Usa: riserve dei vescovi sui nuovi regolamenti sanitari che limitano la libertà di
coscienza
I vescovi degli Stati Uniti continuano a mantenere alta la pressione sulle autorità
affinché siano preservati il diritto alla vita e alla libertà di coscienza. In una
recente lettera alla Commissione amministrativa della Conferenza episcopale (Usccb),
il presidente dei vescovi, il card. Timothy Michael Dolan, riafferma infatti la necessità
di garantire agli operatori delle istituzioni e organizzazioni cattoliche la piena
libertà di azione secondo i propri principi morali e religiosi nell’applicazione dei
regolamenti sanitari (le “Hhs rules”) che l’Amministrazione Obama ha introdotto nell’ambito
della riforma sanitaria , l“Affordable Care Act”. Come è noto, a suscitare le obiezioni
dell’episcopato, ma anche di altri gruppi religiosi, sono alcune disposizioni in
materia di aborto e contraccettivi che impongono limitazioni all’obiezione di coscienza
di coloro che si oppongono all’aborto e alla contraccezione. In pratica, nonostante
alcune parziali modifiche introdotte nel 2012, migliaia di ospedali, cliniche, università
o opere caritative, si trovano tuttora costrette alla difficile scelta tra il rispetto
delle linee guida, violando dunque i loro principi, e la chiusura. Nella lettera,
citata dall’Osservatore Romano, il cardinale Dolan ribadisce ancora una volta “la
determinazione a continuare a difendere il nostro diritto a vivere secondo la nostra
fede e il nostro dovere di servire i poveri, guarire i malati, mantenendo i nostri
apostolati in maniera forte e fedele, assicurando il nostro popolo”. I regolamenti
sanitari, ricorda il presidente della Usccb, “richiedono a tutti i datori di lavoro
di agevolare l’accesso alla sterilizzazione e alla contraccezione, così come ai farmaci
e dispositivi che possono causare l’aborto, violando così principi religiosi profondamente
radicati”. Nonostante “le gravi preoccupazioni espresse dai credenti di molte fedi,
, aggiunge la nota, l’Amministrazione federale ha portato solo piccole modifiche e
i regolamenti soffrono ancora degli stessi problemi”. La lettera cita in particolare
la questione della definizione troppo restrittiva di “datore di lavoro religioso”
che di fatto escluderebbe dall’osservanza dei regolamenti soltanto le strutture che
si avvalgono esclusivamente di dipendenti affiliati al proprio credo o che offrono
servizi rivolti principalmente a servire persone affiliate alla propria religione.(A
cura di Lisa Zengarini)