Politica e Tv, a picco i talk show. Barberio: sono lontani dal Paese reale e creano
guasti culturali
Politica e Tv: dibattito aperto in Italia - in apertura della nuova stagione televisiva
d’autunno - sull’insuccesso dei talk show, che in prima e in seconda serata stanno
raccogliendo ascolti molto bassi. Roberta Gisotti ha intervistato Raffaele
Barberio, fondatore e direttore del Sito web dedicato alla comunicazione “Key4biz”:
D. - Barberio
è la crisi della Tv generalista che sta affossando la politica o è e la crisi della
politica italiana che sta risucchiando nel vortice del dissenso popolare la Tv che
se ne fa specchio?
R. - Sono due fenomeni che si trovano ad essere sovrapposti
e, in un certo senso, in questo disastro di percezione si rafforzano a vicenda cercando
di tirare sott’acqua sia il pubblico che il cittadino. La Tv è stanca, è logora. Non
ha molte cose da dire, non è più attenta al Paese, non intercetta quello che il Paese
esprime, e la stessa cosa fa la politica. È una politica che corre su un binario parallelo,
completamente schizofrenica rispetto al Paese reale. Poi c’è il Paese reale, che guarda
alla politica e guarda alla Tv: è un Paese in sofferenza e in difficoltà, e ancor
più in difficoltà perché è privo di interlocutori ed avverte di essere privo di rappresentanti.
Quindi è una situazione particolarmente difficile. Credo che tutti quanti noi, tutti,
ciascuno di noi nel proprio ruolo abbia il dovere di fare la sua parte.
D.
- Ecco, c’è un altro aspetto. Un tempo in pochi abbiamo gridato allo scandalo di fronte
alla spettacolarizzazione della politica piegata ai tempi televisivi e sottomessa
alle regole dell’audience. Forse è tempo che la politica torni a conquistare credibilità
nelle sedi opportune e la Tv torni ad intrattenere, a divertire ed informare, distinguendo
i generi ed adattandoli - possiamo dire - ai tempi della multimedialità?
R.
- Facciamo una prima considerazione. Perché tutte le Tv si sono buttate sul format
del talk show? Perché - si dice - costa poco. E in questo periodo di ‘stagione magra’
costa molto di più fare lo show, costa molto di più acquistare i diritti di un film
… Ma questo argomento ha veramente le gambe corte, perché si potrebbero fare tante
cose che costano poco come i talk show, ma non si fanno. Quindi il problema è capire
perché ciò avviene. Allora guardiamo gli elementi che costituiscono la catena: anzitutto
abbiamo i giornalisti, sono i padroni di casa. Hanno i loro ospiti, scelti in base
a criteri dettati spesso dalla litigiosità della persona invitata; si è capito che
la rissa fa audience, che al pubblico - in qualche modo - piacerebbe vedere scorrere
il sangue del litigio durante la trasmissione. Poi, in effetti, il pubblico scompare
e allora viene fuori che anche il pubblico, in un certo senso, si è disaffezionato
completamene al fenomeno. Il problema è che i giornalisti non fanno i padroni di casa
in rappresentanza del loro pubblico; fanno da spalla, un po’ come l'onorevole Trombetta
che nello scompartimento del treno fa da spalla a Totò. Quindi sono dei convitati
che non danno un contributo, un valore aggiunto al confronto con l’ospite, il quale
non si sente per nulla messo sotto i raggi x e quindi obbligato a dare il meglio di
sé al giornalista e al pubblico che segue la trasmissione, ma sanno di avere lì un
amico il cui compito è quello di fare da ponte con una certa dose di complicità verso
il pubblico. Quindi il ruolo dei giornalisti è veramente disdicevole e in qualche
modo da criticare. Parliamo poi degli argomenti. Gli argomenti sono tutti logori!
Ormai si parla sempre delle stesse cose! Ma questo non è soltanto un argomento che
riguarda i talk show, vale anche per i giornali! Proviamo a levare le vicende di Berlusconi
e - parallelamente - proviamo a levare le vicende legate al congresso del Pd: sembra
che questo Paese non abbia alcun’altra anima. E dove sono 60 milioni di italiani che
hanno ciascuno di loro tanti problemi condivisi e anche tante aspettative, progetti,
e tante famiglie con tante individualità e tante emozioni? Non c’è spazio per nulla
di questo! Quindi è evidente che non è un problema soltanto di difficoltà di un format,
non è un aspetto tecnico! C’è un grave problema culturale di cui nessuno sembra voler
prendere atto.
D. - Possiamo dire che è la rivincita di chi ha puntato l’indice
contro la cosiddetta “infotainment”, ovvero quel misto di informazione e intrattenimento
che poi porta ad informare solo su quello che fa audience, purtroppo questo vale anche
per i Tg …
R. - Il punto è che qui non c’è più l’intrattenimento. I talk show
ormai si caratterizzano per il livello di rissosità ed è indubbio - e questo lo sanno
anche i telespettatori - che alcuni giornalisti invitano specificamente questo o quell’ospite
su versanti opposti sapendo e sperando che prima o poi scatti la provocazione e quindi
la rissa. Siamo ormai abituati all’ospite che si stacca il microfono dalla cravatta
o dal tailleur e corre via guadagnando l’uscita in modo stizzoso … Il punto è che
la rissosità nei programmi televisivi fa dei guasti culturali incalcolabili! Uno show
di intrattenimento dovrebbe essere un show che intrattiene il pubblico, che fa comprendere
degli argomenti, che fa approfondire, che dà l’opportunità all’ospite di dire la sua,
se ha qualcosa da dire. Ma quando c’è la rissa, afferma un principio fondamentale:
si possono violare le regole del gioco, ovvero dell’intrattenimento e dell’interlocuzione
con un’altra persona che la pensa diversamente da noi. Ma se noi lasciamo affermare
in modo così devastante la logica della violazione delle regole, nella rissa televisiva
posso vederci l’abusivismo edilizio, l’uomo che passa con il rosso, la maleducazione
per strada … perché sembra che tutto abbia diritto di cittadinanza e non venga sottoposto
ad un giudizio severo di chi sta dall’altra parte. E anche qui - ripeto - c’è un grosso
problema di guasto culturale che viene perpetrato e digerito ogni giorno senza che
nessuno dica qualcosa.
D. - Vogliamo chiamare in causa anche una televisione
alla ricerca spasmodica del massimo ascolto? Ed ecco qui il puntare alla rissosità.
Vogliamo puntare l’indice contro un sistema unico di rilevamenti degli ascolti ormai
obsoleto, rispetto al reale ascolto della televisione che poi viene anche fruita attraverso
molti altri mezzi …
R. - Il sistema di rilevazione dell’ascolto che noi abbiamo
ormai da decenni, ed è molto criticato, è un sintema di ascolto che proprio in questo
caso specifico dimostra quanto sia inadeguato. Abbiamo sempre detto che la rissosità
porta pubblico, che i talk show sono il formato che la gente gradisce di più. Ma perché
allora da qualche tempo a questa parte diciamo che il talk show è un formato logoro
…? C’è un approccio ormai schizofrenico a questa dinamica. Allora, il punto è che
il formato talk show non porta più pubblico e anche le rilevazioni d’ascolto danno
questo risultato. Allora, possibile che queste rilevazioni d’ascolto che si fanno,
non indichino anche degli elementi di qualità attraverso le quali individuare delle
linee di ricostruzione del rapporto tra televisione e pubblico? La televisione è uno
strumento importantissimo nella vita di un Paese! Ma se viene usato in modo così depauperato
può solo contribuire a fare ulteriori danni nell’opinione pubblica! E anche qui, un
sistema di rilevazione dovrebbe essere talmente sofisticato nell’era digitale nella
quale viviamo, in cui possiamo raccogliere anche il battito di ali di farfalla nell’opinione
pubblica, che è veramente inconcepibile che la televisione non si sappia dotare di
strumenti adeguati per capire effettivamente in quale direzione vada il Paese. Perché
se comprendesse in quale direzione va il Paese, sarebbe nelle migliori condizioni
per intercettare anche un filone di emozioni attraverso cui poter offrire un’offerta
televisiva adeguata al Paese reale.