L'incontro del Papa con i detenuti a Cagliari. Il cappellano: un gesto che dà speranza
Nella Cattedrale di Cagliari il Papa nel primo pomeriggio incontrerà una rappresentanza
dei poveri assistiti dalla Caritas diocesana e un gruppo di detenuti del locale carcere
di Buoncammino. Quest’ultimi saranno accompagnati dal direttore dell’Istituto, dagli
educatori e dal cappellano, padre Massimiliano Sira, con alcuni volontari suoi
collaboratori. Adriana Masotti ha chiesto a padre Massimiliano chi saranno
i detenuti presenti all’incontro e come stanno vivendo l’attesa di questo evento:
R. - I detenuti
sono circa 18, qualche straniero e qualche italiano. Sono detenuti che già usufruiscono
di permessi premi o comunque di benefici e che stanno ricominciando a recuperare la
loro vita.
D. - Come hanno reagito all’idea di incontrare il Papa?
R.
- L’attesa è grande! Ci siamo preparati, ne abbiamo parlato tante volte. Poi chiaramente
c’è il dispiacere di non poter partecipare tutti insieme, però ho cercato di coinvolgere
tutti quanti in questa esperienza. I detenuti hanno anche la possibilità di essere
collegati con la tv locale, quindi avendo la tv in cella potranno usufruire di questa
possibilità e potranno ascoltare il messaggio che spero possa essere esteso anche
a chi non sarà presente in quel momento.
D. - A parte il fatto che solo alcuni
potranno vedere personalmente il Santo Padre, comunque l’idea che abbia deciso di
dedicare anche a loro la sua attenzione in questa breve visita è importante ...
R.
- Sì, è importante. Loro sono rimasti molto colpiti da quella prima scelta che il
Papa fece durante il Giovedì santo, quando ha deciso di fare una visita al carcere
minorile. Questo gesto e questa attenzione li hanno molto colpiti e da lì è nata
quest’attesa.
D. - Lei faceva riferimento alla visita a Casal del Marmo ...
R.
- Sì, sono rimasti molto colpiti da quella realtà, da quella visita, da quel gesto.
Speriamo che questo sia un incontro che possa aiutare questi giovani, questi uomini
ad avere un po’ di speranza. Io spero che Papa Francesco possa portare loro il significato
di una vita che può ricominciare, di una speranza che loro comunque sanno scorgere
e scorgono in tante cose che lui dice e nella sua presenza. Poi chiaramente c’è chi
accoglie e chi no, però credo che sarà veramente un bel regalo per loro, anche per
guardare avanti.
D. - Qual è la vita all’interno del carcere di Cagliari? So
che ci sono dei problemi, come ad esempio, il sovraffollamento ...
R. - Sì,
si tratta comunque di una struttura vecchia, non è grande. Purtroppo le celle non
sono grandi. Si sta accelerando molto verso il passaggio al nuovo carcere proprio
per questo motivo, perché ci sono celle che contengono anche sette detenuti, quindi
lo spazio non è molto vivibile. E’ stato pensato per 370 e ce ne sono oltre 500! Dato
il grande numero di detenuti, ci sono poche possibilità di lavoro, di formazione ...
Molti passano tantissime ore in cella senza poter fare più di tanto. Quindi la loro
vita di recupero non è molto dignitosa.
D. - Accanto a lei c’è anche la presenza
di volontari? C’è solidarietà da parte della società esterna al carcere?
R.
- In questi anni ce la siamo un po’ conquistata. Ad esempio c’è la presenza molto
forte di suor Angela che dà un grande aiuto; c’è un gruppo di giovani che da poco
più di un anno hanno iniziato ad aiutarmi nel servizio della catechesi, dell’animazione
e nell’incontro con i detenuti, sono giovani del Movimento dei Focolarini. Poi ci
sono diverse associazioni di volontariato, la Caritas con alcuni centri di ascolto
permanenti tra le sezioni, che cerca di venire incontro al disagio, al problema che
c’è stato legato ai suicidi ... Noi cerchiamo sempre di sensibilizzare la comunità.
Ci sono risposte, a volte buone a volte di indifferenza, ma in generale, direi, sono
state sempre abbastanza positive.