Celebrazioni a Niš per il 1700.mo anniversario dell'Editto di Milano: intervista con
l'ambasciatore serbo Mirko Jelic
La comunità cattolica di Serbia si prepara a celebrare a Niš il 1700.mo dell’Editto
di Milano del 313 d.C. Una ricorrenza che in Serbia ha assunto uno specifico carattere
ecumenico con la compartecipazione delle diverse comunità cristiane agli eventi che
si sono svolti lungo tutto il 2013. Culmine delle celebrazioni per parte cattolica
saranno le cerimonie previste proprio nella città natale dell’imperatore Costantino
con la partecipazione il 20 e il 21 settembre dell’inviato speciale del Papa, cardinale
Angelo Scola, arcivescovo di Milano. In vista di questa importante ricorrenza, Stefano
Leszczynski ha intervistato l’ambasciatore della Repubblica Serba presso la Santa
Sede, Mirko Jelic:
R. - La celebrazione del 1700.mo anniversario dell’Editto
di Milano ha una grande importanza per la Serbia per varie ragioni. Il solo fatto
che l’imperatore Costantino è nato a Niš, Naissus di allora, rappresenta una ragione
che da sola non basterebbe per una celebrazione di tale portata. Essa è dedicata a
una persona eccezionale che ha proclamato un Editto storico – a Costantino, grande
imperatore e regnante, ma soprattutto a quello che ha dato la libertà di confessione
ai Cristiani; alla sua lungimiranza e alla sua idea d’avanguardia di rendere possibile
la libertà di confessione religiosa a tutti. Nella missiva del Santo Sinodo della
Chiesa Ortodossa Serba è scritto: “Nessun imperatore prima di lui, e quasi nessuno
dopo di lui, è riuscito ad elevare la cognizione del Signore e dell’uomo a tale livello.
Perché la libertà di confessione rappresenta la base principale dell’esistenza umana…
Il Santo Imperatore Costantino ha capito che la forza non aiuti la fede e che non
si diventi credente sull’ordine di qualcuno. Ha capito che nessuna società possa sopravvivere
e fare progressi senza alcune cose basilari e in seguito ha reso possibile a tutti
i suoi sudditi la fede, la sincerità e la libertà”… Nella Serbia di oggi il giubileo
di Costantino si celebra nel segno della comprensione e della tolleranza tra i popoli
e tra le confessioni. Proprio questa parte dell’Editto di Milano è messa in primo
piano nella realizzazione delle numerose manifestazioni di carattere religioso, culturale
e scientifico che si svolgono nel nostro paese nel corso del 2013. E non è affatto
per caso che nell’organizzazione delle celebrazioni prendono parte tutte le confessioni
religiose della Serbia
D. - Il coinvolgimento di tutte le componenti cristiane
del paese ed i frutti che questo dialogo comporta quale importanza rivestono per la
società serba?
R. - Ho già detto che nelle manifestazioni celebrative prendono
parte tutte le confessioni religiose esistenti in Serbia. Per il nostro paese questo
ha un’importanza straordinaria perché rinforza le basi democratiche della società,
fa crescere la comprensione reciproca tra la gente e promuove la tolleranza. E’ un
aspetto concreto del quotidiano dialogo ecumenico in Serbia.
D. - La Serbia,
in particolare negli ultimi anni, ha compiuto grandi sforzi per accelerare il processo
di integrazione nell’Unione europea, quale contributo hanno dato i valori cristiani
insiti nella storia e nella tradizione della Serbia?
R. - La nostra storia
non era semplice. Né quella remota, né quella recente. Il popolo serbo, nei secoli
passati, era costretto ad affrontare varie e numerose prove. Siamo riusciti a superare
delle situazioni difficilissime, di sopravvivere fisicamente e di rimanere fedeli
alle nostre radici cristiane e ortodosse. Non abbiamo mai messo in dubbio la nostra
appartenenza alla famiglia dei popoli europei. La Serbia è un paese europeo non solo
dal punto di vista geografico, ma anche culturale, storico e condividiamo tutti la
stessa civiltà. Il successo del processo d’integrazione della Serbia nell’Unione europea
rappresenta il risultato sia dell’impegno dei politici che dell’aspirazione di tutta
la società.
D. - Il Novecento si è chiuso lasciando ferite profonde in tutti
i Balcani. Quanto è stato importante per il suo paese il contributo dell’ecumenismo
nella ricostruzione della speranza?
R. - Senza tolleranza e senza dialogo
la conciliazione non è possibile. Ma, senza la pace duratura non è possibile riavere
la fiducia neccesaria per superare le gravi conseguenze dello scrontro verificatosi
negli ultimi anni del secolo scorso. Il dialogo ecumenico rende possibile che tornino
la vera speranza e la riconciliazione. In questo spirito, rispettando pienamente la
sovranità e l’integrità territoriale dei paesi vicini, la Serbia si impegna a superare
l’eredità negativa del passato e si sforza a costruire una società giusta, democratica
e prosperosa.
D. - La dimensione religiosa viene sempre più valorizzata nelle
singole società europee, nonostante una forte secolarizzazione, come si è sviluppato
negli ultimi anni il rapporto tra Stato e Chiesa in Serbia? A livello istituzionale
qual è stato l’impegno per favorire il dialogo tra le componenti cristiane della società?
R.
- I rapporti tra lo Stato e la chiesa in Serbia sono definiti dalla Costituzione e
dalle leggi tra le quali la più importante sia la Legge sulla Chiesa e sulle comunità
religiose del 2006. In questo modo, moderno e democratico, sono pienamente stabiliti
tutti i diritti e obblighi dello stato, delle comunità religiose e delle persone in
merito alla religione e alla libertà di confessione. Inoltre, con la Legge sulla restituzione
dei beni espropriati del 2011 è sistemata anche la questione del patrimonio delle
comunità religiose.