Consiglio di Sicurezza Onu spaccato sulla Siria. Sul terreno ancora violenze
Il Consiglio di Sicurezza dell’Onu – ancora una volta – si spacca sulla Siria. L’obiettivo
è quello di arrivare ad risoluzione che recepisca l'accordo sul disarmo chimico, raggiunto
da Stati Uniti e Russia a Ginevra. Ma Washington - insieme a Londra e Parigi - continua
a insistere sulla necessità di inserire nel testo Onu il “capitolo 7” della Carta
delle Nazioni Unite, quello che prevede come ultima ratio l'uso della forza in caso
di inadempienza. Completamente contraria a questa ipotesi la Russia. Intanto la crisi
siriana dominerà il dibattito inaugurale della 68esima Assemblea Generale dell’Onu,
apertasi ufficialmente ieri a New York. Il servizio di Elena Molinari:
I delegati dei
190 Stati membri giunti al Palazzo di vetro hanno infatti già ricevuto un resoconto
sull’attacco al gas nervino del 21 agosto a Damasco. E anche se l’intervento del nuovo
presidente dell’Assemblea, John Ashe, ha sottolineato i temi dello sviluppo, dei giovani
e dei diritti umani, subito dopo il segretario generale Ban Ki-moon è tornato a parlare
di Siria. “Occorre tradurre in azione l’accordo Usa-Russia sulle armi chimiche –
ha detto –. Farò un forte appello all’azione ai leader mondiali alla prossima Assemblea”.
All’Onu sono attesi nei prossimi giorni 131 capi di stato e di governo e una sessantina
di ministri degli esteri. Tutti interverranno al dibattito generale della prossima
settimana, con discorsi che verranno ascoltati in tutto il mondo. Un sondaggio internazionale
condotto dal centro americano Pew Research ha, infatti, messo in luce che la vasta
maggioranza degli intervistati ha un’opinione favorevole alle Nazioni Unite.
E
sul terreno continuano le violenze, mentre l’Onu denuncia: sono almeno 7 milioni le
persone che hanno urgente bisogno di aiuti. Il servizio è di Marina Calculli:
Un’autobomba
a Bab al-Hawa, al confine tra Turchia e Siria, è esplosa ieri provocando la morte
di 12 persone. La frontiera tra i due Paesi continua, dunque, a surriscaldarsi dopo
l’abbattimento di un elicottero siriano da parte dell’aviazione turca. E su questo
episodio si riapre il dossier a partire da una fonte dei ribelli, secondo cui i piloti
non sarebbero morti in volo. Uno di essi, una volta paracadutatosi a terra, sarebbe
stato ucciso dai combattenti anti-regime. Dell’altro, invece, si è persa ogni traccia.
Nei pressi di Damasco, poi, le forze governative hanno ripreso parte della località
di Chabaa, sulla via dell’aeroporto internazionale. Nell’operazione, accanto all’esercito,
hanno combattuto anche le milizie di Hezbollah. E a due anni e mezzo dall’inizio della
crisi, l’emergenza umanitaria si aggrava sempre di più. Secondo le ultime stime dell’ONU
oltre 7 milioni di persone hanno bisogno di un aiuto urgente. Tra questi oltre due
milioni hanno lasciato la Siria riversandosi nei Paesi limitrofi. Solo in Libano si
stima che i profughi siano oltre un milione.