40 senatori Pdl pronti a votare la fiducia a Letta. Interviste a Savarese e Bevilacqua
Oggi il Governo italiano porrà comunque la questione di fiducia in modo che ogni scelta
avvenga in Parlamento alla luce del sole. Lo ha detto il ministro per i Rapporti con
il Parlamento, Dario Franceschini, al termine di una intensa giornata politica. Forti
le tensioni all’interno del Pdl con Alfano che invita il partito a votare la fiducia,
mentre Berlusconi in una lettera a Tempi, di cui sono state diffuse anticipazioni,
dice: "pur comprendendo tutti i rischi che mi assumo, ho scelto di porre un termine
al governo Letta". Il servizio di Debora Donnini: Giornata politica
convulsa alla vigilia della fiducia al governo Letta. Nel Pdl si cerca di evitare
la scissione dei moderati contrari a sfiduciare Letta. Nonostante gli incontri e il
faccia a faccia con Berlusconi, nel pomeriggio Alfano lancia un ultimatum dicendosi
fermamente convinto che tutto il partito debba votare la fiducia a Letta. Già prima,
il senatore Giovanardi aveva affermato: siamo più di 40 e siamo fermi nel voler mantenere
l’equilibrio di governo. Ma in una lettera al settimanale Tempi, in uscita il 3 ottobre,
Berlusconi ribadisce la fine del sostegno all’esecutivo. "Ho scelto la via del ritorno
al giudizio del popolo - dice - non per i 'miei guai giudiziari' ma perché' si è
nettamente evidenziata la realtà di un governo radicalmente ostile al suo stesso compagno
di cosiddette larghe intese". Berlusconi parla di "un governo che non vuole una forza
organizzata di centrodestra in grado di riequilibrarne la sua linea ondivaga e subalterna
ai soliti poteri interni e internazionali". Quella di oggi è stata una giornata fitta
di incontri per il premier Letta che, ricevuto il pieno sostegno del Pd, in mattinata
ha visto il presidente Napolitano. Si è configurato con il presidente del Consiglio
- dice una nota del Quirinale - il percorso più lineare per un impegno non precario
di sviluppo dell'azione di governo fino al 2014. Quindi Letta ha pranzato a Palazzo
Chigi con il sindaco di Firenze Renzi, ottenendo da lui il via libera al tentativo
di formare un governo con l'appoggio dei dissidenti del Pdl. Dall’estero arrivano
intanto espressioni di sostegno a Letta. Il presidente del Parlamento europeo, Schulz,
parla di "enormi turbolenze politiche e sui mercati" se il governo cadrà e chiede
ai parlamentari di sostenerlo per responsabilità verso l’Europa . E alla luce dell’ipotesi
che il governo Letta possa continuare, volano le borse con Milano che chiude a oltre
il 3%. Stamattina il quotidiano Avvenire parlava di “uno psicodramma politico–istituzionale
di cui non si riesce ad intravedere l’esito”. Adriana Masotti ne ha parlato
con Paolo Savarese, ordinario di Filosofia del diritto alla Facoltà di Scienze
politiche dell'Università di Teramo: R. - Come tutti,
sono disorientato. La mia impressione è che stiano maturando sempre di più dei nodi
di lungo periodo - spesso ci si riferisce all’inizio della Seconda Repubblica, ma
forse sono dei nodi che risalgono ancora a ciò che è accaduto in Europa con la caduta
del Muro - per cui sia nella destra che nella sinistra si sarebbe imposta la necessità
di rivedere profondamente la propria cultura politica, istituzionale, amministrativa;
invece, tutti sono rimasti prigionieri di logiche precedenti. Poi le cose si sono
in qualche modo nascoste, ma si tratta di nodi antichi e incancreniti. Alla fine è
come quando una persona contrae una malattia, se non la cura in tempo poi …
D.
- In effetti in Italia vediamo che è estremamente difficile, se non impossibile, fare
ciò che in altri Paesi europei si fa, cioè mettere insieme, in certi momenti, le varie
espressioni politiche per lavorare per il bene comune. È un caso un po’ particolare
l’Italia in questo …
R. - In Italia manca il riconoscimento tra le parti come
parti politiche in un unico sistema dove al centro c’è il “bene comune”. Però è la
nozione stessa di “bene comune” che è frammentata e non è condivisa. Questo è un vulnus
profondo di tutto il sistema politico. E quando parlo di sistema politico non mi riferisco
al sistema formale, di rappresentanza o di gestione dei problemi, parlo dell’autoconsapevolezza
da parte di tutto il nostro Paese riguardo ai problemi politici. Per cui una parte
non riconosce all’altra la cittadinanza culturale e viceversa. Su questo ci dovremmo
mettere la mano sulla coscienza tutti, a cominciare dagli opinion maker, cioè
i grandi giornali e tutti coloro che hanno un effettivo influsso sull’opinione diffusa.
D.
- Forse un segno di questa miopia, di questo vivere alla giornata, calcolando il successo
immediato, è anche la richiesta di andare subito al voto sia di chi oggi vuole la
caduta del governo, sia di chi questo governo non lo ha mai sostenuto, come il Movimento
Cinque Stelle … Serviranno nuovi elezioni a fare chiarezza oppure - appunto - ci vorrebbe
questa profonda riflessione che lei dice?
R. - Di per sé, in un sistema sano,
le elezioni sono comunque il momento in cui viene esercitata la sovranità popolare.
Nella situazione attuale, le elezioni rischiano di spostare alcuni pesi parlamentari
e quindi poi la possibilità di formare un governo. Però i nodi di fondo ad un certo
punto andrebbero affrontati.
D. - Ecco, ma c’è qualcosa che potrebbe favorire
questo ripensamento?
R. - Sono cose che - appunto - richiederebbero una revisione
della cultura politica dell’una e dell’altra parte. Prima accennavamo al bene comune;
il bene comune può essere inteso come la buona distribuzione di tutte le parti del
sistema politico affinché questo funzioni, e questo è un livello. Ma c’è un livello
più profondo laddove si condivide la visione dell’uomo e dello spazio politico in
cui si prendono decisioni comuni. Il vero problema sarà proprio tra questi due livelli.
Il secondo livello è posto fuori dalla riflessione attuale. Ed è su questo che bisognerebbe
tornare! E qui il pensiero sociale della Chiesa avrebbe molto da dire, filosoficamente,
non nelle applicazioni contingenti. Quando incontro un’altra persona, non devo subito
pensare al modo per non litigarci, devo guardarla come qualcuno con il quale posso
condividere qualcosa di profondo, che ha un senso, e che consente anche di affrontare
i punti di disaccordo, di conflitto, perché no... Questo andrebbe riportato al livello
di consapevolezza comune. È un livello più profondo, in cui le persone si mettono
in gioco e si riconoscono a tutti i livelli, dalle istituzioni fino all’incontro per
strada con gli altri.
D. - L’Osservatore Romano ieri titolava un suo articolo:
“L’Italia costretta ad una nuova crisi politica”. Questa parola “costretta” colpisce,
perché indica qualcosa che si subisce in un momento economicamente e socialmente cruciale
…
R. – Penso che il Paese la viva un po’ come una cosa subita. Di fronte a
problemi che sono sempre più duri, veramente terribili, rispetto ai quali spesso la
politica dà delle soluzioni che aggravano il problema stesso, ci troviamo - come dire
- ad un gioco di tattiche incrociate che è un po’ disorientante. Però, la parte responsabile
non è solo una!
Intanto è scattato l’aumento dell’Iva, al 22%, che avrà un
effetto superiore ai 200 euro l'anno per ogni famiglia italiana. Queste le stime dell'Osservatorio
nazionale Federconsumatori. Alessandro Guarasci ha sentito l’esperto di questioni
fiscali Nunzio Bevilacqua:
R. – L’aumento
dell’aliquota ordinaria Iva porterà ad un gettito sicuramente molto inferiore alle
attese e questo a causa di una fragilità della domanda oggi non solo delle classi
meno agiate, ma anche – purtroppo – di tutta la classe media, che forma una grande
parte dei consumi italiani. A diminuire oggi non sono solamente i consumi in termini
quantitativi, ma purtroppo anche quelli qualitativi, comportando anche un grave danno
per il Made in Italy. Inoltre molte imprese in difficoltà potrebbero diventare oggi,
a causa di questo aumento dell’Iva e la diminuzione dei consumi, dei target per investimenti
esteri di breve periodo, i quali non sarebbero di alcun aiuto né al comparto industriale,
né tantomeno al Paese.
D. – La mancanza di una stabilità politica non invoglia
certo gli investitori stranieri a intervenire in Italia. E’ questo uno dei nodi fondamentali
in questo momento per il sistema, secondo lei?
R. – Certamente. La sola apertura
della crisi rischia di portare da subito ad una inversione di direzione di quegli
investimenti esteri del nostro Paese allettati, in un primo tempo, anche del Piano
“Destinazione Italia”. Gli investitori stranieri, infatti, sono molto oculati nel
selezionare il Paese su cui scommettere nel medio e lungo periodo e attendono spesso
un periodo di rodaggio delle normative innovative per vagliarne in concreto il funzionamento
collegato alla stabilità non solo applicativa, ma anche politica.
D. – Stamattina
i tassi d'interesse erano in rialzo. Lei pensa che in questo modo bisognerà rivedere
anche gli obiettivi di bilancio, se alla lunga i tassi dovessero tornare a salire?
R.
– Io non credo che ci troviamo nella situazione di due anni. La situazione di oggi
è, infatti, molto diversa, in quanto i tre scudi è un tendenziale aumento comunque
della crescita, almeno a livello europeo, oltre alla liquidità iniettata dalla Fed,
ci portano a dire che siamo in una situazione molto migliore rispetto a quella di
due anni fa. Però certo che un’instabilità protratta potrebbe comunque comportare
nell’arco di un mese, due mesi a rivedere determinati parametri.