Mons. Miglio: Papa Francesco ha portato gioia alla gente della Sardegna
Disoccupazione, speranze dei giovani e ancora vicinanza ai malati, ai poveri e ai
detenuti. La visita di Papa Francesco a Cagliari è stata tutto questo. Una visita
illuminata dallo sguardo di Maria, come il Papa ha detto nella Messa di domenica mattina
davanti al Santuario di Nostra Signora di Bonaria. Per un bilancio, la nostra inviata
in Sardegna, Adriana Masotti, ha intervistato l’arcivescovo di Cagliari, mons.Arrigo Miglio:
R. – Ho visto
grande soddisfazione, soprattutto nelle persone che si trovavano lì. Credo che tutti
coloro che sono venuti a Cagliari, almeno per un momento, hanno potuto vedere il Papa
da vicino e questo mi pare sia quello che tutti desideravano. Molti hanno cercato
il contatto fisico con la mano ed il Papa non si è tirato indietro, ma teneva la sua
mano sempre tesa. Ha preso in braccio tantissimi bambini, soprattutto quelli ammalati.
Ho visto molta serenità e credo sia quella serenità e quella calma che Papa Francesco
un po’ lascia trasparire dalla sua persona, sia quando ha il viso serio, quando prega,
sia anche quando si “allarga” il suo sorriso.
D. – Il momento, forse, più toccante
è stato quello iniziale: l’incontro con il mondo del lavoro...
R. – Ha colto
la parola “lotta” e ha detto che chi non lotta è già sconfitto. Questo è stato un
momento molto, molto forte. Ha invitato a non arrendersi. È stato molto toccante anche
l’incontro nella Basilica di Bonaria con i malati di Sla, che ha abbracciato uno per
uno. Poi ha abbracciato Antonio Leone che da 60 anni vive nel lebbrosario qui a Cagliari
e che aveva un sogno: quello di essere abbracciato da Papa Francesco come il “lebbroso”.
Il Papa è passato due volte da lui ed è stato un momento molto emozionante.
D.
– Si ha l’impressione che il Papa ricerchi continuamente l’autenticità anche nei rapporti.
Ha detto: “Non voglio essere un impiegato”...
R. – Questa è stata una frase
che mi ha davvero colpito. Il Papa che dice: “Non voglio essere un impiegato della
Chiesa”. Aveva appena posato la sua cartella nera che porta sempre con sé; quindi,
l’immagine dell’impiegato è diventata quasi una provocazione. Il Papa direi che "somatizza"
questi problemi. La mia impressione oggi è che la mancanza di lavoro, la precarietà
non gli passino solo accanto ma in qualche modo se ne faccia carico; lo si vede "somatizzare":
non mi vengono altre parole, ma rende l’idea della partecipazione profonda che lui
vive per tutti questi problemi. Anche nei colloqui personali ha ripreso questo tema,
faceva collegamenti con altre situazioni di sofferenza nel mondo per la mancanza di
lavoro, per l'immigrazione anche in America Latina. Per lui è soprattutto questo mondo
di poveri che lo interpella.
D. – E’ stata una visita diciamo rivolta a tutta
la Sardegna ma il Papa era a Cagliari. Quindi per la sua diocesi che momento è stato
e che cosa pensa possa fruttare questa visita?
R. – La visita di Papa Francesco
ha davvero risvegliato tutte le energie della diocesi. Adesso ci ha lasciato un compito,
per le cose che ci ha detto, guai a noi se lasciamo cadere qualcuna delle sue parole.
Non ha detto parole a caso, ci ha tracciato linee precise. Dicevo ai ragazzi ieri
sera che il Papa è un po’ come un pittore: ha una tela e sta definendo l’identikit
di come ci vuole, del tipo di Chiesa che lui desidera.
D. – Vicino agli ultimi,
soprattutto...
R. - Vicino agli ultimi e vicino a Gesù. Ha parlato molto di
Gesù, del rapporto con la persona di Gesù. Ha detto ai giovani che aprirsi a Dio e
aprirsi al prossimo sono due cose inseparabili. Quindi, uscire verso Dio ed uscire
verso il prossimo, verso i fratelli sono due aperture che si autenticano a vicenda.