Siria e Usa alla ricerca dell'accordo sul disarmo chimico siriano
Una risoluzione Onu per la distruzione delle armi chimiche in possesso del regime
siriano. Stati Uniti e Russia continuano a discuterne in seno al Consiglio di Sicurezza
delle Nazioni Unite, mentre il governo di Assad ha reso nota una prima lista del suo
arsenale chimico. Ce ne parla Marina Calculli:
Ufficialmente
si parla di circa 700mila rifugiati siriani in Libano, ma sarebbero molti di più,
forse persino un milione e mezzo. Molti di loro trovano riparo sanitario nei centri
medici del nord del Libano, a poche decine di chilometri dal confine siriano, gestiti
dal Sovrano Ordine Militare di Malta. Lì ora l’emergenza è per i bambini. A Khaldieh
c’è Marianna Balfour, dell’Ufficio comunicazioni dell’ordine di Malta. Francesca
Sabatinelli l’ha intervistata:
Intanto, sul
fronte diplomatico il presidente iraniano Rohani si è detto pronto a facilitare il
dialogo tra il regime di Assad e l’opposizione per mettere fine al conflitto siriano.
Un’apertura importante per la crisi nel Paese mediorientale, ma anche per la stessa
Repubblica Islamica, che punta sul dialogo e sulla rottura dell'isolamento internazionale.
Salvatore Sabatinone ha parlato con il giornalista iraniano Ahmad
Rafat:
R. - La Repubblica
Islamica ha adottato, dopo le ultime elezioni presidenziali, una linea diversa da
quella precedente, che è quella della ricerca del dialogo sia a livello regionale
che a livello internazionale. Per quanto riguarda la Siria, la mediazione iraniana
è importante ma l’opposizione al regime di Assad attende prima di ogni altra decisione
iraniana quella del ritiro dei consiglieri militari iraniani che stanno in Siria e
del ritiro dei reparti di Hezbollah che combattono al fianco dei militari fedeli a
Bashar al-Assad.
D. - Quindi situazione in divenire, però certamente l’Iran
finora è stato messo a margine nei summit internazionali per via del suo controverso
programma nucleare. Quanto influirà l’apertura di Rohani sugli equilibri internazionali
e regionali?
R. - Il tentativo del presidente Rohani è quello di cambiare
l’atteggiamento del mondo nei confronti dell’Iran, modificando sia in forma che in
sostanza la politica che l’Iran ha avuto sul nucleare e, più in generale nella regione,
a livello internazionale, nei rapporti con gli altri Paesi. Un compito difficile per
Rohani, perché deve combattere sia sul fronte interno a chi si oppone a questa apertura,
sia sul fronte internazionale per conquistare la fiducia dei capi di Stato con i quali
si incontrerà probabilmente nei prossimi giorni a New York, a margine del Vertice
dell’Onu.
D. - La rottura dell’isolamento voluta da Rohani si può spingere
fino ad una ripresa dei rapporti diplomatici con gli Stati Uniti, interrotti ormai
dal 1979?
R. - Questo è l’obiettivo primario dell’Iran. Se l’Iran farà passi
indietro sulla questione nucleare, i principali obiettivi saranno due: ridurre le
sanzioni e ristabilire rapporti con gli Stati Uniti, che è una priorità in questo
momento per il governo Rohani.
D. - Tutto questo stia scuotendo gli equilibri
interni al Paese?
R. - Gli equilibri interni del Paese si stanno modificando.
Lo stesso Khamenei, leader indiscusso del Paese, nei giorni scorsi ha detto che a
lui piace una certa flessibilità nel trattare con i nemici e con il mondo. Il che
significa che Rohani ha ottenuto non proprio carta bianca, ma almeno una “carta grigia”,
che gli permette di prendere delle decisioni. Dopo di che lo stesso Rohani ha detto
che sulla questione nucleare e sui rapporti con gli Stati Uniti, ha pieni poteri.
Cosa, questa, molto nuova per quanto riguarda il ruolo dei presidenti in Iran.