Onu, confronto-maratona su proposta russa. Obama tra intervento e negoziato
In questo momento in cui il mondo spera che la soluzione diplomatica prevalga nella
crisi siriana, nell’atteso discorso alla nazione il presidente degli Stati Uniti ha
difeso la linea dell’intervento di fronte a atrocità come il massacro di agosto in
Siria ma ha anche lasciato aperta la porta alla via del negoziato promosso dalla Russia.
Da Washington Francesca Baronio:
“Di fronte a
migliaia d’innocenti che hanno perso la vita, inclusi tanti bambini, l’America non
può voltarsi dall’altra parte, è questo che ci rende speciali”. Così Barack Obama
nell’attesissimo discorso alla nazione ha, inizialmente, indossato l’elmetto del comandante
in capo, per spiegare all’opinione pubblica, sempre più riluttante, ed al Congresso
dove la sconfitta della risoluzione pro intervento era ormai certa, perché l’America
non può rinunciare all’intervento armato in Siria. Ma, di fatto, un discorso che solo
48 ore prima sarebbe stato un appello alle armi si è trasformato in un’importante
apertura alla Russia: “la proposta di Mosca, potrebbe evitare l’attacco”, ha detto
il Presidente “ecco perché ho chiesto al Congresso tempo per verificarne la concretezza”.
Obama non spiega di quanto tempo avrà bisogno, ma tiene a specificare che la minaccia
militare resta reale. Ora la parola passa ai complicati meccanismi delle Nazioni Unite
e alla diplomazia internazionale, che ha finalmente ritrovato il suo ruolo. Nel frattempo,
in molti, fuori e dentro gli Stati Uniti, almeno per ora, hanno tirato un sospiro
di sollievo.
Il punto centrale della proposta negoziale russa è il controllo
internazionale delle armi chimiche in Siria. All’Onu è stato convocato d’urgenza il
Consiglio di Sicurezza e sono iniziati gli incontri tra rappresentanti di Usa, Francia
e Gran Bretagna per elaborare un testo in cui sia chiara la minaccia di gravi ritorsioni
in caso di mancata collaborazione da parte di Damasco, mentre Mosca sta mettendo a
punto un suo testo. Del ricorso all’Onu che sembrava ignorato, Fausta Speranza
ha parlato con Daniele De Luca, docente di storia delle relazioni internazionali
all’Università del Salento: R. – Credo che
la Russia lo stia dicendo già da un po’ di tempo. La Francia meno, perché la Francia
si è accodata un po’ troppo velocemente agli Stati Uniti. E mi sembra una mossa estremamente
positiva che la stessa Francia invece adesso punti direttamente ad una funzione diretta,
ad un impegno diretto da parte delle Nazioni Unite. Vediamo un po’ come si muoverà
il segretario generale, che a questo punto credo potrà avere un ruolo centrale per
una maggiore mediazione tra le parti in causa. La Russia sta mettendo in campo la
propria reputazione: se fosse soltanto una manovra diversiva, sicuramente la reputazione
di Mosca ne risentirebbe parecchio. C’è un impegno preciso, mi sembra, del ministro
degli Esteri russo. Poi, se si chiede anche un impegno preciso e diretto da parte
dell’Onu, a questo punto ancor meno potrebbe essere una manovra diversiva …
D.
– La Russia precisa: la proposta di mettere le armi chimiche siriane sotto controllo
internazionale non è un’iniziativa del tutto russa, ma deriva dai contatti con colleghi
americani e poi da questa dichiarazione che ha fatto Kerry, dicendo: “Se poi le armi
non vi fossero, non avrebbe senso il raid”. Perché queste precisazioni da parte di
Mosca?
R. – Ma, se è vero che ci sono stati incontri - come comunque penso
ci siano sempre stati almeno tra funzionari – a questo punto capisco le dichiarazioni
di Mosca, capisco che si stia tentando di trovare una soluzione alla questione perché
questo mi fa pensare che non è tanto scontato il “sì” del Congresso all’autorizzazione
al presidente Obama a portare l’attacco nei confronti della Siria, e quindi evidentemente
ci sono resistenze ulteriormente forti rispetto all’ottimismo che è stato un po’ sbandierato
da parte della Commissione esteri del Senato.
D. - Damasco ribadisce anche
oggi la collaborazione al piano. Da parte sua il presidente della Siria continua a
negare l’uso di armi chimiche e accusa i ribelli. A proposito di questo, il giornalista
Domenico Quirico ha riferito di aver sentito ammissioni proprio da parte di ribelli
ma di non poter giudicare se si trattasse di propaganda organizzata ad arte. Che ne
pensa?
R. – E' un dubbio che io avevo da un po’ di tempo. Capisco le precauzioni
del nostro giornalista finalmente liberato, però questo mi fa pensare che in un momento
particolare della guerra civile siriana, cioè nel momento in cui le truppe di Assad
sembravano essere non dico vincenti, ma aver riconquistato pian piano una parte del
territorio, fare una mossa così azzardata e – lo dico brutalmente – stupida come quella
di farsi scoprire nell’uso delle armi chimiche, mi sembrava – come dire – un po’ costruita.
Ora, capisco – ripeto – le precauzioni del giornalista, ma questa è un’ipotesi che
credo sia serpeggiata in molte cancellerie, soprattutto europee.