In lieve calo in Italia la spesa per i medicinali: lo dice il Rapporto nazionale
sull'uso dei farmaci
Oltre 1 miliardo e 800mila le confezioni di medicinali acquistate dagli italiani nel
2012, un numero inferiore dello 0,4% rispetto al 2011, in media trenta confezioni
consumate in un anno da ciascun cittadino. Lo dice il Rapporto Aifa 2012 sull’uso
dei farmaci in Italia presentato ieri a Roma. Fotografa lo stato di salute della popolazione,
ma anche le criticità nel consumo delle medicine e spesso nella loro stessa prescrizione.
Il servizio di Adriana Masotti:
Il 50% dei bambini
e oltre il 90% degli anziani con età superiore ai 75 anni ha ricevuto almeno una prescrizione
durante l’anno. I farmaci cardiovascolari rimangono al primo posto sia in termini
di spesa farmaceutica, pubblica e privata, sia in termini di consumo. La Sicilia è
la Regione in cui si registra la quantità massima di consumi , nella Provincia di
Bolzano il livello più basso. Nel 2012 la spesa farmaceutica totale è stata pari
a 25,5 miliardi di euro, equivalente in media, per ogni cittadino a circa 430 euro
e risulta ridotta rispetto all’anno precedente. Un segnale positivo come spiega il
presidente dell’AIFA, Sergio Pecorelli:
R. - Io dico che sicuramente
è positivo, perché vuol dire naturalmente alcune cose. La prima è il fatto che il
sistema regge e si riesce effettivamente a contenere la spesa, grazie comunque ad
alcuni artifizi. Un artifizio è quello - per esempio - del passaggio dai farmaci cosiddetti
brand a quelli generici. Il secondo punto è quello che sicuramente le negoziazioni
dei farmaci sono andate bene e si è riusciti, quindi, a mantenere un livello accettabile
per la sostenibilità. Ma il punto principale, però, è che rappresenta un indice di
maggiore correttezza prescrittiva. Ci sono differenze importanti tra Nord, Centro
e Sud: il Nord sembrerebbe essere più virtuoso rispetto alle due altre zone di Italia.
Ma da un punto di vista generale, però, i dati che abbiamo in mano oggi ci permettono
di poter agire sul sistema e cercare naturalmente di migliorare anche l’accuratezza
prescrittiva.
D. – Il Rapporto dice che oltre un miliardo e 800 mila sono
state le confezioni di medicinali acquistate dagli italiani nel 2012: un numero inferiore
rispetto all’anno precedente. Siamo più in salute o ci sono altri fattori, altri problemi?
R.
- No, io lo vedrei sicuramente in positivo, anche perché - ancora una volta - dobbiamo
rivolgerci un po’ a tutta la catena, a tutta la filiera del farmaco e pensare che
effettivamente coloro che prescrivono cercano di farlo per il bene del cittadino e
naturalmente per la sua salute. C’è però un altro dato, ed è quello più importante,
che il costo dei farmaci, quelli innovativi, quelli ospedalieri, sta aumentando in
modo veramente esponenziale. Che cos’è allora che possiamo fare per la sostenibilità
del sistema? Dobbiamo fare prevenzione, che vuol dire stili di vita, che vuol dire
quindi movimento fisico, vuol dire alimentazione, vuol dire ambiente.
D. -
La crisi e i minor soldi in tasca che ciascuno di noi ha possono aver inciso su un
acquisto inferiore di confezioni di medicinali?
R. - Guardi, la crisi probabilmente
ha infierito un po’ e ha influito soprattutto su una categoria di medicinali: ritengo
che siano quelli del sistema nervoso centrale e in particolare gli antidepressivi.
Perché se andiamo a vedere le categorie che maggiormente ne fa uso è quella delle
persone anziane, che sono anche le più deboli, così come una certa categoria di giovani
tra i 25 e i 30 anni che sono quelli che non trovano posto di lavoro. Qualche considerazione
naturalmente su questa categoria di farmaci va fatta e va anche detto che questo deve
far porre una grandissima attenzione alle persone più deboli, alle persone più bisognose,
perché il loro problema non può di certo essere risolto con l’utilizzo di un antidepressivo.
D. - L’impiego inappropriato di antibiotici, in particolare nella popolazione
anziana, supera il 20 per cento. Ma è responsabilità dei medici o leggerezza - diciamo
- di noi pazienti?
R. - Io penso che sia un po’ tutte e due. Indubbiamente
c’è questa tendenza da parte della nostra popolazione in Italia, di utilizzare l’antibiotico
ogni qual volta c’è uno stato di malattia nel quale il paziente pensi che effettivamente
l’antibiotico sia da utilizzare. Questo è un problema! Però c’è anche una nota positiva,
che è quella che quando abbiamo fatto un’ importante campagna a favore del corretto
utilizzo degli antibiotici, c’è stata una netta diminuzione dell’utilizzo: il che
vuol dire che effettivamente - lei ha ragione - è spesso il cittadino il risposabile
primo di questo utilizzo.
D. - Quindi se viene responsabilizzato e informato…
R. - E’ quello che in termine anglosassone si chiama “Empowerment”, quindi
la presa di potere, da parte del paziente, da parte del cittadino il quale è educato
e sa cosa deve fare!