Il card. Sepe: chi inquina è contro Dio e non può ricevere i Sacramenti
“Chi attenta alla vita degli altri inquinando non può fare la comunione”. Il duro
monito del card. Crescenzio Sepe, arcivescovo di Napoli, è arrivato domenica
a margine del vertice, nella città partenopea, sugli sversamenti e sui roghi di rifiuti
tossici in Campania. Il porporato, alla presenza del Capo dello Stato, Giorgio Napolitano,
ha anche denunciato con forza le troppe connivenze che per anni hanno coperto un disegno
criminoso e malavitoso che sta provocando migliaia di morti, molti dei quali bambini.
Federico Piana lo ha intervistato:
R. – Chi inquina
commette un delitto, innanzitutto nei riguardi di Colui che è il creatore. La Creazione
è una creatura di Dio e quindi violentare, stuprare questa creatura di Dio è un delitto
proprio contro Dio. È un attentato alla salute degli altri, un attentato al benessere
della società, della comunità. È quasi come un condannare a morte tutti quelli che
dovrebbero, o potrebbero usufruire dei prodotti di questa terra che invece viene inquinata.
D.
– Sono molte le persone nel napoletano che purtroppo hanno un male derivante da questo
sciacallaggio continuo della terra…
R. – Le statistiche purtroppo danno una
conferma agghiacciante: lo sviluppo di tumori, la nascita di bambini con mali incurabili…
Tutto questo è contro l’uomo, la sua dignità e la sua libertà. Chi fa queste cose
è chiaro che non può sentirsi veramente cristiano. Se non si confessa, se non riconosce
il danno causato non può stare in comunione con Dio, non può ricevere i Sacramenti
di Dio.
D. – Secondo lei, come è potuto accadere tutto questo?
R. –
Intanto, bisogna dire che tutto questo è frutto dell’egoismo dell’uomo, della sete
di denaro e di possesso. Questi veleni sono stati sversati ma non provenivano tutti
dalla Campania, molti anche dal Nord. È più che probabile che dietro ci sia un’azione
di malavitosi, di camorristi che hanno visto in questo un guadagno illimitato. Certamente,
i tanti che avrebbero dovuto sorvegliare, che avrebbero dovuto capire che si stava
commettendo un delitto e che forse sono rimasti in silenzio, hanno chiuso un occhio
e non hanno voluto approfondire la questione: tutti loro sono coinvolti in questa
azione criminosa e malavitosa.
D. – Secondo lei, cosa serve a questo punto
per uscire da questa situazione?
R. – La realtà è molto più drammatica di quello
che si pensa, o alle volte si possa scrivere. Naturalmente, bisogna fare qualcosa
e credo che sia ormai entrato nella coscienza di tutti – a cominciare dalle istituzioni
– che non si può rimanere in uno stato così “velenoso” come quello delle nostre inquinate.
È necessario innanzitutto un risanamento di queste terre. Bisogna poi cercare di impedire
che vengano ancora accesi roghi con i rifiuti, inquinando così ancora di più l’aria.
Le fabbriche tentano alle volte di incendiare questi rifiuti, perché per loro è più
facile dargli fuoco che mettersi in regola per sversarli dove sarebbe opportuno. Quindi,
c’è un coinvolgimento un po' di tutti.