Nuovo progetto del Cuamm per sconfiggere l’Aids in Uganda
Eliminare il virus Hiv da madre a figlio: è il progetto lanciato nei giorni scorsi
a Morilinga, nella regione ugandese della Karamoja, da Medici con l’Africa-Cuamm.
Partner principale dell’intervento è l’Unicef. Nella Karamoja, l’area più povera dell’Uganda,
ogni anno oltre 1500 donne contraggono l’Aids. Su questo progetto e i suoi possibili
sviluppi, Alessandro Gisotti ha intervistato il dott. Giovanni Putoto,
responsabile della programmazione del Cuamm:
R. – Si tratta
di eliminare entro il 2015 la trasmissione del virus dell’Aids dalle donne incinte
al loro feto, al loro bambino. E’ una sfida grande, perché si tratta di assicurare
i servizi sanitari, soprattutto le visite prenatali, testare queste donne per l’Hiv,
quelle curare subito quelle che sono sieropositive con la terapia, il prima possibile
e in maniera continuativa nel tempo, affinché possano partorire questi figli, senza
che questi abbiano il virus trasmesso dalla madre durante la gravidanza. Questo è
un progetto molto importante, che è stato lanciato in una regione, quella della Karamoja,
che è la più arretrata di tutto il Paese, dove abitano un milione e 400 mila persone.
Considerate le migliaia di donne che sono coinvolte.
D. – Lei proprio nei
giorni scorsi era nella regione della Karamoja, in Uganda, che cosa l’ha colpita?
R.
– L’evento è stato molto importante e ha partecipato – era la madrina dell’evento
– la prima dama, la first lady dell’Uganda. Le vere protagoniste, però, sono state
le donne di due categorie. Ci sono state testimonianze di donne mamme sieropositive,
che hanno comunicato a tutti il motivo che le ha spinte a farsi esaminare, ad accedere
ai servizi e ad utilizzarli, essendo responsabili e consapevoli di questa vita che
portavano nel loro grembo e che volevano tutelare. L’altra grande testimonianza è
venuta dalle donne operatrici della salute e, quindi, dalle ostetriche locali, quelle
incaricate poi di avere un dialogo costruttivo con queste donne, di seguirle e seguirle
nel tempo. L’85 per cento delle donne partorisce a casa, con grandi rischi per quanto
riguarda la sicurezza del parto, specie quando ci sono le complicanze materne, ma
anche con rischi per quanto riguarda il neonato.
D. – Papa Francesco non si
stanca di ripetere che bisogna andare nelle periferie. E’ quello che fa il Cuamm,
Medici con l’Africa, da sempre. Vi sentite anche un po’ in fondo incoraggiati nella
vostra missione, che va avanti nelle periferie?
R. – Assolutamente. Noi siamo
grati alla Chiesa e anche al Signore, che ci ha dato questi Papi, in particolare adesso
Papa Francesco. Noi abbiamo sposato “L’ultimo miglio”, il grande programma “Prima
le mamme e i bambini”, che gioca tutti i suoi sforzi nel proteggere la vita dal suo
concepimento, fornendo i servizi essenziali e formando il personale negli ultimi posti
della terra, all’ultimo miglio, dove lo Stato locale o le agenzie internazionali fanno
fatica ad arrivare. La gente semplice sa quali sono le cose che contano nella vita.
Un parto assistito e sicuro, che protegge la madre e il figlio, anche dall’Hiv, ne
è una prova tangibile.