Berlusconi: esperienza di governo finita. Mons. Bregantini esprime "grande amarezza"
In Italia domani il premier Letta sarà prima al Senato e poi alla Camera per riferire
sulla crisi. Il voto di fiducia non è scontato. Il quotidiano della Santa Sede "L'osservatore
Romano" definisce la crisi "irresponsabile non solo per l'economia". Sempre ieri Letta
ha ricevuto i ministri del Pdl che hanno dato le dimissioni, ma Alfano, Quagliariello,
Lorenzin, De Girolamo e Lupi hanno mostrato forti perplessità sul metodo che ha portato
a questo passo. Ma nel pomeriggio Berlusconi rilancia: approvare i provvedimenti economici
ed andare al voto, la nostra esperienza di governo è finita. Il Pd risponde: basta
ricatti. Giampiero Guadagni
Appuntamento mercoledì. Di mattina al Senato, nel pomeriggio alla Camera.
Probabile ma non scontato il voto di fiducia. Tra 48 ore, comunque, sapremo se l'Esecutivo
delle larghe intese è in grado o no di andare avanti. Non intendo governare a tutti
i costi, fa sapere Letta. Intanto nel Pdl è in atto un terremoto politico. I ministri
Alfano, De Girolamo, Lorenzin, Lupi e Quagliariello confermano le loro dimissioni
irrevocabili, ma si dissociano dalla deriva estremista della rinata Forza Italia.
E replicano con durezza ad un attacco a loro diretto dal direttore de Il Giornale,
il quotidiano di proprietà della famiglia Berlusconi. “Non abbiamo paura. Se il metodo
Boffo ha forse funzionato con qualcuno, non funzionerà con noi”. Stasera faccia a
faccia con Berlusconi. L'ex premier prova a ridimensionare il dissenso esploso. E
traccia una road map: in una settimana votiamo la cancellazione della rata Imu, la
legge di stabilità purché non aumenti la pressione fiscale e la cancellazione dell'Iva.
Poi torniamo al voto e vinceremo. Punta dritto alle elezioni immediate anche Beppe
Grillo. Non le auspica ma neppure le teme il Pd. D'altra parte Napolitano ribadisce
di non voler sciogliere le Camere e che si tornerà alle urne solo in assenza di una
alternativa.
Sulla situazione politica nel Paese, Amedeo Lomonaco
ha intervistato mons. Giancarlo Maria Bregantini, arcivescovo
di Campobasso-Bojano e presidente della Commissione episcopale per i problemi sociali
e il lavoro:
R. – E’ un momento
di grande amarezza e di grande confusione. Il brano del profeta Amos di ieri, nelle
letture della Messa, ci ha messo davanti a chi non si prende cura della storia del
Paese, non si cura del cammino del popolo. Credo che si debba elevare molto la nostra
voce di amarezza, di sconcerto e si debba veramente avere nel cuore un’attenzione
al Paese intero, non al singolo o alle singole collettività.
D. – L’Italia
sembra ancora un Paese non maturo per esecutivi di larghe intese...
R. – Era
prevedibile, ma non era questo il problema, perché l’intesa c’era. E anche le dimensioni
sostanzialmente comuni si sarebbe riusciti anche a trovarle. Anzi, è ammirabile, secondo
me, il cammino di omogeneizzazione compiuto dalla figura del presidente del Consiglio
Letta. Temo che il problema non sia perciò l’armonizzare, ma il rinunciare alle proprie
personali visioni, di gruppo o di persona, per il bene di tutti.
D. – Per evitare
che si arrivi un’altra volta, dopo il voto, ad un governo di larghe intese, il premier
Letta ha detto che “è necessaria una nuova legge elettorale”. Questa è una priorità
per il premier...
R. – Certo, l’abbiamo invocata come cattolici a Reggio Calabria
tre anni fa esattamente. Più che indispensabile, è doveroso fare questo passaggio
anche se faticoso, ma nella logica di una grande partecipazione di base, in modo tale
che ancora una volta sia data voce ai cittadini, sia favorita la partecipazione della
gente, la scelta dei candidati, superando quella barriera posta dai partiti. E’ necessario
tornare alle proposte che i cattolici hanno fatto a Reggio Calabria nell’ottobre del
2010.
D. – Il premier Letta ha affermato che la situazione politica italiana
gli ricorda il film “Ricomincio da capo”, nel quale il protagonista rivive sempre
la stessa giornata. Uno dei nodi critici, negli ultimi 20 anni, è forse proprio la
mancanza di dinamicità, cioè lo spartito politico sembra suonare sempre la stessa
musica...
R. – Purtroppo sì, perché a nostro giudizio, come mondo cattolico
- anche con tante riflessioni specie nella Settimana Sociale della Chiesa di Torino
- è necessario che il mondo politico si confronti con i problemi, i drammi, le angosce
e le lacrime, soprattutto dei giovani. Senza questo riferimento alla sofferenza dei
giovani, come voce più fragile di tutte, quella più esigente, il mondo politico lavorerà
per conto suo o camminerà per conto suo e la gente resterà nel buio. E’ necessario
che dalla sofferenza, come ci sta insegnando Papa Francesco, possa venire fuori una
proposta, che proprio i problemi siano la fonte di soluzioni di essi. Questo grande
ascolto, la pastorale dell’orecchio, come ci ricorda il Papa. Questo è il modo autentico,
anche per rinnovare la legge elettorale. Ed è in fondo quello che i cattolici hanno
fatto con la Settimana sociale: ascoltarci ed ascoltare.
D. – La crisi di governo
può rigettare ancora una volta l’Italia nelle inquietudini, nelle incertezze del mercato.
Il pericolo è che le recenti politiche di austerity, l'aumento dell’Iva, i sacrifici
dei cittadini italiani siano in parte compromessi dalla mancanza proprio di stabilità...
R.
– E’ tristemente vero. Come vescovo incaricato della pastorale del lavoro, sento veramente
l’angoscia nel cuore. E’ un momento veramente negativo. Abbiamo il dovere di prendere
in mano il nostro coraggio e la nostra identità di popolo e salvare, il più possibile,
il bene di tutti; fermare questa crisi al buio, che non porterà a nessun giovamento
e soprattutto fermerà tutta una serie di provvedimenti almeno abbozzati, che si stavano
già delineando. Perciò “no” alla crisi, “sì” alla stabilizzazione, “sì” al coraggio,
“sì” al futuro.