2013-09-26 14:12:43

Sierra Leone. Confermata la condanna del presidente liberiano Taylor per crimini contro l'umanità


La Corte speciale delle Nazioni Unite per la Sierra Leone, con sede all'Aja, ha confermato in appello la condanna a 50 anni di carcere per l’ex presidente liberiano Charles Taylor, colpevole di crimini contro l’umanità commessi proprio in Sierra Leone durante la guerra civile, durata dal 1991 al 2002. Le responsabilità riconosciute a Taylor sono di aver reclutato bambini soldato, torturato, ucciso e aver garantito rifornimenti di armi ai ribelli facendosi pagare con i tristemente conosciuti “diamanti di sangue”. Davide Pagnanelli ha chiesto a mons. Giorgio Biguzzi, vescovo di Makeni all’epoca dei fatti, quale fosse il ruolo di Charles Taylor:RealAudioMP3

R. – Era un ruolo di supporto ai combattenti, anzitutto perché l’incursione in Sierra Leone è partita con un gruppo che si riteneva sostenuto dalla Liberia. Quando questo gruppo di ribelli era in possesso di una quantità enorme di armi, ci si è chiesti come venissero finanziate. Una delle prime aree occupate da tali combattenti era quella delle zone diamantifere: quindi si è tirata la conclusione che venissero passati diamanti in cambio di armi. Quando poi sono state pubblicate le statistiche di quanti diamanti la Liberia esportasse, ci si è accorti che era una quantità molto superiore alle possibilità della Liberia. Era chiaro allora che venissero da altrove, da altri territori. Questo è stato accertato dalla Corte: c’è stato un ruolo attivo da parte del presidente della Liberia Taylor nel fomentare la guerra in Sierra Leone, con i crimini che sono stati commessi.

D. – Come si mosse la Chiesa per rispondere a questa situazione?

R. – La Chiesa è sempre stata parte integrante del tessuto sociale della Sierra Leone, attraverso ovviamente le opere educative e assistenziali. In quel momento, i vescovi hanno scritto lettere per la pace e contro le violenze. La Chiesa è sempre stata molto coinvolta a livello anche locale, attraverso i catechisti, attraverso i sacerdoti, attraverso i missionari nell’assistenza ai bambini soldato, agli emigrati interni, a quelli che hanno dovuto poi scappar via nella vicina Guinea. Dopo c’è stato tutto il processo di riconciliazione attraverso il Consiglio interreligioso: era ovvio che la Chiesa fosse molto presente.

D. – Qual è, invece, la situazione della Sierra Leone oggi?

R. – La pacificazione è avvenuta. I bambini soldato ovviamente sono cresciuti e reinseriti nella società, ci sono state le elezioni, che sono state pacifiche. La situazione oggigiorno è di pace e di sicurezza nazionale. C’è molto sviluppo delle infrastrutture, ci sono investimenti stranieri. La nazione sta marciando. Il progresso continua e, quando si guarda alla nazione, sembra di essere in un cantiere aperto, da un confine all’altro del Paese. La Chiesa continua la propria missione evangelizzatrice, perché non sia conosciuta come una ong e su questo Papa Francesco ci ha messo in guardia. La Chiesa è comunque ancora molto radicata.







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