2013-10-02 13:11:05

Centrafrica. La Chiesa: "Ovunque desolazione e rabbia. Una situazione esplosiva",


Due settimane dopo l’ultimatum del presidente di transizione Michel Djotodia, i ribelli della coalizione Seleka, già sciolta, si rifiutano ancora di consegnare armi e di ritirarsi nelle caserme. “Se i combattenti dovessero insistere su questa strada, il loro atteggiamento sarà considerato come una dichiarazione di guerra nei confronti dei dieci Paesi della regione” ha detto il generale Jean Félix Akaga. Il comandante dei 2.000 soldati della missione dell’Africa centrale (Fomac), dispiegata da tempo in Centrafrica, ha lanciato un nuovo ultimatum ai miliziani: “Se le armi non vengono consegnate entro questa settimana, comincerà un’operazione forzata di disarmo” ha avvertito Akaga. Le stesse difficoltà sono state confermate dal ministro della Pubblica sicurezza, Jose Binoua, che ha riconosciuto che “nessun ufficiale Seleka ha dato prova della volontà di abbandonare le armi si rifiutano di collaborare”. Contattato dall'agenzia Misna, l’arcivescovo di Bangui, mons. Dieudonné Nzapalainga, riferisce che la Fomac sta pattugliando mattina e sera per le strade della capitale, in cerca di uomini, armi e munizioni, ma che sono ancora troppo pochi i ribelli relegati nelle caserme. “Ci sono interi quartieri che sono delle vere polveriere, tra cui il Km5, Kina, Meskine e Combattant, e dove la Fomac deve ancora arrivare. Finora solo 117 armi sono state consegnate, un numero irrisorio” aggiunge mons. Nzapalainga, dicendosi preoccupato per la “fuga di decine di ribelli all’interno del Paese, dove la situazione sta peggiorando di giorno in giorno. Ora come ora qualunque goccia d’acqua può far traboccare il vaso delle violenze e scatenare vendette a catena” sottolinea mons. Nzapalainga. Negli ultimi giorni notizie altrettanto allarmanti sono giunte da Paoua e Bozoum (nord-ovest) ma anche da Bangassou (sud-est). Nel lanciare un appello alla comunità africana ed internazionale per l’invio di truppe e di maggiori aiuti per ristabilire la sicurezza e fare fronte alla crisi umanitaria, l’arcivescovo di Bangui ribadisce alla Misna che “nessuno, cristiano quanto musulmano, è stato risparmiato da saccheggi, violenze e violazioni”. Nell’omelia della scorsa domenica il presule ha invitato i centrafricani a “evitare di fare di tutta un’erba un fascio tra Seleka e comunità musulmana” e a “ritrovare la strada della coesione e del vivere insieme in modo armonioso, come abbiamo sempre fatto”. Paese già instabile e povero, il Centrafrica è stato ulteriormente destabilizzato dal colpo di stato della coalizione ribelle Seleka che lo scorso marzo ha destituito l’ex presidente François Bozizé.

“È una situazione esplosiva che rischia di provocare una tragedia” dice all’agenzia Fides mons. Juan José Aguirre Muños, vescovo di Bangassou, dove nel quartiere di Tokoyo, gli abitanti hanno creato una barricata per protestare contro le violenze e i soprusi dei ribelli Seleka. “La protesta è scoppiata lunedì sera dopo che gli uomini di Seleka hanno torturato un ragazzo del quartiere, un conducente di mototaxi. Gli abitanti sono esausti delle continue angherie dei ribelli che hanno istituto dei posti di blocco al solo scopo di taglieggiare quotidianamente la popolazione, già priva di tutto” riferisce il vescovo. “Si è creata una situazione incendiaria perché davanti alla barricata degli abitanti del quartiere, armati di machete, si sono radunati gli uomini di Seleka affiancati da diversi commercianti musulmani locali, a loro volta armati di Kalashnikov forniti in precedenza dai ribelli” afferma il vescovo. “Avvertito dal parroco del quartiere ho inviato i due miei vicari con indosso la toga bianca per cercare di calmare gli animi, e abbiamo chiesto all’Iman e al rappresentante dei giovani musulmani di aiutarci a riportare la pace” dice mons. Aguirre. “Il vero problema non è uno scontro di religione, cristiani contro musulmani, ma sono i continui abusi nei confronti della popolazione da parte dei ribelli” sottolinea mons. Aguirre. “Quello che sta accadendo in questo momento a Bangassou avviene anche in altre città del Centrafrica perché la popolazione è veramente esasperata di essere derubata ogni giorno dai ribelli di Seleka”conclude il vescovo. (R.P.)







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