Centrafrica. La Chiesa: "Ovunque desolazione e rabbia. Una situazione esplosiva",
Due settimane dopo l’ultimatum del presidente di transizione Michel Djotodia, i ribelli
della coalizione Seleka, già sciolta, si rifiutano ancora di consegnare armi e di
ritirarsi nelle caserme. “Se i combattenti dovessero insistere su questa strada, il
loro atteggiamento sarà considerato come una dichiarazione di guerra nei confronti
dei dieci Paesi della regione” ha detto il generale Jean Félix Akaga. Il comandante
dei 2.000 soldati della missione dell’Africa centrale (Fomac), dispiegata da tempo
in Centrafrica, ha lanciato un nuovo ultimatum ai miliziani: “Se le armi non vengono
consegnate entro questa settimana, comincerà un’operazione forzata di disarmo” ha
avvertito Akaga. Le stesse difficoltà sono state confermate dal ministro della Pubblica
sicurezza, Jose Binoua, che ha riconosciuto che “nessun ufficiale Seleka ha dato prova
della volontà di abbandonare le armi si rifiutano di collaborare”. Contattato dall'agenzia
Misna, l’arcivescovo di Bangui, mons. Dieudonné Nzapalainga, riferisce che la Fomac
sta pattugliando mattina e sera per le strade della capitale, in cerca di uomini,
armi e munizioni, ma che sono ancora troppo pochi i ribelli relegati nelle caserme.
“Ci sono interi quartieri che sono delle vere polveriere, tra cui il Km5, Kina, Meskine
e Combattant, e dove la Fomac deve ancora arrivare. Finora solo 117 armi sono state
consegnate, un numero irrisorio” aggiunge mons. Nzapalainga, dicendosi preoccupato
per la “fuga di decine di ribelli all’interno del Paese, dove la situazione sta peggiorando
di giorno in giorno. Ora come ora qualunque goccia d’acqua può far traboccare il vaso
delle violenze e scatenare vendette a catena” sottolinea mons. Nzapalainga. Negli
ultimi giorni notizie altrettanto allarmanti sono giunte da Paoua e Bozoum (nord-ovest)
ma anche da Bangassou (sud-est). Nel lanciare un appello alla comunità africana ed
internazionale per l’invio di truppe e di maggiori aiuti per ristabilire la sicurezza
e fare fronte alla crisi umanitaria, l’arcivescovo di Bangui ribadisce alla Misna
che “nessuno, cristiano quanto musulmano, è stato risparmiato da saccheggi, violenze
e violazioni”. Nell’omelia della scorsa domenica il presule ha invitato i centrafricani
a “evitare di fare di tutta un’erba un fascio tra Seleka e comunità musulmana” e a
“ritrovare la strada della coesione e del vivere insieme in modo armonioso, come abbiamo
sempre fatto”. Paese già instabile e povero, il Centrafrica è stato ulteriormente
destabilizzato dal colpo di stato della coalizione ribelle Seleka che lo scorso marzo
ha destituito l’ex presidente François Bozizé.
“È una situazione esplosiva
che rischia di provocare una tragedia” dice all’agenzia Fides mons. Juan José Aguirre
Muños, vescovo di Bangassou, dove nel quartiere di Tokoyo, gli abitanti hanno creato
una barricata per protestare contro le violenze e i soprusi dei ribelli Seleka. “La
protesta è scoppiata lunedì sera dopo che gli uomini di Seleka hanno torturato un
ragazzo del quartiere, un conducente di mototaxi. Gli abitanti sono esausti delle
continue angherie dei ribelli che hanno istituto dei posti di blocco al solo scopo
di taglieggiare quotidianamente la popolazione, già priva di tutto” riferisce il vescovo.
“Si è creata una situazione incendiaria perché davanti alla barricata degli abitanti
del quartiere, armati di machete, si sono radunati gli uomini di Seleka affiancati
da diversi commercianti musulmani locali, a loro volta armati di Kalashnikov forniti
in precedenza dai ribelli” afferma il vescovo. “Avvertito dal parroco del quartiere
ho inviato i due miei vicari con indosso la toga bianca per cercare di calmare gli
animi, e abbiamo chiesto all’Iman e al rappresentante dei giovani musulmani di aiutarci
a riportare la pace” dice mons. Aguirre. “Il vero problema non è uno scontro di religione,
cristiani contro musulmani, ma sono i continui abusi nei confronti della popolazione
da parte dei ribelli” sottolinea mons. Aguirre. “Quello che sta accadendo in questo
momento a Bangassou avviene anche in altre città del Centrafrica perché la popolazione
è veramente esasperata di essere derubata ogni giorno dai ribelli di Seleka”conclude
il vescovo. (R.P.)