Bangladesh: nessun risarcimento per i sopravvissuti della tragedia al Rana Plaza
I grandi marchi internazionali non hanno raggiunto un accordo per risarcire le vittime
dei disastri del Rana Plaza e della Tazreen Fashion, il cui crollo ha causato la morte
di migliaia di persone in Bangladesh. Solo nove aziende su 28 hanno partecipato all'incontro,
organizzato l'11 e il 12 settembre scorso a Ginevra dalla IndustriALL (federazione
mondiale di sindacati) e presieduto dall'International Labour Organization. Tuttavia,
fonti locali dell'agenzia AsiaNews - anonime per motivi di sicurezza - spiegano che
"la situazione è molto più complessa di come non appaia. Da una parte vediamo segnali
di cambiamento, dall'altra vi sono sempre le mafie locali che approfittano della situazione,
a scapito dei lavoratori e di chi vuole fare le cose in regola". L'accordo proponeva
la creazione di un fondo di risarcimento da 74,6 milioni di dollari per i sopravvissuti
del Rana Plaza e da 6,4 milioni di dollari per quelli della Tazreen Fashion. Tra i
grandi assenti a Gineva figurano Wal-Mart, colosso statunitense e terzo rivenditore
al mondo, e Benetton, azienda italiana d'abbigliamento. Entrambe le compagnie hanno
giustificato la loro assenza per "mancanza di chiarezza" circa l'incontro. Primark,
noto rivenditore di vestiti low-cost in Irlanda e Regno Unito, è l'unico marchio ad
aver acconsentito all'istituzione del fondo. "L'accordo - sottolinea la fonte di AsiaNews
- prevedeva di far gestire il fondo dai sindacati locali, ma il problema in Bangladesh
è che essi non hanno attenzione per gli operai, sono molto politicizzati. Un piccolo
imprenditore straniero coinvolto in uno dei due incidenti non si è fidato e ha preferito
fare una grossa donazione a un'associazione che si occupa della riabilitazione delle
vittime. Dal punto di vista internazionale si tende a vedere solo l'aspetto più generale
e anche questo crea dei problemi". Tuttavia, la fonte riconosce che dopo i due crolli
qualcosa si è mosso: "Da queste tragedie è nata una certa sensibilità tra gli imprenditori
bangladeshi. Un esempio positivo è la Walton, una grande ditta locale. Nata come importatore
e distributore di frigoriferi, da qualche anno produce da sé elettrodomestici e moto.
Di recente ha inserito la mensa all'interno della struttura, preoccupandosi che i
suoi operai possano nutrirsi in modo adeguato, mangiando cibo sano, e di conseguenza
lavori meglio". Si tratta di "piccoli passi", aggiunge la fonte, "che se da una parte
fanno ben sperare, andrebbero anche sostenuti dalle istituzioni. Purtroppo siamo costretti
a vedere ancora molti soprusi. Come un datore di lavoro che ha aumentato gli stipendi
ai suoi operai, ma poi in busta paga ha tagliato altre voci. O alcune giovani lavoratrici
che per aver fatto 10 giorni di vacanza durante l'Id-al-Fitr (festa che chiude il
mese sacro del Ramadan) è da un mese che non hanno il giorno libero a settimana e
sono costrette a lavorare sette giorni su sette, perché già si sono 'riposate'". (R.P.)