Siria. Assad torna a parlare: "Esiste ancora la possibilità che gli Usa attacchino
Damasco”
Il presidente siriano Assad torna a parlare. Lo fa in un’intervista all’emittente
venezuelana Telesur, sottolineando che esiste ancora “la possibilità che gli Stati
Uniti lancino un attacco contro Damasco”. “La Siria – aggiunge poi Assad – ribadisce
il suo impegno rispetto all'iniziativa firmata da Usa e Russia sulle armi chimiche
e ritiene che non ci siano ostacoli per la sua implementazione”. Sulla posizione assunta
dal numero uno di Damasco, Massimiliano Menichetti ha intervistato Maurizio
Simoncelli, di Archivio Disarmo:
R. - Certamente
la posizione di Assad in questo momento è una posizione "di forza”, perché ha messo
in difficoltà tutto il fronte che spingeva per un intervento armato immediato, anche
al di là dei risultati dell’ispezione delle Nazioni Unite. Mettendo a disposizione
il territorio per le ispezioni, rendendosi disponibile a consegnare alla Comunità
internazionale l’arsenale chimico, Assad si trova in una “botte di ferro”: ha dimostrato
una disponibilità che praticamente impedisce, a chi voleva intervenire militarmente,
un’azione di questo genere.
D. – In questo contesto Assad torna a ribadire
che ancora c’è il rischio di un attacco militare americano. Che valore hanno queste
dichiarazioni?
R. – Sicuramente all’interno degli Stati Uniti ed anche altrove
ci sono forze che spingono per un intervento disarmato. Il presidente francese Hollande
riteneva necessario fare questo intervento anche per segnalare a Teheran che gli occidentali
non scherzavano e che sono pronti ad usare le armi. Quindi, stiamo andando addirittura
verso un altro scacchiere e verso un’altra problematica ovvero quella del nucleare
iraniano. Certamente, all’interno degli Stati Uniti ci sono anche forze politiche
che spingono invece verso un intervento del genere, considerando che Obama nonostante
tutto ha mostrato in questi anni di essere molto titubante. Per cui, le parole di
Assad non cadono nel vuoto ed effettivamente rispecchiano una situazione molto complessa
sia a livello statunitense, sia a livello internazionale.
D. – A livello Onu
si continua a lavorare alla risoluzione per la messa al bando delle armi chimiche
in Siria. Nel frattempo, anche il presidente iraniano Rohani ha detto che prenderà
parte alla conferenza di pace Ginevra 2. E’ un ruolo importante quello dell’Iran?
R.
– Ci auguriamo che questo avvenga: da parte della nuova dirigenza politica iraniana
ci sono persone che mostrano una disponibilità ed una capacità diplomatica che non
ha nulla a che fare con il precedente Ahmadinejad. Quindi, da questo punto di vista
le esperienze passate, le trattative che l’Unione Europea a suo tempo aveva avviato
proprio con Rohani hanno portato a dei risultati. Rohani ha detto nuovamente che il
nucleare iraniano è a scopo civile e questo rientra perfettamente nel Trattato di
non proliferazione nucleare che l’Iran ha firmato. Le voci che circolano–
bisognerà infatti capire esattamente questa misteriosa intervista della Cnn in cui
è stato affermato da parte di Rohani che l’Olocausto è stato una tragedia, che ha
tra l’altro poi smentito – sono comunque segnali che potrebbero prospettare una ripresa
dei colloqui. Quindi, teoricamente, le premesse ci potrebbero essere.
D. –
Ci potrebbero essere tensioni rispetto alla posizione politica di Rohani, magari diversa
da quella dell’Ayatollah Kamenei?
R. – Certamente, all’interno dell’Iran ci
sono posizioni più diplomatiche, più disponibili ad un accordo e posizioni più intransigenti.
Non dimentichiamo che il precedente governo aveva posizioni molto molto più dure e
rappresentava una parte dell’establishment iraniano. Quindi, non ci dovrebbe sorprendere
se ci fosse anche un gioco di questo genere all’interno dello stesso Iran e quindi
tra fazioni che invece si scontrano ancora una volta - nonostante Rohani al governo
- e che cercano comunque di mettere i bastoni tra le ruote al tentativo di dialogo
e di distensione a livello internazionale.