Il "Cortile dei Giornalisti" rilancia il dialogo con i non credenti
Si è svolto
oggi a Roma il Cortile dei Gentili dedicato ai giornalisti. Al centro dell’incontro
il dialogo tra il presidente del Pontificio Consiglio della cultura, il cardinale
Gianfranco Ravasi, e il fondatore del quotidiano La Repubblica, Eugenio
Scalfari. Il Cortile dei Gentili – lo ricordiamo – è la struttura ispirata da
Benedetto XVI e gestita dal dicastero della cultura per promuovere il dialogo tra
credenti e non credenti. “Non siamo qui per convertirci a vicenda,
ma abbiamo in comune la convinzione che le nostre posizioni diverse debbano essere
lievito per una terra che ha bisogno di essere fertilizzata”. Così, Eugenio Scalfari,
chiude la sua conversazione con il cardinale Ravasi, con il quale confessa di avere
da tempo un territorio spirituale e mentale comune. Il fondatore di Repubblica l’aveva
aperta ribadendo di essere ‘innamorato’ di Gesù, proprio da quando, in gioventù, scelse
di abbandonare la fede. Ricorda di aver praticato, forzatamente, gli Esercizi
Spirituali nella Casa del Sacro Cuore a Roma, dove trovò rifugio come renitente alla
leva fascista. “Debbo molto a quei gesuiti che mi insegnarono a ragionare” – confessa
- “ma sono innamorato dei francescani”. L’intellettuale non credente spiega così il
suo interesse per il dialogo con i cattolici e individua nella morte di Cristo in
croce il culmine dell’incarnazione e del messaggio cristiano. E’ proprio in quella
scelta di anteporre l’amore per gli altri all’egoismo Scalfari trova un messaggio
importante per una società dove “il tasso di narcisismo è diventato patologico”. Ravasi
loda Scalfari per l’intuizione e ribatte descrivendo il grido di Cristo sulla croce
– “Dio mio perché mi hai abbandonato?” – come “l’ateismo salvifico di Cristo” – a
cui – specifica però, la teologia giustappone la Resurrezione in quanto Cristo resta
il Figlio anche se non sente il Padre e così “depone nella mortalità il seme dell’infinito”.
Il presidente del Pontificio Consiglio della Cultura riprende anche il tema
del ruolo della Chiesa nella rivoluzione della comunicazione dell’era digitale. Ricorda
che Gesù nei Vangeli ci offre un metodo quando utilizza il linguaggio breve dei ‘tweet’
in modo sistematico, la sceneggiatura televisiva attraverso le ‘parabole’ e basa sulla
corporeità il suo annuncio. “Se un pastore oggi non si interessa di comunicazione
– aggiunge – è al di fuori del suo ministero”. Ma nell’ambiente della nuova comunicazione
digitale – spiega Ravasi - il linguaggio della Chiesa deve avere una “nuova grammatica”,
più diretta, abbandonando le “subordinate”. E a fare da apripista – di questa rinnovata,
efficace presenza della Chiesa nell’agorà - sembrano proprio le lettere di Papa Francesco
e del Papa emerito al quotidiano La Repubblica e l’intervista di Francesco alla Civiltà
Cattolica. Gli fa eco in chiusura Scalfari che, d’accordo sulla nascita di un
nuovo linguaggio, affida proprio alla religione il compito di trasmettere alla nuova
civiltà, in corso di formazione, il retaggio dei valori incancellabili del passato.
Nei
due dibattiti successivi, i direttori dei principali quotidiani nazionali, dai laici
De Bortoli, Corriere della Sera, e Calabresi, La Stampa, ai colleghi cattolici Tarquinio,
Avvenire, e Vian, Osservatore Romano, si confrontano su tematiche di etica della comunicazione
come verità, obbiettività e responsabilità. Ma si parla anche del rinnovato interesse
dei mass-media per la Chiesa, grazie al Pontificato di Papa Francesco. Misericordia
e umiltà – viene sottolineato - sono le cifre di un linguaggio che conquista credenti
e non credenti. Respingere il sensazionalismo, ridare centralità alla persona, favorire
il dialogo e non lo scontro, onestà nei confronti dei lettori e della redazione, sembrano
invece le regole d’oro per i direttori della carta stampata. “Il nostro compito come
‘cercatori di verità’ - ricorda Mauro, direttore de La Repubblica – è stare nel cortile,
nelle piazze, tenendoci distanti dal potere”. Senza tralasciare un tema caro a Benedetto
XVI, ricordato dal direttore del Sole 24ore, Napoletano, la “ragione allarga il suo
orizzonte con la fede”. (A cura di Fabio Colagrande)