2013-09-26 16:12:26

Politica e Tv, a picco i talk show. Barberio: sono lontani dal Paese reale e creano guasti culturali


Politica e Tv: dibattito aperto in Italia - in apertura della nuova stagione televisiva d’autunno - sull’insuccesso dei talk show, che in prima e in seconda serata stanno raccogliendo ascolti molto bassi. Roberta Gisotti ha intervistato Raffaele Barberio, fondatore e direttore del Sito web dedicato alla comunicazione “Key4biz”: RealAudioMP3

D. - Barberio è la crisi della Tv generalista che sta affossando la politica o è e la crisi della politica italiana che sta risucchiando nel vortice del dissenso popolare la Tv che se ne fa specchio?

R. - Sono due fenomeni che si trovano ad essere sovrapposti e, in un certo senso, in questo disastro di percezione si rafforzano a vicenda cercando di tirare sott’acqua sia il pubblico che il cittadino. La Tv è stanca, è logora. Non ha molte cose da dire, non è più attenta al Paese, non intercetta quello che il Paese esprime, e la stessa cosa fa la politica. È una politica che corre su un binario parallelo, completamente schizofrenica rispetto al Paese reale. Poi c’è il Paese reale, che guarda alla politica e guarda alla Tv: è un Paese in sofferenza e in difficoltà, e ancor più in difficoltà perché è privo di interlocutori ed avverte di essere privo di rappresentanti. Quindi è una situazione particolarmente difficile. Credo che tutti quanti noi, tutti, ciascuno di noi nel proprio ruolo abbia il dovere di fare la sua parte.

D. - Ecco, c’è un altro aspetto. Un tempo in pochi abbiamo gridato allo scandalo di fronte alla spettacolarizzazione della politica piegata ai tempi televisivi e sottomessa alle regole dell’audience. Forse è tempo che la politica torni a conquistare credibilità nelle sedi opportune e la Tv torni ad intrattenere, a divertire ed informare, distinguendo i generi ed adattandoli - possiamo dire - ai tempi della multimedialità?

R. - Facciamo una prima considerazione. Perché tutte le Tv si sono buttate sul format del talk show? Perché - si dice - costa poco. E in questo periodo di ‘stagione magra’ costa molto di più fare lo show, costa molto di più acquistare i diritti di un film … Ma questo argomento ha veramente le gambe corte, perché si potrebbero fare tante cose che costano poco come i talk show, ma non si fanno. Quindi il problema è capire perché ciò avviene. Allora guardiamo gli elementi che costituiscono la catena: anzitutto abbiamo i giornalisti, sono i padroni di casa. Hanno i loro ospiti, scelti in base a criteri dettati spesso dalla litigiosità della persona invitata; si è capito che la rissa fa audience, che al pubblico - in qualche modo - piacerebbe vedere scorrere il sangue del litigio durante la trasmissione. Poi, in effetti, il pubblico scompare e allora viene fuori che anche il pubblico, in un certo senso, si è disaffezionato completamene al fenomeno. Il problema è che i giornalisti non fanno i padroni di casa in rappresentanza del loro pubblico; fanno da spalla, un po’ come l'onorevole Trombetta che nello scompartimento del treno fa da spalla a Totò. Quindi sono dei convitati che non danno un contributo, un valore aggiunto al confronto con l’ospite, il quale non si sente per nulla messo sotto i raggi x e quindi obbligato a dare il meglio di sé al giornalista e al pubblico che segue la trasmissione, ma sanno di avere lì un amico il cui compito è quello di fare da ponte con una certa dose di complicità verso il pubblico. Quindi il ruolo dei giornalisti è veramente disdicevole e in qualche modo da criticare. Parliamo poi degli argomenti. Gli argomenti sono tutti logori! Ormai si parla sempre delle stesse cose! Ma questo non è soltanto un argomento che riguarda i talk show, vale anche per i giornali! Proviamo a levare le vicende di Berlusconi e - parallelamente - proviamo a levare le vicende legate al congresso del Pd: sembra che questo Paese non abbia alcun’altra anima. E dove sono 60 milioni di italiani che hanno ciascuno di loro tanti problemi condivisi e anche tante aspettative, progetti, e tante famiglie con tante individualità e tante emozioni? Non c’è spazio per nulla di questo! Quindi è evidente che non è un problema soltanto di difficoltà di un format, non è un aspetto tecnico! C’è un grave problema culturale di cui nessuno sembra voler prendere atto.

D. - Possiamo dire che è la rivincita di chi ha puntato l’indice contro la cosiddetta “infotainment”, ovvero quel misto di informazione e intrattenimento che poi porta ad informare solo su quello che fa audience, purtroppo questo vale anche per i Tg …

R. - Il punto è che qui non c’è più l’intrattenimento. I talk show ormai si caratterizzano per il livello di rissosità ed è indubbio - e questo lo sanno anche i telespettatori - che alcuni giornalisti invitano specificamente questo o quell’ospite su versanti opposti sapendo e sperando che prima o poi scatti la provocazione e quindi la rissa. Siamo ormai abituati all’ospite che si stacca il microfono dalla cravatta o dal tailleur e corre via guadagnando l’uscita in modo stizzoso … Il punto è che la rissosità nei programmi televisivi fa dei guasti culturali incalcolabili! Uno show di intrattenimento dovrebbe essere un show che intrattiene il pubblico, che fa comprendere degli argomenti, che fa approfondire, che dà l’opportunità all’ospite di dire la sua, se ha qualcosa da dire. Ma quando c’è la rissa, afferma un principio fondamentale: si possono violare le regole del gioco, ovvero dell’intrattenimento e dell’interlocuzione con un’altra persona che la pensa diversamente da noi. Ma se noi lasciamo affermare in modo così devastante la logica della violazione delle regole, nella rissa televisiva posso vederci l’abusivismo edilizio, l’uomo che passa con il rosso, la maleducazione per strada … perché sembra che tutto abbia diritto di cittadinanza e non venga sottoposto ad un giudizio severo di chi sta dall’altra parte. E anche qui - ripeto - c’è un grosso problema di guasto culturale che viene perpetrato e digerito ogni giorno senza che nessuno dica qualcosa.

D. - Vogliamo chiamare in causa anche una televisione alla ricerca spasmodica del massimo ascolto? Ed ecco qui il puntare alla rissosità. Vogliamo puntare l’indice contro un sistema unico di rilevamenti degli ascolti ormai obsoleto, rispetto al reale ascolto della televisione che poi viene anche fruita attraverso molti altri mezzi …

R. - Il sistema di rilevazione dell’ascolto che noi abbiamo ormai da decenni, ed è molto criticato, è un sintema di ascolto che proprio in questo caso specifico dimostra quanto sia inadeguato. Abbiamo sempre detto che la rissosità porta pubblico, che i talk show sono il formato che la gente gradisce di più. Ma perché allora da qualche tempo a questa parte diciamo che il talk show è un formato logoro …? C’è un approccio ormai schizofrenico a questa dinamica. Allora, il punto è che il formato talk show non porta più pubblico e anche le rilevazioni d’ascolto danno questo risultato. Allora, possibile che queste rilevazioni d’ascolto che si fanno, non indichino anche degli elementi di qualità attraverso le quali individuare delle linee di ricostruzione del rapporto tra televisione e pubblico? La televisione è uno strumento importantissimo nella vita di un Paese! Ma se viene usato in modo così depauperato può solo contribuire a fare ulteriori danni nell’opinione pubblica! E anche qui, un sistema di rilevazione dovrebbe essere talmente sofisticato nell’era digitale nella quale viviamo, in cui possiamo raccogliere anche il battito di ali di farfalla nell’opinione pubblica, che è veramente inconcepibile che la televisione non si sappia dotare di strumenti adeguati per capire effettivamente in quale direzione vada il Paese. Perché se comprendesse in quale direzione va il Paese, sarebbe nelle migliori condizioni per intercettare anche un filone di emozioni attraverso cui poter offrire un’offerta televisiva adeguata al Paese reale.








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