2013-10-04 10:24:52

Assisi. Il Papa abbraccia i ragazzi disabili: ascoltiamo le loro piaghe, sono quelle di Gesù


Nelle piaghe della malattia si nasconde il dolore stesso di Gesù, che va ascoltato e accolto con un amore opposto all’indifferenza tipica della “cultura dello scarto”. È stato questo il pensiero dominante del primo appuntamento di Papa Francesco ad Assisi. Poco prima delle 8.00, in anticipo sul programma, il Papa ha fatto ingresso nell’Istituto Serafico, che dal 1871 accoglie e assiste giovani di tutta Italia, affetti da disabilità plurime anche molto gravi. Papa Francesco ha scelto di parlare a braccio e prima di congedarsi si è affacciato da una finestra dell’Istituto per salutare la folla assiepata all’esterno. Il servizio di Alessandro De Carolis:RealAudioMP3

“Siamo tra le piaghe di Gesù” e queste piaghe chiedono di essere ascoltate “da quelli che si dicono cristiani”. Papa Francesco non legge una riga del discorso d’esordio della sua visita ad Assisi. Stringe i fogli preparati tra le mani, ma i suoi occhi sono solo per gli occhi dei molti bambini e ragazzi disabili, che dialogano con lui in una lingua fatta di fonemi sconosciuti ma chiarissima a chi usa il vocabolario della solidarietà cristiana:

“Qui è Gesù nascosto in questi ragazzi, in questi bambini, in queste persone. Sull’altare adoriamo la Carne di Gesù, in loro troviamo le piaghe di Gesù. Gesù nascosto nell’Eucaristia e Gesù nascosto in queste piaghe… Hanno bisogno di essere ascoltate. Forse, non tanto sui giornali, come notizie… Quello è un ascolto che dura uno, due, tre giorni, poi viene un altro, un altro… Devono essere ascoltati da quelli che si dicono cristiani”.

Nella chiesa dell’Istituto Serafico, luogo preposto all’Adorazione del Corpo di Cristo, il parlare di Papa Francesco ha l’incedere della preghiera. Una preghiera essenzialmente francescana, una preghiera semplice, che ruota con sommessa insistenza attorno a un unico cardine:

“Il cristiano adora Gesù; il cristiano cerca Gesù; il cristiano sarà riconoscere le piaghe di Gesù. E oggi tutti noi, qui, abbiamo la necessità di dire: ‘Queste piaghe devono essere ascoltate!’. Ma c’è un’altra cosa che ci dà speranza. Gesù è presente nell’Eucaristia, qui è la Carne di Gesù; Gesù è presente fra voi: e la Carne di Gesù sono le piaghe di Gesù in queste persone”.

Alle spalle dei giovani disabili vi sono gli assistenti, i primi a riconoscere e a curare ogni giorno le piaghe di Gesù sui visi e sui corpi dei loro ragazzi. “Qui – aveva detto poco prima la direttrice dell’Istituto, Francesca Di Maolo – la caritas è un privilegio e un dono”. E in quell’amore gratuito e quotidiano, il Papa che porta il nome del Santo che ha ispirato il luogo di cura coglie, tra le stimmate della malattia, il segno di una bellezza trasfigurata:

“Ma è interessante: Gesù, quando è Risorto era bellissimo. Non aveva nel suo corpo dei lividi, le feriti… Niente! Era più bello! Soltanto ha voluto conservare le piaghe e se le è portate in Cielo. Le piaghe di Gesù sono qui e sono in Cielo davanti al Padre. Noi curiamo le piaghe di Gesù qui e Lui, dal Cielo, ci mostra le sue piaghe e ci dice a tutti noi, a tutti noi: ‘Ti sto aspettando!’”.

Ma le piaghe di Gesù, evidenti nella carne dei più deboli di ogni società, sono le ferite spesso ignorate dalla “cultura dello scarto”, che inquina il mondo contemporaneo. Nel discorso non pronunciato, ma comunque considerato come letto, Papa Francesco ringrazia invece l’Istituto Serafico, esempio di una casa dove è “in azione – dice – la cultura dell’accoglienza”. Questo “è il segno della vera civiltà umana e cristiana”, afferma Papa Francesco, che rilancia: “Mettere al centro dell’attenzione sociale e politica le persone più svantaggiate! A volte invece le famiglie si trovano sole nel farsi carico di loro. Che cosa fare? Da questo luogo in cui si vede l’amore concreto, dico a tutti: moltiplichiamo le opere della cultura dell’accoglienza, opere anzitutto animate da un profondo amore cristiano, amore a Cristo Crocifisso, alla carne di Cristo, opere in cui si uniscano la professionalità, il lavoro qualificato e giustamente retribuito, con il volontariato, un tesoro prezioso”.

La conclusione del discorso rimasto sulla carta ha però la forza di rendere lucidi gli occhi. Papa Francesco cita le righe della lettera che gli ha inviato Nicolás, un 16.enne di Buenos Aires, disabile dalla nascita. Righe, sottolinea, dove c’è la “bellezza, la poesia di Dio”. Raccontando, attraverso la penna dei suoi genitori (“perché – spiega – ancora non parlo, né cammino”), Nicolás annuncia dapprima al suo “caro Francesco” di aver ricevuto la Prima Comunione e tra poco, a novembre, la Cresima. Quindi, prosegue: “Tutte le notti, da quando tu me l’hai chiesto, io domando al mio Angelo Custode, che si chiama Eusebio e che ha molta pazienza, di custodirti e di aiutarti. Stai sicuro che lo fa molto bene perché ha cura di me e mi accompagna tutti i giorni!! Ah! E quando non ho sonno… viene a giocare con me!! Mi piacerebbe molto venire a vederti e ricevere la tua benedizione e un bacio: solo questo!! Ti mando tanti saluti e continuo a chiedere ad Eusebio che abbia cura di te e ti dia forza. Baci. NICO».







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