Rapporto dell’Oim: migrazioni anche da nord verso sud del mondo
La migrazione migliora o no le condizioni di vita? In che misura i migranti sono soddisfatti
della loro vita rispetto alla popolazione locale e quanto è difficile per loro trovare
un lavoro? È più probabile che abbiano problemi di salute? A tutte queste domande
e a molte altre ancora sul tema, cerca di dare risposte il Rapporto mondiale sulle
migrazioni 2013, pubblicato dall’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim).
L’approccio attraverso il quale il rapporto intende dipingere un quadro sulle nuove
prospettive di vita dei migranti nel mondo, è piuttosto originale, perché si fonda
su sei dimensioni fondamentali del benessere. Il dossier sfata anche una credenza
comune secondo cui la migrazione nel mondo interessi solo la direttrice sud-nord.
Le persone, infatti, che si muovono da un sud del mondo in via di sviluppo verso un
nord più ricco – secondo il documento – sono circa il 40% del totale; poi c’è un 33%
che viaggia tra Paesi del sud; il 22% tra Paesi del nord e un restante 5% che dal
nord migra verso il sud. Ovviamente sono tipi di migrazione molto diversi tra loro,
che l’Oim misura attraverso la percezione del benessere degli interessati (l’istituto
Gallup ne ha intervistati oltre 25mila in 150 Paesi): in genere, a segnalare veri
miglioramenti di vita sono coloro che si spostano all’interno del nord, mentre la
migrazione da sud a sud è spesso legata a condizioni drammatiche e questioni di mera
sopravvivenza, non di miglioramento del benessere. Se le persone che si spostano dal
nord al sud hanno, inoltre, esperienze contrastanti a seconda che nelle proprie valutazioni
personali pesi di più la maggiore economicità del Paese di destinazione o l’assenza
di reti sociali in questo stesso; chi dal sud va verso nord segnala, in genere, esperienze
deludenti e condizioni di vita peggiori rispetto al Paese d’origine. Ciò è legato
soprattutto a questioni come la difficoltà di trovare un alloggio e di ottenere un
lavoro. Questo approccio è originale se si pensa che normalmente il grado di benessere
del singolo – che è tra gli obiettivi di sviluppo del Millennio – viene misurato con
indicatori economici quali il Pil e la quantità di denaro che i migranti spediscono
a casa. Interessante è anche il tema della propensione alla migrazione, che si presume
connessa alle condizioni del Paese d’origine: si osserva, invece, che la gente del
nord è più propensa a migrare (fra il 3.6 e il 5.2% della popolazione) rispetto a
quella del sud (3%), tanto che le persone in movimento dal nord al sud risultano essere
circa 7 milioni. Tra questi, ad esempio, cittadini statunitensi che si trasferiscono
in Messico o Sudafrica; tedeschi che vanno a vivere in Turchia e portoghesi che migrano
in Brasile. Infine, un ultimo luogo comune sfatato: il livello di disoccupazione,
che tra i migranti raggiunge quota 13% contro l’8% delle popolazioni locali. (A
cura di Roberta Barbi)