Con la sua Lettera a Scalfari il Papa conferma il cammino del 'Cortile dei gentili'
"Mi sembra che
questo testo possa diventare, per certi versi, una sorta di manifesto del Cortile
dei Gentili, per i contenuti ma anche per il metodo del dialogo stesso". Lo afferma
il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura,
commentando la Lettera di Papa Francesco a Eugenio Scalfari, pubblicata oggi
dal quotidiano La Repubblica. "Nel testo - aggiunge il porporato - c’è una
frase emblematica, che abbiamo continuato a testimoniare anche attraverso gli incontri
del Cortile che sono stati fatti finora: “Il credente non è arrogante, ma umile”.
E, soprattutto, c'é la presentazione della fede come luce e non come tenebra misteriosa,
che permette poi l’accusa di oscurantismo. Penso che la lettera del Papa sia anche
il più alto patrocinio all’incontro del Cortile dei Gentili che il 25 di settembre
faremo nel Tempio di Adriano a Roma, con il dialogo che condurrò proprio con Eugenio
Scalfari". "Direi - aggiunge Ravasi - che questo testo del Papa sia un sorta di
avallo solenne e ulteriore a quel punto di partenza che era stato dato da Benedetto
XVI, il quale con intensità ha sempre sostenuto con particolare passione il Cortile.
Ora, Benedetto XVI 'idealmente' passa anche in questo caso il testimone a Papa Francesco
che ha intuito e ha centrato lo spirito fondamentale del Cortile". Tra le affermazioni
più profonde del testo c'è l'affermazione di Papa Francesco che "la verità non è assoluta,
ma è una relazione". "Questo non essere assoluto – spiega il card. Ravasi – è il significato
vivente della verità. La verità di sua natura ci precede e ci eccede, e noi siamo
pellegrini in essa. Quindi, abbiamo bisogno di una relazione con la verità che ci
circonda. Per il credente, evidentemente, è il divino, è il trascendente. Per
il non credente è proprio questo immenso orizzonte nel quale si cammina. Già Platone
lo affermava quando diceva che la biga dell’anima, il cocchio dell’anima, corre nella
pianura della verità, cioè la verità non è una realtà fredda come una pietra preziosa
che tu metti in tasca. È invece una pianura immensa, un orizzonte – o per usare un’altra
immagine di uno scrittore del secolo scorso – possiamo dire che la verità è un mare
nel quale si entra e si naviga. Ecco, in questa luce credo che l’espressione verità
non assoluta, ma personale, interpersonale, sia molto fruttuosa per il dialogo, senza
per questo perdere in sé la dimensione di oggettività, di identità in sé stessa, tipica
della verità". (A cura di Fabio Colagrande)