi sembrava cosa troppo amara vedere i lebbrosi: e il Signore
stesso mi condusse tra loro e usai misericordia. E allontanandomi da essi, ciò che
mi sembrava amaro mi fu cambiato in dolcezza d’animo e di corpo» (FF, 110).
La
società purtroppo è inquinata dalla cultura dello “scarto”, che è opposta alla cultura
dell’accoglienza. E le vittime della cultura dello scarto sono proprio le persone
più deboli, più fragili. In questa Casa invece vedo in azione la cultura dell’accoglienza.
Certo, anche qui non sarà tutto perfetto, ma si collabora insieme per la vita dignitosa
di persone con gravi difficoltà. Grazie per questo segno di amore che ci offrite:
questo è il segno della vera civiltà, umana e cristiana! Mettere al centro dell’attenzione
sociale e politica le persone più svantaggiate! A volte invece le famiglie si trovano
sole nel farsi carico di loro. Che cosa fare? Da questo luogo in cui si vede l’amore
concreto, dico a tutti: moltiplichiamo le opere della cultura dell’accoglienza, opere
anzitutto animate da un profondo amore cristiano, amore a Cristo Crocifisso, alla
carne di Cristo, opere in cui si uniscano la professionalità, il lavoro qualificato
e giustamente retribuito, con il volontariato, un tesoro prezioso.
Servire
con amore e con tenerezza le persone che hanno bisogno di tanto aiuto ci fa crescere
in umanità, perché esse sono vere risorse di umanità. San Francesco era un giovane
ricco, aveva ideali di gloria, ma Gesù, nella persona di quel lebbroso, gli ha parlato
in silenzio, e lo ha cambiato, gli ha fatto capire ciò che vale veramente nella vita:
non le ricchezze, la forza delle armi, la gloria terrena, ma l’umiltà, la misericordia,
il perdono.
Qui, cari fratelli e sorelle, voglio leggervi qualcosa di personale,
una delle più belle lettere che ho ricevuto, un dono di amore di Gesù. Me l’ha scritta
Nicolás, un ragazzo di 16 anni, disabile fin dalla nascita, che abita a Buenos Aires.
Ve la leggo: «Caro Francesco: sono Nicolás ed ho 16 anni; siccome non posso scriverti
io (perché ancora non parlo, né cammino), ho chiesto ai miei genitori di farlo al
posto mio, perché loro sono le persone che mi conoscono di più. Ti voglio raccontare
che quando avevo 6 anni, nel mio Collegio che si chiama Aedin, Padre Pablo mi ha dato
la prima Comunione e quest’anno, in novembre, riceverò la Cresima, una cosa che mi
dà molta gioia. Tutte le notti, da quando tu me l’hai chiesto, io domando al mio Angelo
Custode, che si chiama Eusebio e che ha molta pazienza, di custodirti e di aiutarti.
Stai sicuro che lo fa molto bene perché ha cura di me e mi accompagna tutti i giorni!!
Ah! E quando non ho sonno… viene a giocare con me!! Mi piacerebbe molto venire a vederti
e ricevere la tua benedizione e un bacio: solo questo!! Ti mando tanti saluti e continuo
a chiedere ad Eusebio che abbia cura di te e ti dia forza. Baci. NICO».
In
questa lettera, nel cuore di questo ragazzo c’è la bellezza, l’amore, la poesia di
Dio. Dio che si rivela a chi ha il cuore semplice, ai piccoli, agli umili, a chi noi
spesso consideriamo ultimi, anche a voi, cari amici: quel ragazzo quando non riesce
ad addormentarsi gioca con il suo Angelo Custode; è Dio che scende a giocare con lui.
Nella
Cappella di questo Istituto, il Vescovo ha voluto che ci sia l’adorazione eucaristica
permanente: lo stesso Gesù che adoriamo nel Sacramento, lo incontriamo nel fratello
più fragile, dal quale impariamo, senza barriere e complicazioni, che Dio ci ama con
la semplicità del cuore.
Grazie a tutti di questo incontro. Vi porto con me,
nell’affetto e nella preghiera. Ma anche voi pregate per me! Il Signore vi benedica
e la Madonna e san Francesco vi proteggano.