Il dramma dei profughi siriani in Libano. Per loro il sostegno medico dello Smom
Ufficialmente si parla di circa 700mila rifugiati siriani in Libano, ma sarebbero
molti di più, forse persino un milione e mezzo: la cifra esatta non si conosce perché
in parecchi scelgono di non registrarsi alle Nazioni Unite. Molti di loro trovano
riparo sanitario nei centri medici di Al Qbayyat e Khaldieh, nel nord del Libano,
a poche decine di chilometri dal confine siriano, gestiti dal Sovrano Ordine Militare
di Malta. Lì ora l’emergenza è per i bambini. A Khaldieh c’è Marianna Balfour,
dell’Ufficio comunicazioni dell’ordine di Malta. Francesca Sabatinelli l’ha
intervistata:
R. – Ad oggi,
il 50% dei rifugiati siriani in Libano si trova proprio nella zona del centro medico
di assistenza di Khaldieh, nel Nord del Paese, più o meno in corrispondenza della
città siriana di Homs. Il tipo di sostegno e di assistenza che viene offerto è di
ogni genere medico, quindi dalla cardiologia, alla piccola emergenza – quindi una
sorta di pronto soccorso - poi c’è l’endocrinologia. Un dato molto interessante è
che molte donne siriane che arrivano passando il confine hanno bambini molto piccoli
o addirittura sono incinta, e quindi hanno bisogno di cure particolari e vogliono
essere visitate da ginecologhe donne: questo centro mette a disposizione molte dottoresse
che possono appunto intervenire ed aiutare. Il problema umanitario riguarda soprattutto
i bambini, ci sono nuove epidemie, malattie che forse erano addirittura scomparse
e che stanno ritornando, come per esempio l’epatite A, o una malattia particolare
che è causata da una zanzara: la leishmaniosi, una malattia per la quale esiste solamente
un farmaco che funziona, ma che è molto lento. Ecco, quindi l’emergenza è veramente
notevole. E’ evidente che c’è bisogno di moltissimo aiuto, di donazioni, di un intervento
veramente su larga scala.
D. – Dal punto di vista, invece, della condizione
psicologica? Sono soprattutto bambini i fuggiti dalle violenze, magari alcuni di loro
avranno anche visto uccidere i loro cari …
R. – Ho ascoltato racconti che fanno
rabbrividire, di bambini che si sono trovati all’interno della loro casa quando è
stata distrutta, bambini che sono stati tirati fuori dalle macerie. Loro si porteranno
dietro questa esperienza che li ha fortemente segnati. In questo centro di Khaldieh,
che dal punto di vista medico e sociale è considerato il centro numero uno di tutto
il Libano, ovviamente viene offerta anche un’assistenza sia sociale sia psicologica.
Poi devo dire che ho visto anche molti bambini sorridenti, felici di vedere persone
che andavano lì, volevano essere fotografati. Insomma, i bambini hanno questa energia
incredibile per cui anche in queste situazioni riescono comunque sempre a tirare fuori
il meglio della situazione. Loro mi hanno accolta con grandissimi sorrisi, nonostante
quello che stanno vivendo.
D. – Gli adulti cosa dicono di ciò che sta accadendo
nel loro Paese?
R. – Loro sperano di ritornare. Molti di loro non hanno lasciato
una situazione di grande agio, però sono molto legati alla loro terra. Sono arrabbiati
per essere stati costretti a lasciarla. In alcuni di loro ho notato una grande rabbia,
un grande risentimento, e anche un certo senso di pericolo, perché comunque è una
situazione che, a lungo andare, porterà anche cifre di rifugiati che sono effettivamente
ingestibili. Queste persone vivono in accampamenti di fortuna, chiamarle tendopoli
è troppo! Molti di loro non hanno nemmeno una tenda sulla testa, vivono all’aperto,
dormono sulla terra con delle coperte, con dei materassi: queste sono le loro condizioni
di vita.
D. – Come il Libano sta affrontando questa situazione?
R. –
Il Libano è un Paese che ha un’economia al collasso. Ma non solo, c’è tutto il problema
legato anche all’istruzione. Mi sembra che gli ultimi dati dell’Onu ci dicano che
ci si aspetta che circa 200 mila bambini siriani non potranno accedere alle scuole
libanesi perché queste non riescono più ad accogliere altri bambini. Questo li renderà
sempre più vulnerabili allo sfruttamento minorile e a vari tipi di fenomeni. La situazione,
quindi, guardando un po’ in avanti, è piuttosto allarmante.
D. – L’Ordine di
Malta si trova a lavorare a stretto contatto anche con il mondo musulmano, con le
organizzazioni musulmane. In questa situazione di così forte emergenza, come procede
questa collaborazione?
R. – Il Sovrano Ordine di Malta ha una tradizione molto
lunga proprio nella collaborazione con le organizzazioni locali, anche musulmane.
Lo staff dell’Ordine di Malta non è presente in territorio siriano però, per esempio,
attraverso la collaborazione con l’“International Blue Crescent” distribuisce cibo,
kit di emergenza, prodotti sanitari alle popolazioni siriane ad Aleppo e Damasco.
L’associazione libanese dell’Ordine di Malta opera nel distretto di Tiro, la città
rappresentativa dell’imam Moussa al-Sadr che è stato un riferimento non solamente
per la comunità sciita, ma anche per la comunità cristiana.