Niente armi nucleari: così Teheran replica al duro intervento di Netanyahu all’Onu
“Le armi nucleari non hanno posto nella dottrina di difesa dell'Iran”: così il rappresentante
di Teheran all’Onu ha replicato martedì al primo ministro israeliano nell’ambito dell’Assemblea
generale. Netanyahu, nonostante il rinnovato clima di dialogo tra Usa e Iran, aveva
fatto poco prima un intervento duro ribadendo che Israele è minacciato dall’Iran ed
è pronto a difendersi da solo, se necessario. Della posizione di Tel Aviv nel nuovo
contesto di apertura tra Washington e Teheran, Fausta Speranza ha parlato con
Paolo Magri, direttore dell’Istituto per gli Studi di politica internazionale,
Ispi:
R. – La posizione
di Netanyahu, ieri nell’Assemblea generale, non è una posizione nuova: ha ribadito
con forza tesi che nei mesi scorsi ha avanzato ed esprime la forte preoccupazione
di Israele sul fatto che quello iraniano possa essere un bluff, “diplomazia gentile”
per andare avanti con il programma nucleare. Preoccupazione che Israele continua ad
avere nonostante le prese di posizione sull’Olocausto che ha avuto il nuovo presidente
iraniano e nonostante lui si sia presentato all’Assemblea generale con un parlamentare
ebreo, l’unico parlamentare ebreo iraniano. Israele, infatti, teme che l’Occidente
abbia troppo bisogno dell’Iran per la questione siriana e che passi sopra ad altri
problemi. Teme soprattutto che Obama abbia troppo bisogno di una buona notizia al
fine di “scongelare” una crisi e recuperare la sua popolarità mondiale ed interna
in grande difficoltà.
D. – Ma è vero che abbiamo sentito parole da parte di
Rohani che non si possono prendere troppo alla leggera: ha fatto affermazioni importanti
che rinnovano il contesto…
R. – Forse Israele sottovaluta il bisogno profondo
che l’Iran ha in questo momento di uscire dall’embargo e da una posizione di isolamento
politico. Quindi, al di là delle parole, c’è una motivazione di fondo molto forte
– che ha espresso anche la Guida suprema – di aprire a una nuova direzione in politica
estera, per risolvere anche i problemi economici interni del Paese. Soprattutto, Netanyahu
sopravvaluta l’influenza che le sue parole possano avere per modificare la posizione
del mondo occidentale: l’immagine di Israele è in difficoltà, i bisogni di Obama sulla
Siria sono molto forti e probabilmente le sue parole di preoccupazione e di avvertimento
non verranno ascoltate molto. Ciò che è importante è che queste parole saranno una
“prova generale” delle difficoltà che, a causa della fortissima lobby di Israele,
Obama avrà al Congresso americano nel far passare qualsiasi allentamento dei vincoli
e delle sanzioni per l’Iran.
D. – Non sarà che forse Israele non vuole davvero
cambiare nulla dello status quo?
R. – La politica estera di Israele è da tempo
ancorata ad uno status quo. Come dimostra anche il muro totale nel negoziato sulla
Palestina, cui siamo arrivati vicini in questi anni a uno sbocco, ma che non fa passi
avanti. Quindi, sì, c’è un problema di arroccamento sullo status quo. Ma il problema
di Israele in questo momento – come hanno dimostrato le vicende di ammissione della
Palestina all’Onu ed altre prese di posizione – è che il suo seguito nel mondo Occidentale
sta scemando.
D. – Che cosa dovrà fare Obama per “rassicurare” Israele? In
questo momento, gli Stati Uniti sono forti abbastanza per avere questa forza di tranquillizzare
Israele? Forse anche l’Arabia Saudita ha qualche dubbio sulle aperture dell’Iran…
R.
– Certamente, gli Stati Uniti per tranquillizzare Israele, e l’Arabia Saudita, dovrebbero
ribadire con fermezza tutti i punti che hanno impedito l’accordo sul nucleare in passato.
Dovrebbero quindi tenere molto la loro posizione, ma il punto è capire se una posizione
negoziale di questo genere molto dura, non modificata rispetto al passato – quindi
intransigente sullo smantellamento, o l’interruzione del processo nucleare – possa
essere accettata dall’Iran. E lo vedremo già dalla prossima settimana con la riunione
dei 5+1. In questo momento, Rohani ha fatto delle aperture, ma non dimentichiamo cosa
è successo al suo rientro: ha avuto applausi e fischi. Una parte dell’Iran non è detto
che lo segua su posizioni troppo concilianti. Quindi, il punto di incontro sarà tra
quanto gli americani e l’Occidente saranno disposti a cedere – tranquillizzando però
Israele e l’Arabia Saudita – e quanto Rohani sarà disposto ad accettare tranquillizzando
la posizione della popolazione.