2013-09-13 14:40:43

L'Onu: il regime siriano spara sugli ospedali. Spiragli negoziali da Ginevra


La Commissione di inchiesta Onu sulla Siria accusa il regime siriano di usare le strutture mediche a fini militari con attacchi deliberati contro ospedali, personale e trasporti medici, il diniego di accesso alle cure ed il maltrattamento dei malati e feriti. ''E' uno degli aspetti più allarmanti del conflitto siriano'', denuncia la Commissione. Intanto, a Ginevra si è aperto un piccolo spiraglio per un negoziato di pace sulla Siria. Dopo una seconda tornata di colloqui in riva al lago Lemano, stavolta allargata all'inviato di Onu e Lega araba, Lakhdar Brahimi, il segretario di Stato Usa, John Kerry, e il ministro degli Esteri russo, Serghei Lavrov, hanno annunciato che i colloqui per smantellare l'arsenale chimico di Damasco potrebbero aprire la porta a una conferenza di pace. Kerry ha fatto sapere che rivedrà Lavrov a fine mese, a margine dell'Assemblea generale dell'Onu a New York, per tentare di fissare una data per la conferenza di pace, la cosiddetta Ginevra2, a lungo rimandata. Per fare il punto sulla situazione, Roberta Barbi ha contattato il prof. Paolo Branca, docente di Storia dei Paesi arabi e dell’Islam all’Università Cattolica di Milano:RealAudioMP3

R. – Possiamo essere soddisfatti: c’è stato un raffreddamento dei “venti di guerra”, come si augurava il Papa e si auguravano tutte le persone che amano la pace. La lezione che viene da questo pasticcio è che la politica, anche a livello internazionale, sta perdendo la sua credibilità.

D. – Sul controllo dell’arsenale chimico, Assad ha posto le sue condizioni e secondo la stampa americana starebbe già da tempo disseminando le armi per il Paese per renderne più complicato il reperimento…

R. – Questo è possibile, però è una questione di sottigliezze. Adesso si parla di armi chimiche come si parlava di armi di distruzione di massa in Iraq, ma in realtà quando il regime sparava sui manifestanti pacifici, disarmati, non penso fosse meno grave.

D. – Dall’altro lato, i ribelli definiscono la decisione di Assad “un chiaro tentativo per sfuggire all’azione internazionale e alle responsabilità davanti al popolo siriano”…

R. – Non mi aspettavo un discorso diverso. Hanno probabilmente anche ragione, ma anche tutte le loro milizie disseminate sul Paese contribuiscono ad aumentare la confusione. La situazione è tale sul terreno, in Siria, per cui chi interviene e bombarda non sa chi va a colpire, non sa neanche chi va ad appoggiare. Non era così all’inizio.

D. – Per lunedì prossimo, è atteso il rapporto degli ispettori Onu sul presunto attacco chimico del 21 agosto. Servirà a chiarire cosa è realmente accaduto?

R. – Temo di no, perché so che circolano relazioni diverse. Addirittura, alcuni ribelli hanno ammesso che avevano usato loro per sbaglio le armi chimiche. In effetti, non si capisce perché il governo avrebbe dovuto usarle, visto che in certe zone ha già una superiorità aerea e militare molto netta. È un gran pasticcio, dal quale paradossalmente sembrano uscire puliti personaggi che forse non se lo meritano.

D. – Washington oggi ha fatto sapere che le parole del regime siriano “non sono sufficienti a scongiurare un attacco”. Allora, si può parlare davvero di possibile sblocco della situazione?

R. – Penso che comunque Washington non possa fare marcia indietro in modo totale anche per non perdere la faccia: smantellare un arsenale chimico non è una cosa di pochi giorni, però anche l’elemento sorpresa nell’azione militare è ormai perso totalmente. L’opzione militare per adesso mi sembra archiviata. Non è detto che poi la crisi non si riacutizzi in qualche altra forma e non si tiri fuori di nuovo questa opzione che tra l’altro – come ha detto il Papa – serve molto anche al mercato delle armi da una parte, poi serve probabilmente a Israele a capire cosa può succedere se si tocca un “amico” di Teheran e come reagiranno gli Hezbollah. Tutte queste cose hanno il loro peso.







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