2013-10-02 14:40:28

Niente armi nucleari: così Teheran replica al duro intervento di Netanyahu all’Onu


“Le armi nucleari non hanno posto nella dottrina di difesa dell'Iran”: così il rappresentante di Teheran all’Onu ha replicato martedì al primo ministro israeliano nell’ambito dell’Assemblea generale. Netanyahu, nonostante il rinnovato clima di dialogo tra Usa e Iran, aveva fatto poco prima un intervento duro ribadendo che Israele è minacciato dall’Iran ed è pronto a difendersi da solo, se necessario. Della posizione di Tel Aviv nel nuovo contesto di apertura tra Washington e Teheran, Fausta Speranza ha parlato con Paolo Magri, direttore dell’Istituto per gli Studi di politica internazionale, Ispi:RealAudioMP3

R. – La posizione di Netanyahu, ieri nell’Assemblea generale, non è una posizione nuova: ha ribadito con forza tesi che nei mesi scorsi ha avanzato ed esprime la forte preoccupazione di Israele sul fatto che quello iraniano possa essere un bluff, “diplomazia gentile” per andare avanti con il programma nucleare. Preoccupazione che Israele continua ad avere nonostante le prese di posizione sull’Olocausto che ha avuto il nuovo presidente iraniano e nonostante lui si sia presentato all’Assemblea generale con un parlamentare ebreo, l’unico parlamentare ebreo iraniano. Israele, infatti, teme che l’Occidente abbia troppo bisogno dell’Iran per la questione siriana e che passi sopra ad altri problemi. Teme soprattutto che Obama abbia troppo bisogno di una buona notizia al fine di “scongelare” una crisi e recuperare la sua popolarità mondiale ed interna in grande difficoltà.

D. – Ma è vero che abbiamo sentito parole da parte di Rohani che non si possono prendere troppo alla leggera: ha fatto affermazioni importanti che rinnovano il contesto…

R. – Forse Israele sottovaluta il bisogno profondo che l’Iran ha in questo momento di uscire dall’embargo e da una posizione di isolamento politico. Quindi, al di là delle parole, c’è una motivazione di fondo molto forte – che ha espresso anche la Guida suprema – di aprire a una nuova direzione in politica estera, per risolvere anche i problemi economici interni del Paese. Soprattutto, Netanyahu sopravvaluta l’influenza che le sue parole possano avere per modificare la posizione del mondo occidentale: l’immagine di Israele è in difficoltà, i bisogni di Obama sulla Siria sono molto forti e probabilmente le sue parole di preoccupazione e di avvertimento non verranno ascoltate molto. Ciò che è importante è che queste parole saranno una “prova generale” delle difficoltà che, a causa della fortissima lobby di Israele, Obama avrà al Congresso americano nel far passare qualsiasi allentamento dei vincoli e delle sanzioni per l’Iran.

D. – Non sarà che forse Israele non vuole davvero cambiare nulla dello status quo?

R. – La politica estera di Israele è da tempo ancorata ad uno status quo. Come dimostra anche il muro totale nel negoziato sulla Palestina, cui siamo arrivati vicini in questi anni a uno sbocco, ma che non fa passi avanti. Quindi, sì, c’è un problema di arroccamento sullo status quo. Ma il problema di Israele in questo momento – come hanno dimostrato le vicende di ammissione della Palestina all’Onu ed altre prese di posizione – è che il suo seguito nel mondo Occidentale sta scemando.

D. – Che cosa dovrà fare Obama per “rassicurare” Israele? In questo momento, gli Stati Uniti sono forti abbastanza per avere questa forza di tranquillizzare Israele? Forse anche l’Arabia Saudita ha qualche dubbio sulle aperture dell’Iran…

R. – Certamente, gli Stati Uniti per tranquillizzare Israele, e l’Arabia Saudita, dovrebbero ribadire con fermezza tutti i punti che hanno impedito l’accordo sul nucleare in passato. Dovrebbero quindi tenere molto la loro posizione, ma il punto è capire se una posizione negoziale di questo genere molto dura, non modificata rispetto al passato – quindi intransigente sullo smantellamento, o l’interruzione del processo nucleare – possa essere accettata dall’Iran. E lo vedremo già dalla prossima settimana con la riunione dei 5+1. In questo momento, Rohani ha fatto delle aperture, ma non dimentichiamo cosa è successo al suo rientro: ha avuto applausi e fischi. Una parte dell’Iran non è detto che lo segua su posizioni troppo concilianti. Quindi, il punto di incontro sarà tra quanto gli americani e l’Occidente saranno disposti a cedere – tranquillizzando però Israele e l’Arabia Saudita – e quanto Rohani sarà disposto ad accettare tranquillizzando la posizione della popolazione.

Ultimo aggiornamento: 3 ottobre







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