Il Papa al mondo della cultura: no a rassegnazione e pessimismi che ignorano il grido
di giustizia
Secondo appuntamento del pomeriggio di ieri a Cagliari è stato l’incontro con il mondo
della cultura nell’Aula Magna della Pontificia Facolta’ Teologica Regionale. Il Papa.,
dopo aver ringraziato il Padre Preside e i Rettori Magnifici per le loro parole di
accoglienza e incoraggiato la Pontificia Facoltà Teologica, in particolare i Padri
Gesuiti che vi svolgono con generosità il loro prezioso servizio e l’intero Corpo
Accademico, ha detto che “la preparazione dei candidati al sacerdozio rimane un obiettivo
primario, ma anche la formazione dei laici è molto importante. Non voglio fare una
lezione accademica – ha sottolineato - anche se il contesto e voi che siete un gruppo
qualificato forse lo richiederebbero. Preferisco offrire alcune riflessioni a voce
alta che partono dalla mia esperienza di uomo e di Pastore della Chiesa. E per questo
mi lascio guidare da un brano del Vangelo, facendone una lettura “esistenziale”, quello
dei discepoli di Emmaus: due discepoli di Gesù che, dopo la sua morte, se ne vanno
da Gerusalemme e tornano al paese. Ho scelto tre parole chiave: disillusione, rassegnazione,
speranza”.
“Questi due discepoli – ha detto - portano nel cuore la sofferenza
e il disorientamento per la morte di Gesù, sono delusi per come sono andate a finire
le cose. Un sentimento analogo lo ritroviamo anche nella nostra situazione attuale:
la delusione, la disillusione, a causa di una crisi economico-finanziaria,
ma anche ecologica, educativa, morale, umana. E’ una crisi che riguarda il presente
e il futuro storico, esistenziale dell’uomo in questa nostra civiltà occidentale,
e che finisce poi per interessare il mondo intero. E quando dico crisi – ha detto
a braccio - non penso ad una tragedia. I cinesi, quando vogliono scrivere la parola
crisi, la scrivono con due caratteri: il carattere del pericolo e il carattere
dell’opportunità. Quando parliamo di crisi, parliamo di pericoli ma anche di opportunità.
Questo è il senso in cui io utilizzo la parola. Certo, ogni epoca della storia porta
in sé elementi critici, ma, almeno negli ultimi quattro secoli, non si sono viste
così scosse le certezze fondamentali che costituiscono la vita degli esseri umani
come nella nostra epoca. Penso al deterioramento dell’ambiente: questo è pericoloso.
Pensiamo un po’ avanti, alla guerra dell’acqua che viene, agli squilibri sociali,
alla terribile potenza delle armi – ne abbiamo parlato tanto, in questi giorni - al
sistema economico-finanziario, il quale ha al suo centro non l’uomo, ma il denaro,
il dio denaro; allo sviluppo e al peso dei mezzi di informazione, con tutta la loro
positività, di comunicazione, di trasporto. E’ un cambiamento che riguarda il modo
stesso in cui l’umanità porta avanti la sua esistenza nel mondo”.
Quindi ha
proseguito: “Di fronte a questa realtà quali sono le reazioni? Ritorniamo ai due discepoli
di Emmaus: delusi di fronte alla morte di Gesù, si mostrano rassegnati e cercano di
fuggire dalla realtà, lasciano Gerusalemme. Gli stessi atteggiamenti li possiamo leggere
anche in questo momento storico. Di fronte alla crisi ci può essere la rassegnazione,
il pessimismo verso ogni possibilità di efficace intervento. In un certo senso è un
“chiamarsi fuori” dalla stessa dinamica dell’attuale tornante storico, denunciandone
gli aspetti più negativi con una mentalità simile a quel movimento spirituale e teologico
del II secolo dopo Cristo che viene chiamato “apocalittico”. Noi ne abbiamo la tentazione:
pensare in chiave apocalittica. Questa concezione pessimistica della libertà umana
e dei processi storici porta ad una sorta di paralisi dell’intelligenza e della volontà.
La disillusione porta anche ad una sorta di fuga, a ricercare “isole” o momenti di
tregua. E’ qualcosa di simile all’atteggiamento di Pilato, il “lavarsi le mani”.
Un atteggiamento che appare “pragmatico”, ma che di fatto ignora il grido di giustizia,
di umanità e di responsabilità sociale e porta all’individualismo, all’ipocrisia,
se non ad una sorta di cinismo. Questa è la tentazione che noi abbiamo davanti se
andiamo per questa strada della disillusione o della delusione”.
A questo
punto il Papa si è chiesto: “c’è una via da percorrere in questa nostra situazione?
Dobbiamo rassegnarci? Dobbiamo lasciarci oscurare la speranza? Dobbiamo fuggire dalla
realtà? Dobbiamo “lavarci le mani” e chiuderci in noi stessi? Penso non solo che ci
sia una strada da percorrere, ma che proprio il momento storico che viviamo ci spinga
a cercare e trovare vie di speranza, che aprano orizzonti nuovi alla nostra
società. E qui è prezioso il ruolo dell’Università: l’Università come luogo
di elaborazione e trasmissione del sapere, di formazione alla “sapienza” nel senso
più profondo del termine, di educazione integrale della persona. In questa direzione,
vorrei offrire alcuni brevi spunti su cui riflettere”.
La prima riflessione
è rivolta all’Università come luogo di discernimento: “E’ importante leggere
la realtà – ha detto - guardandola in faccia. Le letture ideologiche o parziali non
servono, alimentano solamente l’illusione e la disillusione. Leggere la realtà, ma
anche vivere questa realtà, senza paure, senza fughe e senza catastrofismi. Ogni crisi,
anche quella attuale, è un passaggio, il travaglio di un parto che comporta fatica,
difficoltà, sofferenza, ma che porta in sé l’orizzonte della vita, di un rinnovamento,
porta la forza della speranza. E questa non è una crisi di cambio: è una crisi di
cambio di epoca. E’ un’epoca, quella che cambia. Non sono cambiamenti epocali superficiali.
La crisi può diventare momento di purificazione e di ripensamento dei nostri modelli
economico-sociali e di una certa concezione del progresso che ha alimentato illusioni,
per recuperare l’umano in tutte le sue dimensioni. Il discernimento non è cieco, né
improvvisato: si realizza sulla base di criteri etici e spirituali, implica l’interrogarsi
su ciò che è buono, il riferimento ai valori propri di una visione dell’uomo e del
mondo, una visione della persona in tutte le sue dimensioni, soprattutto in quella
spirituale, trascendente; non si può considerare mai la persona come “materiale umano”!
Questa è forse la proposta nascosta del funzionalismo. L’Università come luogo di
“sapienza” ha una funzione molto importante nel formare al discernimento per alimentare
la speranza. Quando il viandante sconosciuto, che è Gesù Risorto, si accosta ai due
discepoli di Emmaus, tristi e sconsolati, non cerca di nascondere la realtà della
Crocifissione, dell’apparente sconfitta che ha provocato la loro crisi, al contrario
li invita a leggere la realtà per guidarli alla luce della sua Risurrezione: «Stolti
e lenti di cuore… Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare
nella sua gloria?» (Lc 24,25-26). Fare discernimento significa
non fuggire, ma leggere seriamente, senza pregiudizi, la realtà”.
Il Papa
ha poi riflettuto su un altro elemento: l’Università come luogo in cui si elabora
la cultura della prossimità: “Questa – ha detto - è una proposta. La cultura della
vicinanza. L’isolamento e la chiusura in se stessi o nei propri interessi non sono
mai la via per ridare speranza e operare un rinnovamento, ma è la vicinanza, è la
cultura dell’incontro. L’isolamento, no; vicinanza, sì. Cultura dello scontro, no;
cultura dell’incontro, sì. L’Università è luogo privilegiato in cui si promuove, si
insegna, si vive questa cultura del dialogo, che non livella indiscriminatamente differenze
e pluralismi - uno dei rischi della globalizzazione è questo -, e neppure li estremizza
facendoli diventare motivo di scontro, ma apre al confronto costruttivo. Questo significa
comprendere e valorizzare le ricchezze dell’altro, considerandolo non con indifferenza
o con timore, ma come fattore di crescita. Le dinamiche che regolano i rapporti tra
persone, tra gruppi, tra Nazioni spesso non sono di vicinanza, di incontro, ma di
scontro. Mi richiamo ancora al brano evangelico. Quando Gesù si avvicina ai due discepoli
di Emmaus, condivide il loro cammino, ascolta la loro lettura della realtà, la loro
delusione, e dialoga con loro; proprio in questo modo riaccende nei loro cuori la
speranza, apre nuovi orizzonti che erano già presenti, ma che solo l’incontro con
il Risorto permette di riconoscere. Non abbiate mai paura dell’incontro, del dialogo,
del confronto, anche tra Università. A tutti i livelli. Qui siamo nella sede della
Facoltà Teologica: permettetemi di dirvi: non abbiate timore di aprirvi anche agli
orizzonti della trascendenza, all’incontro con Cristo o di approfondire il rapporto
con Lui. La fede non riduce mai lo spazio della ragione, ma lo apre ad una visione
integrale dell’uomo e della realtà, e difende dal pericolo di ridurre l’uomo a “materiale
umano”.
Il Papa ha poi affrontato un ultimo elemento: l’Università come luogo
di formazione alla solidarietà. “La parola solidarietà – ha sottolineato - non appartiene
solo al vocabolario cristiano, è una parola fondamentale del vocabolario umano. Come
ho detto oggi, è una parola che in questa crisi rischia di essere cancellata dal dizionario.
Il discernimento della realtà, assumendo il momento di crisi, la promozione di una
cultura dell’incontro e del dialogo, orientano verso la solidarietà, come elemento
fondamentale per un rinnovamento delle nostre società. L’incontro, il dialogo tra
Gesù e i due discepoli di Emmaus, che riaccende la speranza e rinnova il cammino della
loro vita, porta alla condivisione: lo riconobbero nello spezzare il pane. E’ il segno
dell’Eucaristia, di Dio che si fa così vicino in Cristo da farsi presenza costante,
da condividere la sua stessa vita. E questo dice a tutti, anche a chi non crede, che
è proprio in una solidarietà non detta, ma vissuta, che i rapporti passano dal considerare
l’altro come “materiale umano” o come “numero”, al considerarlo come persona. Non
c’è futuro per nessun Paese, per nessuna società, per il nostro mondo, se non sapremo
essere tutti più solidali. Solidarietà quindi come modo di fare la storia, come ambito
vitale in cui i conflitti, le tensioni, anche gli opposti raggiungono un’armonia che
genera vita. In questo … pensando a questa realtà dell’incontro nella crisi, ho trovato
nei politici giovani un’altra maniera di pensare la politica. Non dico migliore, ma
in un’altra maniera. Parlano diversamente, stanno cercando … la musica loro è diversa
dalla musica nostra. Non abbiamo paura! Sentiamoli, parliamo con loro. Loro hanno
un’intuizione: apriamoci alla loro intuizione. E’ l’intuizione della vita dei giovani.
Dico i politici giovani perché è quello che ho sentito, ma i giovani in genere cercano
questa chiave diversa. Per aiutarci all’incontro, ci aiuterà sentire la musica di
questi politici scientifici, pensatori giovani”.
Il Papa ha quindi sottolineato
“che a noi cristiani la fede stessa dona una speranza solida che spinge a discernere
la realtà, a vivere la vicinanza e la solidarietà, perché Dio stesso è entrato nella
nostra storia, diventando uomo in Gesù, si è immerso nella nostra debolezza, facendosi
vicino a tutti, mostrando solidarietà concreta, specialmente ai più poveri e bisognosi,
aprendoci un orizzonte infinito e sicuro di speranza”.
Questa la conclusione:
“Cari amici, grazie per questo incontro e per la vostra attenzione; la speranza sia
la luce che illumina sempre il vostro studio e il vostro impegno. E il coraggio sia
il tempo musicale per andare avanti! Che il Signore vi benedica!”