2013-09-21 15:51:48

Messa per i 1700 anni dell'Editto di Milano: la riflessione dei cardinali Scola e Puljić


Si è conclusa con un vibrante appello alla riconciliazione e alla pace la solenne Messa celebrata ieri mattina allo stadio Cairs di Nis, in Serbia, e presieduta dall’inviato del Papa, il cardinale Angelo Scola arcivescovo di Milano. La celebrazione segna il culmine dei festeggiamenti in Serbia per ricordare il XVII centenario dell’Editto di Costantino. Oltre 30 i vescovi e più di tremila i fedeli provenienti da tutti i territori della ex Yugoslavia. All’evento hanno preso parte delegazioni della Chiesa ortodossa, dell'Islam e dell’ebraismo, oltre alle massime autorità civili, tra cui anche il presidente della repubblica Serba, Tomislav Nikolic, che proprio venerdì a Belgrado ha ricevuto il cardinale Angelo Scola. Stefano Leszczynski, inviato in Serbia per la nostra emittente, ha intervistato l’inviato speciale di Papa Francesco:RealAudioMP3

R. – Voglio soprattutto mettere in evidenza il dato per me più imponente di questa celebrazione: la riconciliazione. Il fatto che siano presenti cardinali e soprattutto vescovi di tutti i Paesi dell’Ex Jugoslavia, e con loro soprattutto i giovani, è un segno formidabile che questi popoli hanno ormai preso la strada della pace e vogliono mantenerla. Certo le tensioni sono tante, le contraddizioni sono molte perché queste sono terre storicamente molto complesse, provate, di frontiera, che hanno dovuto lungo i secoli guardare contemporaneamente all’Occidente e all’Oriente. Ma io credo che questo gesto meriterebbe una riflessione profonda da parte di tutte le Chiese di Europa, e non solo, e da parte di tutti i soggetti che abitano la società civile di oggi.

D. - Lei ha avuto l’opportunità di incontrare a Belgrado il patriarca Irinej, ovviamente nel segno dell’ecumenismo. Quest’ultimo ha addirittura sottolineato come questa unità dei cristiani, di fatto, esiste e sia ineluttabile ...

R. - È vero ed ho trovato nel patriarca una disposizione formidabile che abbiamo concentrato in questa affermazione: c’è bisogno di un’energia nuova nell’ecumenismo. Questo bisogno è evidente nella nostra società che viene chiamata post secolare perché ormai è come se al termine del processo della modernità, tutta la società, soprattutto quella europea, fosse scheggiata; ci sono tante schegge di verità, ma manca un punto sintetico, che va nuovamente costruito. Come dico, ci vuole un nuovo umanesimo. Per far sì che questo nuovo umanesimo sia la cifra in cui le differenze possono vivere dentro l’unità bisogna che i cristiani siano uniti. Per questo, anche nel campo ecumenico, nel rispetto delle nostre storie, dobbiamo sottolineare soprattutto con i fratelli ortodossi la grande unità che già ci lega e avere pazienza ma decisione nella riflessione e soprattutto nell’azione concreta sui punti che ancora non ci vedono uniti.

D. - Con le autorità civili ha toccato diverse volte il tema della libertà di religione, che poi è uno dei temi centrali, “il tema” dell’Editto di Milano. Questo, come è stato recepito dalle autorità statali? Hanno compreso come questo significhi un rafforzamento del futuro della democrazia, essenziale per il percorso verso l’Europa?

R. - Ho avuto modo di incontrare abbastanza a lungo sia il presidente che il sindaco di Nis e con loro, varie autorità. Ovviamente trattandosi della celebrazione del cosiddetto Editto di Milano il tema della libertà religiosa è stato al centro. Noi sappiamo benissimo che i contesti storici sono mutati molto. Diciamo sempre che l’Editto di Milano è stato un inizio di libertà che poi, per certi versi, è stato un inizio mancato. Le contraddizioni di tutti questi secoli sono sotto i nostri occhi, ma oggi questo tema in una società plurale si impone con forza e ci sono ancora molti aspetti che hanno bisogno di essere capiti ed approfonditi. Ad esempio, quale deve essere il ruolo corretto dello Stato nei confronti delle religioni? Le religioni non devono chiedere nessun privilegio – è chiaro – però devono potersi esprimere pubblicamente, perché una fede vive sempre dentro un popolo e tende sempre a diventare religione. Quindi abbiamo sottolineato questo aspetto: il posto delle religioni nelle società plurali, ovviamente anche delle “mondovisioni”, di coloro che dicono di essere agnostici, di essere atei, di non poter credere. Allora, penso che la libertà religiosa sia il fulcro di una società veramente e sostanzialmente democratica, in cui i diritti pattuiti siano realmente praticati; una società nella quale ogni soggetto personale e comunitario possa esprimersi con libertà, possa narrarsi, raccontarsi, ascoltare gli altri, narrare l’altro, ascoltare l’altro, perché si tenda tutti ad un riconoscimento reciproco. Credo che il contributo delle religioni - se gli uomini delle religioni non sono molto vigili e non lasciano che l’ideologia parassiti la religione - sarà sostanziale anche nel nostro tempo. Però, bisogna rimettere il tema della libertà religiosa al centro, confrontarlo con un’autentica laicità e lavorare molto, perché i tempi sono mutati e non si può trasferire meccanicamente l’Editto di Milano nella società di oggi.


Ma quale il messaggio che viene da questo evento? Stefano Leszczynski lo ha chiesto al cardinale Vinko Puljić, arcivescovo di Sarajevo, presente alle celebrazioni per i 1700 anni dell’Editto di Milano:RealAudioMP3

R. – Oggi celebriamo i 1.700 anni della libertà religiosa. Ma io penso che questa celebrazione debba dare un messaggio: questa libertà religiosa non è ancora realizzata in tutti i Paesi. Bisogna ancora creare uguaglianza, rispetto, una via di dialogo e di convivenza. Si vede che ancora manca, in particolare in tanti Paesi, perché non esiste una libertà uguale per tutti. Per questo, è molto importante dare un grande messaggio al mondo intero, in particolare all’Europa.

D. – I giovani, in questo ambito, possono svolgere un ruolo fondamentale nella costruzione del futuro: che collaborazione è possibile tra i giovani cristiani dei Balcani?

R. – Sì, questi giovani sono aperti. Dipende però anche dagli anziani. Tanti giovani sono molto disponibili alla creazione di un clima migliore: per questo è molto importante dare appoggio a questi giovani, affinché partendo dalla fede possano creare un clima migliore in questo continente, ma anche in questo Paese – la Serbia – e anche in questa Regione, in questa parte dell’Europa.

D. – Ci sono tante difficoltà nella società che devono essere superate, a partire dai problemi economici, dalla disoccupazione, ma anche dalla crisi della famiglia. Come si può descrivere la situazione, oggi, nei Balcani?

R. – Questa crisi inizia come crisi morale, ma è anche una crisi economica, anche crisi della famiglia, anche crisi delle vocazioni: ci sono tante crisi! Io penso che questa crisi venga da una crisi della fede. Quando manca la fede, come la vita, vengono tutte le crisi. Io penso che sia necessario costruire una fede forte, una fede che crei un clima in cui siamo tutti uguali, su questo cammino morale.

Ultimo aggiornamento: 22 settembre







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