Kenya: attacco terroristico contro una chiesa cattolica, un morto e tre feriti
Dopo la sanguinosa azione terroristica dei miliziani somali al Shabaab nel centro
commerciale Westgate di Nairobi, in Kenya nuovo grave attentato contro una chiesa
cattolica al confine con la Somalia. Un morto e tre feriti il bilancio dell’azione
armata. Da segnalare anche il raid contro un posto di polizia nel Nord-Est del Paese
da parte di un gruppo di uomini armati. Due i morti. Sul perché dell’ennesimo coinvolgimento
nelle violenze della comunità cristiana, Giancarlo La Vella ha intervistato
don Renato Sacco, di "Pax Christi Italia":
R. - Credo che,
in parte, si possa trovare una spiegazione nel fatto stesso dell’essere cristiani.
Se il cristiano fa riferimento a quel Gesù, processato, cui viene dato lo schiaffo,
prima ancora di essere messo in Croce, perché sceglie una strada di dialogo, non di
violenza e di contrapposizione, è chiaro che in una situazione così diventa più pericoloso
chi sceglie la mitezza evangelica che non la forza. Chi usa la forza, infatti, vorrebbe
che anche l’antagonista usasse la forza e la violenza. Allora il prevalere dell’integralismo,
sotto ogni forma, calpesta i più deboli. Molte volte ho visto questa sofferenza in
Iraq e adesso la vediamo in tanti altri posti: dal Pakistan a quel piccolo villaggio
in Siria, dove si parla, infatti, ancora l’aramaico antico, simbolo di una presenza
cristiana antica. Io credo che la presenza dei cristiani sia la garanzia della convivialità
delle differenze, del pluralismo, di una vita con persone diverse da te, che ti aiutano
a capire il valore stesso della vita. Le diversità fanno paura e quindi, se sono diversità
deboli e miti è facile che vengano eliminate da chi adotta la logica della violenza.
Io credo che questi siano i martiri dei nostri giorni, perché testimoniano davvero
il Vangelo, come mitezza, come coerenza con una logica evangelica, che non è quella
della “guerra contro guerra”.
D. - Non si può quindi parlare di guerra di religioni?
R.
- Mi sembra di intuire che si cavalchi a volte la religione, ma in modo subdolo. Si
usa, cioè, la religione per dei giochi di potere. Il potere, gli interessi, i conflitti
tra potenti che diventano guerre all’ultimo sangue, a volte cavalcano anche la religione,
ma la religione non c’entra, soprattutto perché la religione vera - musulmana, ebraica
o cristiana - non può mai appellarsi alla violenza e alla distruzione dell’altro.
Chi usa la religione per giustificare qualcos’altro, sa di farlo in malafede.